Elezioni europee: chi ha perso, ha vinto
Abbiamo registrato il risultato delle elezioni europee, le elezioni del voglio ma non posso e, come al solito, elezioni semplicemente paradossali perché non hanno risposto ad un unico scrutinio generale ma a tanti casi particolari quante sono le specificità dei 27 Stati membri. A dimostrazione che anche in campo elettorale come in quello dell’economia non esistono convergenze continentali. Anche se apparentemente gli elettori sembrano essersi mobilitati in misura maggiore delle volte precedenti, originando nei sognatori l’apparire di una coscienza finalmente europea, e se i problemi ai quali sono confrontati i popoli sono differenti o sono vissuti diversamente in ragione della Storia, molti europei sembrano essersi resi conto che l’Europa poteva non essere una soluzione peregrina alle tematiche che oggi devono essere risolte.
A dispetto del terrore che aleggiava, per qualcuno, o delle speranze che si erano accese, per qualcun altro, il risultato è senza appello: il vento sovranista è rimasto un leggero spiffero e la tanto temuta ondata populista non è proprio arrivata.
Alla luce dei risultati, la somma degli eletti attribuiti al PPE e ai tre gruppi più grandi alla sua destra, CER,ELDD,ENL, litigiosi e divisi su tutto, non riuscirebbe neanche a costituire una maggioranza relativa nel PE. Appena poi si sarà realizzata la Brexit , la scomparsa da questi gruppi degli eletti di Nigel Farage vedrà tramontare definitivamente ogni residua speranza di unità. Si è quindi votato per non cambiare nulla perché la collaborazione tradizionale (e consolidata) dei 4 gruppi PPE, ALDE, Verdi e Socialisti continuerà a reggere i lavori, l’amministrazione, la costruzione politica e le procedure di questa Assemblea quasi senza poteri.
Più elettori dunque sul piano continentale (la Sicilia con più del 65% delle astensioni costituisce un esempio a parte) ma cittadini spinti da esigenze esclusivamente nazionali con priorità abbastanza dissimili. La crescita degli ecologisti in Francia ed in Germania è solo un’eccezione che conferma la regola ma resta un’eccezione incomprensibile perché i problemi ambientali dei due Paesi sono assolutamente divergenti, specialmente sul piano dell’approvvigionamento energetico.
In Francia poi, il battage mediatico sull’ecologia e le manifestazioni dei giovani contro i cambiamenti climatici hanno spostato l’interesse degli elettori verso i temi ambientali , facendo il successo del partito dei Verdi, divenuto terza forza del paese ma impegnato su temi che non sembrano ricomprendere le esigenze prioritarie della gente: sviluppo economico, occupazione, difesa dell’identità e misure per aiutare la natalità.
In molti paesi, molto più realisticamente, i problemi dell’immigrazione incontrollata sono stati al centro del dibattito elettorale. Nelle Fiandre, la netta vittoria dei nazionalisti, rappresenta la valenza del ritiro dell’ NVA dalla coalizione di governo dopo l’approvazione del patto Onu di Marrakech .
In Ungheria il premier Orban festeggia un risultato straordinario con il suo partito Fidesz al 56% ,in costante aumento rispetto al 2014 (+5 punti)
In Germania Cdu-CSU sono in calo ma tendenzialmente stabili mentre la temuta AfD rimane sotto la soglia di pericolo
.In Austria, dopo la pur tardiva rivelazione del video compromettente del vice cancelliere FPO, Strache, la destra conservatrice di Kurz ha vinto con largo vantaggio grazie anche alle politiche di chiusura rispetto ai migranti pretese dagli alleati populisti che hanno pagato oggi per lo scandalo che li ha travolti.
In Francia i risultati hanno confermato i sondaggi correnti con la sorpresa dell’inaspettato successo dei Verdi e del tracollo dei Repubblicani, ormai in via di scomposizione perché non hanno avuto il coraggio di situarsi sufficientemente a destra al momento opportuno ed oggi vedono i loro elettori migrare verso il RN di Le Pen o LREM di Macron ritenendolo, molto ingenuamente, un uomo di destra. Il risultato piu’ evidente di queste europee in Francia rimane il fatto che Macron , pregusti già una sua rielezione nel 2022 , sulla falsariga dello scenario che si sta disegnando, identico a quello del 2017.
Analisi più complete e dettagliate sui risultati e sugli eletti confermeranno il trend che avvolge gattopardescamente questa Unione europea, anche se il bilancio rimane chiaro e senza possibilità di replica: al di là del successo della Lega in Italia e della situazione di stabilità registrata dalle istanze nazionaliste dei governi ungherese, polacco e ceco, l’ondata populista/sovranista è rimasta un’incompiuta, modesta ed abbastanza contenuta dalla reazione federalista: un vento che si annunziava impetuoso ed invece si è rivelato soltanto uno spiffero .
Eugenio Preta