L’invenzione del nemico in democrazia totalitaria
Ed eccoli di nuovo gli esponenti di tutti i partiti – come accade puntualmente ogni 5 anni – in giro per la penisola a sponsorizzare i loro candidati alle elezioni europee, a spiegare quello che faranno in caso di successo (lo sappiamo molto bene), ma tralasciando di dare alcuna notizia “europea”, non accennano per nulla al triloquio istituzionale, alla codecisione, al parere conforme, non parlano di riforme necessarie e di sovranità da riabilitare, di vincoli di bilancio e altro. Solo un grande “battage” pubblicitario per chiamarci al voto per il rinnovo del Parlamento europeo con tutto il rataplan con cui fanno accompagnare la bontà dell’operazione, tra gli applausi di cittadini pronti al selfie ed al voto.
Probabilmente chi ha qualche anno in più e qualche conoscenza residua avrebbe preferito ancora un’Assemblea formata da delegati e non, come avviene dal 1979, da deputati eletti a suffragio universale diretto. I delegati avevano almeno la passione per l’ Europa, dal 1979 la passione si è trasformata in interesse “particolare”. Chi conosce dall’interno i meccanismi europei, ha frequentato Assemblea, commissioni parlamentari, Maastricht, Nizza, Lisbona, convenzione per l’avvenire dell’Europa (sic) e i referendum che hanno bocciato questa Europa – che poi si è ripresentata come se la gente l’avesse così voluta – ha capito bene che, nonostante il primato del diritto comunitario, il parlamento europeo ha pochi poteri: vota la legislazione che il Consiglio fa presentare alla Commissione e solo in qualche caso il suo parere è vincolante; sa bene che a Bruxelles è in opera un progetto federalista, multiculturalista, mondialista, dipendente direttamente dalle agenzie di rating (americane), da trilaterale, Blindeberg, e S&P che ormai sanzionano gli Stati sovrani: la tecnocrazia assurta a modello che ha operato e opera per tagliare le eccellenze europee, l’agricoltura, l’energia, l’industria e farle de-localizzare dove vogliono loro; cancellare infine le sovranità degli Stati, ridotti a livello di valvassini.
Dicono Europa: ma le differenze aumentano, i popoli sono ormai stanchi, i territori sono invasi da popolazioni esterne. Ci trinceriamo dietro il buonismo papalino e non comprendiamo che, come il ciclope, nel nostro unico occhio hanno infisso la trave della sostituzione dei popoli, dell’uomo nuovo europeo senza paese, senza sesso, tradizioni, religione e lingue differenti da quelle autoctone. Ma è il naturale corso del sistema democratico – così Pirandello farebbe dire al suo filosofo pazzo – un sistema che continua ad essere ritenuto la forma migliore di governo, “ad eccezione delle altre”, diceva Churchill. Alla vigilia di queste elezioni europee, il nemico è stato identificato nel sovranismo.
Un nazionalismo démodé rispetto al pentolone federalista ma, alla luce della crisi corrente, recepito come un vero pericolo per il progetto europeo a cui lavorano alacremente non i popoli, purtroppo, ma le elites mondialiste, tecnocratiche e burocratiche. Per questo i sovranisti vengono additati come nemici del sistema democratico e per questo vengono avversati con ogni mezzo. Acclarato però che il sistema democratico resta la migliore forma di governo, oggi notiamo che aumentano sempre di più le critiche alle sue degenerazioni autoritarie. Tra tutte le degenerazioni democratiche c’è quella accennata precedentemente: la creazione del nemico. In ogni tipo di regime è pratica ricorrente inventarsi un nemico, vero o fittizio, trattato differentemente in relazione al potere in vigore.
Un sistema totalitario classico è fondato sull’attuazione della nozione dell’ordine. Il mantenimento di questo ordine viene giustificato come una garanzia di giustizia che possa consentire a tutti i componenti del corpo politico e sociale di venire trattati con la stessa equità. In tale sistema è opportuno che i processi contro dissidenti siano pubblicizzati e poi che i dissidenti spariscano nei gulag, nelle fosse comuni, in modo da eliminarne persino il ricordo.
Il sistema democratico è diverso perché non è fondato sulla nozione dell’ordine ma su quella della libertà. È importante dimostrare che gli uomini sono liberi e addirittura molto liberi. Solo così si abitua il popolo a pensare che sia normale, specialmente in tempo di pace, che l’ordine possa essere percepito debole, o peggio confusionario o ingiusto. E’ il prezzo che bisogna pagare perché la gente possa vivere in questo paradiso di libertà.
Le sempre possibili degenerazioni del sistema democratico non possono venire confuse con quelle che avvengono nel totalitarismo classico perché qui non prevedono la scomparsa del dissidente o del nemico, altrimenti il valore della libertà ne sarebbe gravemente compromesso. Con operazioni studiate e spesso subdole prevedono piuttosto la marginalizzazione e la banalizzazione del nemico, operata con tutti i mezzi possibili. Un’operazione chirurgica attenta però a non cancellare completamente dal campo politico il dissidente la cui presenza consente di rivendicare un proprio valore.
Il sistema democratico crea quindi un curioso rapporto tra il potere e il suo migliore nemico impegnato che questo nemico sia sufficientemente diabolizzato e marginalizzato ma che possa restare ancora ben vitale e minaccioso, in modo da assicurare al potere la legittimità e la notorietà sufficienti per rimante in auge e, se possible, far sparire dal paesaggio politico e mediatico i suoi competitori.
Prefigurato quindi un campo di battaglia incruento, senza reticolati né armamenti dove il nemico potrebbe anche essere di cartapesta, riusciranno quelli che vengono ritenuti tanto diversi a non farsi ammaliare dal sistema e rivendicare una loro valenza? Oppure rimarranno confinati nell’area del nemico, necessaria e in fin dei conti anche molto confortevole?
Eugenio Preta