Battisti: un banale scippatore diventato assassino
Disseppellito da una saga sanguinosa sconosciuta dalle nuove generazioni, Cesare Battisti appartiene agli anni di piombo, un periodo rispetto al quale, gli scontri politici e le conseguenti sventure quotidiane dei nostri giorni, sembrano semplici scherzi goliardici.
Sono gli anni ’70 del secolo scorso, anni di piombo, grigi nell’anima e rossi nel colore del sangue versato, anni in cui gruppi ben costituiti di estrema sinistra hanno fatto letteralmente a pezzi la Germania, la Francia e l’Italia. Banda Baader-Meinhof, Azione Diretta e Brigate Rosse sono i riferimenti per chi ha ancora memoria dei particolari. Era l’epoca dell’azione rivoluzionaria, delle Università degli eskimo e dei Ray-Ban, della caccia ai padroni che venivano sequestrati per ottenere un grosso riscatto. I rivoluzionari, in genere balordi e spesso ragazzi dei quartieri bene, seminavano il terrore, aizzati dagli intellettuali più alla moda che celebravano Mao, Pol Pot, Che Guevara e Camillo Cienfuegos come icone di un mondo di cartone.
Tra il 1977 ed il 1979, nel bel mezzo di questa isteria rivoluzionaria, l’Italia contava ben 300 gruppuscoli terroristi che hanno compiuto dai 2000 ai 2500 attentati ogni anno. E’ il periodo in cui Battisti, – non il milite Cesare fucilato nel castello del Buon consiglio di Trento dagli austriaci, né Lucio, iI cantore dei romanzi più belli di una gioventù ormai lontana – assassino travestito di ideologia rossa, raggiunge il movimento dei Proletari Armati per il comunismo, uno dei più violenti. Comincia così, il suo periodo di clandestinità.
Implicato in 4 assassinii, autore di due omicidi – un poliziotto e un padre ucciso davanti agli occhi del figlioletto – complice in altri due omicidi, questa icona della sinistra, che ha reso paralitico a vita un uomo, era stato arrestato, condannato, poi evaso, ricondannato a due ergastoli in contumacia, da 37 anni in fuga dai timorosi governi che avevano invano cercato di assicurarlo alla Giustizia, ma Battisti, godeva dell’asilo politico concessogli da autorità francesi compiacenti.
Visto d’Oltralpe, Battisti, era considerato un perseguitato politico, uno di quei militanti di estrema sinistra che avevano flirtato con la lotta armata e perciò ottenuto il sostegno la solidarietà e l’assistenza da una pletora di uomini ed associazioni, sempre di sinistra, che, con la scusa della dottrina Mitterrand – secondo la quale non sarebbero state estradate persone in Paesi “il cui sistema giudiziario non corrisponda all’idea che Parigi ha delle libertà” – si opposero alla sua estradizione in Italia.
In Francia dal 1990 diviene l’eroe degli artisti alternativi, qualche scribacchino minore come lo scrittore Fred Vargas, ha scritto addirittura un libro ”La verità su Cesare Battisti” per fortuna, fino ad oggi almeno, inedito in Italia. Ma non solo… anche scrittori incensati dalla sinistra di casa nostra e altri, come il patriarca Gabriel García Márquez solidale con questo assassino, così come alcuni esponenti di Amnesty International, altro caposaldo del politicamente corretto ipocrita di sinistra.
A Saint Germain des Prés, Battisti, era diventato il beniamino degli artisti sempre sinistrorsi. Scrive gialli insignificanti ma è celebrato come uno scrittore di grido… è sempre più facile farsi pubblicare qualcosa dagli editori quando si è terrorista in fuga, piuttosto che commessa all’Esselunga o supplente in una scuola media.
Nel 2004, quando il governo concede la sua estradizione verso l’Italia, Battisti, che si era sempre vantato dei suoi trascorsi, comincia il refrain della sua innocenza. Fugge in Brasile ed ottiene dal compagno Lula lo status di rifugiato politico, riconfermato poi dal successore di Lula, nel frattempo in galera, Dilma Rousseff.
L’attualità poi è data dalla sceneggiata del suo arrivo in Italia, con due ministri presenti in loco e folle di poliziotti che sarebbe stato più utile si fossero dedicati alle tante incombenze di sicurezza, piuttosto che sfilare all’Aeroporto di Ciampino.
Forse un furgone penitenziario pronto ad accoglierlo sotto l’aereo al suo arrivo e una corsa veloce verso il carcere, sarebbe stata la soluzione migliore.
Ma vuoi mettere i media, la televisione a colori, e la gloria dei tg? Così Battisti, dopo aver giocato la parte dell’ignorante, dell’innocente e del guerrigliero, grazie all’accoglienza riservatagli dalle autorità, con una ridicola e fuori luogo messinscena mediatica, ha potuto giocare il suo ultimo ruolo: quello del carcerato chiamato a scontare due ergastoli dopo quello del banale scippatore diventato assassino che l’intellighenzia di sinistra aveva assurto a suo idolo.
Eugenio Preta