Le istituzioni europee riparlano di Turchia
C’è un virus nel software europeo, i suoi algoritmi non smettono di contraddirsi e non riescono più a connettersi, frantumati sul muro della realtà.
La mini plenaria di marzo del Parlamento europeo a Bruxelles ha discusso i temi all’ordine del giorno del prossimo vertice UE del 25-26 sotto la Presidenza portoghese del Consiglio.
Per quanto riguarda gli affari esteri, i leader UE discuteranno il rapporto del contestato Borrel (l’Alto Rappresentante della Commissione reduce dalla cattiva figura rimediata a Mosca, come Von der Leyen e Michel, protagonisti dello smacco di Ankara) sulle relazioni UE-Turchia, in seguito alle conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2020, al solito, One Step Beyond, ma a Bruxelles non è mai troppo tardi.
Allora il Consiglio europeo aveva condannato le azioni intraprese unilateralmente dalla Turchia a Varosha e aveva chiesto il pieno rispetto delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, auspicando un rapida ripresa dei negoziati di adesione e confermando altresì il proprio impegno a favore di una soluzione globale della questione cipriota nel quadro dell’ONU e in linea con i principi dell’UE.
A venticinque anni dall’avvio del processo di Barcellona, l’Ue si diceva così determinata a rilanciare, rafforzare e sviluppare ulteriormente quel partenariato strategico con la Turchia, basato però su una geografia e una storia differenti, se non contrapposte.
Dopo la cattiva figura rimediata dall’Alto rappresentante Ue a Mosca e l’umiliazione subita da Commissione e Consiglio ad Ankara, questa volta toccherà al Parlamento europeo dimostrare la sua impotenza.
Ovviamente il testo esprime condanne e rimproveri nei confronti del regime turco solo per poter fare buona figura e restare così nell’ambito della sua natura relativista e rappacificante, accontentandosi di stigmatizzare gli attentati allo Stato di diritto e alle libertà fondamentali in Turchia, come se l’Europa si accorgesse solo oggi che, da oltre venti anni, Erdogan pratichi un’autocrazia assoluta e proceda a marce forzate verso l’islamizzazione del paese.
E sicuramente la condanna delle violazioni dello Stato di diritto è cosa giusta, ma il testo elude la maggior parte delle criticità più importanti, prima fra tutte quella che concerne direttamente la sicurezza della nazioni europee, ormai minacciate apertamente dalle provocazioni e dalle aggressioni di Erdogan.
Nel testo, del resto, le dimenticanze appaiono numerose.
Dimenticate le prospezioni illegali della nave Oruc Rejs, dal nome di un tristemente famoso pirata schiavista ottomano, nelle acque territoriali greche, un paese membro di questa Unione.
Dimenticata l’occupazione militare di Cipro, un altro paese membro, e il ripopolamento da parte di popolazioni turche della città cipriota di Varosha, in aperta violazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu.
Dimenticate le strumentalizzazioni ed i ricatti permanenti del presidente turco relativamente al fenomeno migratorio, con la minaccia implicita di seppellire l’Europa di nuovi flussi incontrollati
Nemmeno un accenno sull’utilizzazione massiccia di Erdogan di jadisti siriani, formati ed armati dai servizi segreti turchi e inviati a combattere nell’Alto Karabakh, in Libia e nel nord della Siria dove si sono resi protagonisti di atroci crimini contro l’umanità.
Dimenticati gli strumenti che la Turchia islamista impiega tra gli immigrati turchi in Europa, come ad esempio le organizzazioni criminali dei Lupigrigi, o l’islamismo più radicale rappresentato principalmente da associazioni come Milli Gorus.
E per completare il piagnisteo della vecchia speranza distrutta, il rapporto in questione si duole semplicemente che le turpitudini turche possano compromettere il processo di adesione che invece bisognerebbe riprendere e cercare di portare a termine.
Ancora una volta dimostrata la persistente cecità del relativismo europeo che rifiuta di immaginarsi un nemico turco anche se questo ha dichiarato a più riprese la sua aperta ostilità e l’ideologia poco conseguente di questa Unione che crede ancora in quel processo di adesione che invece dovrebbe venire chiuso e definitivamente abbandonato.
Eugenio Preta