Le rivelazioni del New York Magazine sul Black Lives Matter in Gran Bretagna
A Minneapolis, alla morte di George Floyd, un afroamericano vittima dei metodi della polizia statunitense, un movimento di indignazione tornò a scuotere le menti libere. Si moltiplicarono le manifestazioni di protesta contro l’abuso di potere della polizia, accusata anche di comportamenti razzisti e ritornò d’attualità il famoso Black Lives Matter nato nel 2012, all’indomani della morte del diciassettenne Trayvon Martin, colpito da un ispano americano, tal Zimmerman, in seguito assolto dalla magistratura della Florida.
L’indignazione dell’opinione pubblica per i frequenti assassinii di gente di colore da parte della polizia portò anche il mondo dello sport a dare un segno concreto con l’abitudine degli sportivi di inginocchiarsi prima di ogni competizione. Ancora oggi nel Regno Unito, ad esempio, in occasione degli incontri agonistici di tutte le leghe britanniche, è ormai consuetudine dei calciatori locali di genuflettersi, reclamando così lo stesso comportamento da parte delle squadre ospiti e il raccoglimento degli spettatori.
Il Black Lives Matter, nel giro di pochi anni si è imposto nel novero delle fondazioni riconosciute, godendo soprattutto della sponsorizzazione di grandi imprese come Nike, Facebook, Apple. Si parla di centinaia di milioni di dollari che queste industrie avrebbero versato al Black Lives Matter, per i più maligni al solo scopo di assicurarsi la pace sociale ed evitare di essere sfruttati dai loro ideologi. Tutto sembrava andare per il meglio finché il New York Magazine non pubblicò un’inchiesta rivelando che una delle tre fondatrici del movimento, Patrisse Cullors, aveva acquistato a Los Angeles, nel quartiere chic di Malibu, una villa per la modica somma di 6 milioni di dollari.
Una vicenda che sarebbe rimasta solo un fatto di cronaca se non si fosse poi scoperto che la lussuosa dimora era stata inizialmente acquistata nell’ottobre del 2020 per la somma di 3,1 milioni di dollari e che qualche giorno più tardi la Cullors riacquistava, in contanti, la stessa proprietà per 5,8 milioni di dollari utilizzando i fondi della fondazione Black Lives Matter Global Network da lei diretta a titolo benevolo. Nel giro di pochi giorni il venditore quindi, ancora oggi sconosciuto, ha guadagnato 2,7 milioni di dollari.
Una storia, questa, che resta al limite tra una speculazione affaristico – finanziaria e una potenziale appropriazione fraudolenta ma che alla fine ha scioccato l’opinione pubblica americana. Per giustificare quindi, un’abitazione di 6 milioni di dollari di cui nessuno nel movimento pare ne fosse a conoscenza, la Cullors ha spiegato che si trattava di un rifugio contro le minacce di morte ricevute e come un luogo da utilizzare per sviluppare la creatività del movimento.
Una circostanza molto controversa che sembra finalmente fare luce sulle attività del movimento creando degli interrogativi sulla destinazione dei milioni ricevuti dalle grandi industrie USA, 25 milioni dei quali, a detta della Cullors – costretta a dimettersi a maggio dell’anno scorso accusata di aver speso milioni di dollari per una sfilza di case sontuose – investiti nella progettazione di un movimento nero di cui nessuno però ha mai avuto notizia.
Per gli addetti ai lavori, a dispetto di un battage pubblicitario potente, BLM non aiuta gli afro-americani in sofferenza nè le relative associazioni sociali sul terreno. La prova sarebbe rappresentata dal tasso di criminalità di questa popolazione che dal 2020 ha raggiunto un +32%, nel silenzio generale. Del resto le statistiche riportano che le persone nere uccise per omicidio sono, in proporzione, molto più numerose di quelle bianche e che le vittime non comprendono alcun poliziotto bianco, cosa sottaciuta dal movimento perché la statistica non tornerebbe utile all’economia interna.
Dalla parte della polizia, allo stesso tempo, il direttore dell’FBI, Christopher Wray ha confermato un aumento degli omicidi di poliziotti del 59% nel 2021. Tutto questo, impedisce alle forze dell’ordine di fare correttamente il loro lavoro per non essere più accusati di razzismo, per non rischiare la loro vita e quella dei loro familiari.
Grazie all’inchiesta del New York Magazine, il Black Lives Matter, nato inizialmente come una doverosa protesta sociale contro i soprusi della polizia, con l’obbiettivo di aiutare gli afro-americani e combattere il razzismo dimostra poi, purtroppo, di essersi trasformato in uno squallido sistema di raccolta fondi.
Eugenio Preta