In ricordo di Falcone e Borsellino
Una ricorrenza oggi turbata dai gravi fatti di nomine istituzionali e tangenti nella sanità che ci ricordano che mentre il cielo piange , la mafia istituzionalizzata prolifera e che ci impone di impegnarci sempre più perché il loro sacrificio non debba essere stato vano.
In Sicilia tutto quanto accade ha una logica, rientra in un dinamismo illusorio per dare l’impressione di cambiare proprio nell’immobilismo generale.
Prima i siciliani non parlavano perché erano omertosi, poi, con l’avvento di Falcone e Borsellino, pochi iniziavano a capire e parlare mentre la maggioranza restava silente perché aveva paura, ed intanto i due magistrati venivano “isolati”.
Alfredo Morvillo, fratello di Francesca, moglie di Giovanni Falcone, intervistato da un giornalista televisivo ebbe a dire che c’è ancora troppa antimafia parolaia e che sostanzialmente nulla è cambiato rispetto al passato. Le sue parole, da persona libera e pensante, dimostravano che c’è gente che rifiuta di venire integrata nel sistema “antimafioso” di facciata che pervade l’Italia solo in occasione delle ricorrenze delle stragi di mafia, per poi lasciare tutto nel dimenticatoio dello stato e della coscienza cittadina.
Ora, ancora nessuno parla e si cercano solo tante attenuanti perché ormai il progetto mafioso della conquista delle istituzioni pubbliche e delle imprese private si è completato.
Ormai nessuno parla più per due motivi: perché fatalmente è colluso o drammaticamente è parte del sistema.
Un sistema che si presenta “antimafioso”, che fa parlare di mafia e parla di mafia, ma che nella realtà attraverso le branchie mafiose “controlla” non più solo la Sicilia, ma tutto lo stivale. Un giro armonico che parte dal nord delle industrie, passa dal centro della politica e si sistema nella Sicilia dei faccendieri isolani. Molti hanno capito ma purtroppo, in questo giorno in cui tutti sembrano “drogati” di antimafia, pochi riescono a dire cose concrete.
Oggi, per onorare Falcone e tra qualche mese, Borsellino, contano i fatti, i comportamenti etici della classe dirigente, l’onestà, il rispetto dei diritto, il diritto al lavoro, alla salute, e non le parole.
Lo stato ha abdicato, soprattutto in Sicilia, e ha dato via libera a truffatori, ladroni, faccendieri e furbetti. Costoro governano il paese secondo i loro interessi. L’unica speranza per tutelare la legalità rimarrebbe la magistratura che, ahimè, spesso non sembra indenne da pecche, troppo autolesionista nei suoi atti e comportamenti.
Ricordiamo Giovanni e Paolo, ma non perdiamo di vista che questa è ancora la mafia.
Eugenio Preta