Il nuovo meccanismo europeo di stabilità finanziaria (Mes)
Il lento cammino della costruzione europea, superato lo scoglio dell’Atto unico con l’istituzione del grande mercato liberista di merci, capitali beni e persone – a cui i padri fondatori avrebbero dovuto aggiungerci però, anche criminalità e tratta di esseri umani – vive di accelerazioni folgoranti e di rallentamenti improvvisi. Una costruzione che non appare salda, anzi piuttosto contraddittoria perché a volte vacilla per la presa di coscienza dei cittadini, ormai consapevoli, di essere soltanto pedine del grande gioco della finanza mondiale.
Da tempo ormai non si parla più delle riforme necessarie per far funzionare una comunità di 27 Stati differenti tra loro per tradizioni, lingue, culture e territori, anche se l’opinione corrente è quella di dover federare in un unico soggetto politico quell’Europa di Stati Nazione. La Storia ci riporta prepotentemente le discrasie di Stati federati e il progetto di costruzione naufraga nella constatazione lapalissiana che non esiste un solo territorio europeo, una sola lingua comune e un solo demos ma tanti popoli, tanti territori e lingue differenti.
Certo queste constatazioni, che costituiscono il passato recente della storia del continente, oggi si scontrano con le tesi progressiste del multiculturale e del multirazziale, dogma senza fede imposto dalle oligarchie ai popoli, che oggi, più frequentemente discutono, criticano e si ribellano. Queste oligarchie che reggono l’Europa sono riuscite ad imporre solo vuoti trattati ed accordi intercontinentali nel chiuso delle stanze del potere.
Dopo l’Atto Unico, firmato da Craxi a Milano in qualità di Presidente del Consiglio europeo, la costruzione di cui sopra, ha cercato di forzare la mano all’opinione pubblica, a volte blandendola con propositi di referendum popolari che gli europei hanno capito e fatalmente rifiutato. Ma il potere ha recidivato e quelle proposte, già bocciate dai cittadini che ne avevano chiuso le porte, sono rientrate dalle finestre delle approvazioni dei corpi interni, i parlamenti nazionali, peggio l’inutile Parlamento europeo.
Una costruzione che riguardava l’aspetto politico e sociale della futura Europa, segno di un tempo passato, finalizzato a disegnare un nuovo continente etico, una grande Europa dagli Urali all’Atlantico che crolla sotto il peso delle crisi economiche che hanno stravolto i programmi etici e li hanno rivolti esclusivamente al comparto materiale dei soldi e della finanza. Il governo esecutivo dell’UE, in perenne deficit democratico che non vuole assolutamente riparare, è riuscito ad imporre a rappresentanti consenzienti, programmi e decisioni che hanno sempre obbedito alla necessità di togliere ogni sovranità agli Stati membri per trasferirla ad oligarchie non elette, impegnate a realizzare vecchie teorie totalitariste riciclate in un europeismo senza Stati e soprattutto senza più popoli autoctoni.
A questo punto, se oggi solo finanza ed economia tengono il timone del battello “Europa”, diventa difficile parlare di costruzione dell’Europa dei popoli, di welfare, di cittadini e di progresso societario; tutte le cure sono rivolte al capitale, alla necessità di misure che favoriscono solo l’Europa delle banche e delle lobby venute da fuori.
C’è da chiedersi se la richieste di un’Europa maggiormente applicata sul sociale, riuscirebbe a sottomettere lo Stato nazione alle decisioni delle agenzie di rating americane, ormai misura riconosciuta per valutare in definitiva esclusivamente la solvibilità delle diverse economie europee e non le esigenze dei popoli.
L’Unione si è inventata quel trattato che ha posto limiti invalicabili al debito pubblico e quel patto di stabilità per cui ministri di Stati sovrani, a scadenze fisse devono prendere i loro registri contabili e sottoporsi all’esame di un Consiglio europeo sfalsato nelle sue maggioranze che peraltro decide la regolarità delle spese e dei conti di uno Stato sovrano all’unanimità. Questi sono oggi problemi vivi dell’attualità europea, problemi che i media stazionati a Bruxelles si guardano bene dal rivelare e che poi quando improvvisamente vengono alla luce provocano i dubbi dei cittadini e determinano il loro rifiuto di questo modo di agire.
