La Corte Costituzionale di Karlsruhe bacchetta l’Unione e la sua Banca centrale
Lo scorso 5 maggio la Corte Costituzionale federale di Karlsruhe ha emesso una sentenza che, in periodo di crisi pandemica e di profonda crisi politica dell’Unione europea, ha provocato il panico nel mondo monetario e nelle sfere della “balbettante” zona euro.
La Corte tedesca ha criticato con vigore il “quantitative easing”, la politica di acquisto di obbligazioni perseguita dalla BCE, ritenendo che l’azione della banca europea violi il principio di proporzionalità del Trattato europeo, quello che dagli artt. 5.1 a 5.4 e stabilisce che l’entità dell’intervento dell’Unione, non deve eccedere il limite previsto dai trattati. Ha rilevato poi che la stessa politica della Bce in materia di contrattazioni bancarie, esautora le competenze del Parlamento federale in materia di bilancio e contraddice la lettera della Legge fondamentale della repubblica federale tedesca.
Il tribunale costituzionale tedesco invita la Banca centrale a spiegare la sua politica di acquisti dei buoni del tesoro e se effettivamente ritenga questa sua politica, conforme a quei criteri di proporzionalità che stabiliscono la quota parte di capitale detenuto dalla Banca centrale europea (il 33% per Paese membro).
Dinanzi alla mancata risposta dell’Istituto europeo entro il termine di tre mesi, la Corte di Karlsruhe, ordinerà alla banca centrale tedesca di non partecipare più agli acquisti di debito pubblico. Non è la prima volta che il tribunale costituzionale tedesco interviene così pesantemente in materia monetaria richiamando l’Unione a obbligazioni “intravires“ e ricordando che il Bundestag rimane l’organo di ultima istanza, conformemente alla Legge fondamentale tedesca, come aveva già ribadito quando si era pronunziata, nel settembre del 2012, al momento della ratifica del Meccanismo europeo di stabilità.
Se da una parte l’intervento della Corte di Karlsruhe è servito a ribadire la sovranità della repubblica federale, dall’altra ha aperto un forte contrasto con la Corte di giustizia europea i cui giudici vengono contestati per la loro visione “teleologica“ che, in nome della vocazione al primato di un diritto comunitario artificiale, hanno l’abitudine di interpretare i trattati in modo quantomeno particolare. La Corte tedesca invece interpreta i Trattati alla lettera attribuendo ai vari articoli il loro senso intrinseco: per i giudici costituzionali la zona euro deve essere amministrata conformemente a quello che per i tedeschi si chiama “Das reglement”, l’ortodossia regolamentare.
Questa decisione della Corte federale richiama un punto fondamentale della natura dell’Unione europea che i giudici di Lussemburgo tendono ad ignorare, sostenendo la superiorità del diritto derivato non solo sui diritti nazionali degli Stati sovrani, ma addirittura sulle loro Costituzioni: l’Unione europea non è un super-stato ma semplicemente un‘organizzazione internazionale, come del resto ha stabilito il trattato di Lisbona, mettendo una benda al netto rifiuto espresso dai popoli, nel 2005, alla proposta di trattato costituzionale.
La sentenza del tribunale costituzionale di Karlsruhe conferma la filosofia dei rapporti tra l’Unione e gli Stati membri: gli Stati restano i signori dei Trattati (Herren der Verträge) e l’Unione non è una federazione, ma un ente di collegamento tra Stati (Staatenverbund) con un alto deficit di legittimazione democratica. Il principio di sussidiarietà viene così ribaltato: l’Unione ha competenze nella misura in cui sono gli Stati a concedergliele, ma sempre in un rapporto gerarchico ben preciso.
Solo gli Stati nazione hanno “la competenza delle competenze” e il potere di creare regole di diritto internazionale per regolamentare le loro relazioni. Un principio che la Corte riafferma solennemente quando critica la BCE che, del resto, costituisce il fulcro delle politiche federali tedesche che interpretano la cooperazione europea in chiave prettamente intergovernativa.
La Germania quindi, a fronte della tanto pretesa solidarietà europea, intima alla BCE di agire esclusivamente nell’ambito delle disposizioni che le conferiscono i trattati e per quanto concerne la sua disponibilità a contribuire ai fondi europei di urgenza per finanziare gli Stati in crisi, subordina infine la sua disponibilità ad un relativo voto favorevole espresso dal suo Parlamento sovrano.
Eugenio Preta