Modello di vita europeo
Ursula von der Leyen, nuova presidente del supergoverno europeo ha presentato il programma di lavoro per il 2020. Si tratta di una serie di tematiche sulle quali il suo esecutivo intende legiferare con priorità al green deal “per obbedire” al marketing sul clima promosso da Greta; al Bilancio perché bisognerà rimodulare i contributi nazionali dal momento che mancheranno quelli britannici; alle varie problematiche legate ai servizi digitali e all’intelligenza articiale; agli accordi finali Brexit e a quelli commerciali, facendo sempre attenzione a banalizzare le eccellenze europee per favorire paesi che hanno bisogno di rifilarci le loro miserie con la scusa dell’aiuto necessario al loro disastrato comparto sociale.
Ma fin qua tutto come previsto, tutto rientra nel piano tradizionale di questa Unione Europea cioè di non tener conto delle aspettative dei territori e dei popoli. Fa riflettere invece la sesta priorità annunciata da Von der Leyen, quella che riguarda la promozione del modello di vita europeo, presentato precedentemente come protezione e poi modificato dalla stessa Presidente per mettere a tacere le diffuse proteste dei gufi europei ed obbedire così ai pregiudizi dominanti. Si fosse trattato infatti di protezione, questa avrebbe potuto comprendere le frontiere esterne, ad esempio, per proteggere agricoltori, le industrie, il comparto servizi e per limitare l’invasione e assicurare la sicurezza dei cittadini. Invece la protezione è diventata “promozione” di un modo di vivere imprecisato anche perché non si capisce bene cosa effettivamente la signora voglia promuovere. Promuovere infatti non ha niente a che vedere con proteggere perché, prima di propagandare un modo di vivere si dovrebbe cercare di assicurarne la tutela, come del resto ha recentemente rivelato l’aumento crescente dei voti detti “populisti”.
Per realizzare un buon modello di vita europeo sarebbe opportuno concentrarsi sulla salvaguardia delle tradizioni occidentali tramandate dai greci, dai romani, dal cristianesimo senza doversi piegare alla dittatura odierna delle minoranze progressiste. Il modello europeo non è una società unita con la forza, ma forgiata naturalmente dalla storia e dalla civiltà comune. E’ la tutela delle nostre identità e non potrà mai confondersi con la marea migratoria incontrollata, peggio favorita, e neppure con l’islamizzazione dei nostri territori. Il modello europeo non è il primato del diritto comune e della Corte europea dei diritti dell’uomo sulle volontà dei popoli, come non potrà mai identificarsi con l’adesione della Turchia, un paese che invece andrebbe attenzionato perché viola i diritti e i territori dei suoi vicini.
Questo esecutivo, nominato e mai eletto, dimostra così ancora una volta di proseguire la scelta di nuovi modelli societari che si vogliono imporre ai popoli per via di un diritto antropofago che ha divorato gli Stati e che costituisce la negazione delle volontà popolari, sbeffeggiando così il corso della storia.
Eugenio Preta