Oggi nell’attualità é entrata prepotentemente la tematica del Meccanismo europeo di stabilità, purtroppo non per una critica feroce ed un rifiuto necessario ad un’ulteriore manovra studiata contro la sovranità nazionale, ma quasi per una curiosità mediatica e solo perché il primo ministro italiano avrebbe cercato di fare il furbo e, dopo essere stato bannato dai suoi colleghi europei, cambiata la maggioranza del suo governo – oggi molto più disponibile alle punizioni europee – viene blandito e indotto a firmare una vera trappola economica,il MES, compito questo che, nelle democrazie più avanzate, spetterebbe non al primo ministro ma al Parlamento, dopo accurata discussione ed analisi.
Il Primo ministro italiano invece, volente o nolente, ha cercato di minimizzare la portata del nuovo strumento vessatorio della Commissione europea che già dal 2012 ha sostituito il Fondo europeo di stabilità finanziaria e il suo relativo meccanismo. Di fronte alla poca chiarezza esistente nel dibattito sarebbe necessario capire di cosa si parla. Il meccanismo europeo di stabilità non è una formula astratta ma una vera e propria organizzazione intergovernativa, con direttori, funzionari, dipendenti e personale provenienti dalla Commissione europea. Si tratta di un dispositivo europeo per la gestione delle ormai tante crisi finanziarie che affliggono l’Europa ma concerne soltanto i Paesi della zona euro; la sua gestione è affidata al Consiglio dei governatori formato dai ministri delle finanze degli Stati interessati.
Vi dice niente la crisi finanziaria che ha distrutto l’economia, il sistema statale e i dispositivi sociali della Grecia? Ebbene, in seguito proprio alla crisi greca i soloni della finanza europea avevano inventato un primo Fondo europeo di stabilità finanziaria e il suo relativo Meccanismo che erano limitati nel tempo e risultavano essere “illegali” perché non avevano alcun fondamento giuridico non essendo iscritti nei Trattati dell’Unione europea. Oggi, secondo i piani delle oligarchie di Bruxelles questo problema potrebbe essere superato con la ratifica del Trattato sulla stabilità la coordinazione il governo dell’Unione, il TSCG. Così si è deciso di creare questo MES, meccanismo europeo di stabilità, chiamato ad intervenire ogni qual volta si dovesse registrare una minaccia economico finanziaria, un intervento la cui attivazione avviene a maggioranza qualificata e serve a finanziare uno Stato membro se la sua situazione contabile dovesse minacciare la stabilità della zona euro.
Alla stregua dei vecchi dispositivi FESF e MSF, questo nuovo meccanismo interviene sui mercati finanziari stipulando un prestito a tasso relativamente agevolato e poi prestando questo danaro ai paesi in difficoltà. La dotazione finanziaria iniziale del meccanismo è di 500 miliardi di euro sulla base di un capitale di 700 miliardi, una parte del quale già versato dagli Stati membri: lo statuto prevede che il capitale liberato (vale a dire già versato dagli Stati membri ) sia di 80 miliardi su 620 miliardi di capitale disponibile. La creazione di questo meccanismo europeo suscita molte controversie. Le principali critiche concernono il finanziamento richiesto agli Stati partecipanti che, se effettivamente versano quasi tutti in situazione critiche, incorrerebbero in ulteriori problemi finanziari proprio nel momento in cui cercano di ridurre il loro debito statale.
Gli interventi del Mes non obbediscono certamente a criteri filantropici ma comportano misure tanto drastiche per gli Stati beneficiari, che mettono in dubbio il valore stesso dell’istituto. Ogni Stato dovrà impegnarsi a ratificare il Trattato sulla stabilità la coordinazione e il governo dell’Unione, il TSCG, un meccanismo che costituisce un ulteriore attacco alla sovranità già ridotta di ogni Stato nazione e continua sempre a presentare lo stesso vulnus democratico, un deficit di democrazia dal momento che nessuno dei suoi dirigenti viene eletto dal popolo e non è responsabile davanti ai popoli europei.
Un ulteriore tentativo delle oligarchie contro le sovranità degli Stati, un passo verso la creazione di un Ministero europeo delle finanze, un’ulteriore forzatura sulla via della costruzione di un’Unione che, a queste condizioni, verosimilmente sarà ancora rifiutata dai cittadini.
Eugenio Preta