Confinamento e angoscia del vuoto
La prospettiva della quarantena ha sprofondato la nostra società nell’angoscia . Ne è testimone l’ansia manifestata dai politici di tutti gli schieramenti, dai media e dai cittadini. Un’ansia che alla fine si traduce soltanto nella versione civile dell’angoscia , quella che ci assale quando la prospettiva della fine di questo nostro mondo ci mette di fronte alla sensazione del nulla.
Invano, prima della crisi , tutti gli operatori del settore sanitario avevano avvertito delle insufficienze esistenti negli ospedali , ma invece di ricevere aiuto avevano suscitato soltanto incomprensioni e persino l’ironia di tanti mezzi d’informazione.
Poi venne la pandemia e la sua lunga coorte di bugie, di precisazioni, di delucidazioni, di cifre e statistiche che riuscirono soltanto ad aprire una falla spaventosa : la conseguenza della paralisi e dell’incompetenza dei governanti e di una burocrazia troppo esagerata .
L’etica scientifica a questo punto aveva raggiunto l’assurdo quando ci ha comunicato che salvare una vita può avere un valore soltanto se rientra dentro una casistica studiata ed obbedisce ad una metodologia matematica . A questo punto il vento dell’assurdo ha soffiato sulla ragione che sembra essere arrivata oggi al suo limite.
Le autorità fanno professione di umiltà, ma come l’uomo che vive nell’assurdo, mutuato da “La caduta” di Albert Camus , quando l’accusato passa alla confessione del crimine ed alle scuse bisogna sempre diffidare perché sarà arrivato il momento di mascherare il cadavere. E oggi, come mascherare meglio il cadavere , se non con la lunga sequela delle cifre?
Già prima della crisi il settore medico-sanitario aveva denunziato proprio quella politica delle cifre che era riuscita a snaturare gli ospedali . Ma la cifra significa rigore ed ogni sera veniamo soffocati da cifre e statistiche che, se danno rigore scientifico, non riescono certamente a consolare chi ha perso un essere caro, chi sa bene che quella perdita è quella di un essere unico ed è quindi incalcolabile.
L’unico non si può calcolare né contabilizzare.
La quarantena ha creato tra le élite e la popolazione confinata una rottura epistemologica, una frattura tra la conoscenza scientifica ed i metodi per raggiungerla che oltrepassa di gran lunga le accuse di incapacità e di nullità rivolte alla classe dirigente.
Il confinato è stato proiettato fuori dalla sua esistenza quotidiana, esiliato dal mondo esterno che lo ha messo di fronte alla sua propria autenticità facendogli scoprire finanche la famiglia.
Non è mai facile ritrovare se stesso. Per l’esiliato , il suo mondo quotidiano si manifesta con l’immagine stessa del suo essere, la sua apparenza diventa l’interiorità della sua persona e laddove aveva creduto di aver trovato il Graal, il senso della vita, adesso tutto gli appare nella sua normale piattezza.
Fuori di se deve confrontarsi quindi con l’ideologia strumentale del pensiero calcolante, nel suo intimo invece con i sentimenti ritrovati, il luogo esatto della ragione pensante.
Così ci appare chiaramente il vuoto di questa modernità: l’angoscia del confinamento è in realtà proprio questa ansia del vuoto e della perdita di se stesso.
Eugenio Preta