Erdogan in Germania: l’ipocrisia tedesca e il capolavoro della diplomazia di Ankara
La politica estera di Ankara è caratterizzata dalla sedicente flessibilità con cui la sua diplomazia ha trattato le numerose crisi che hanno colpito il Paese. Se ripensiamo, tra l’altro, alla crisi siriana, al fallito golpe del 2016 e alla questione curda, ne identifichiamo una sfrontatezza quasi machiavellica che però é riuscita a contenere al minimo le ricadute negative per Erdogan ed ha portato la Turchia ad attraversare indenne lunghe fasi di gelo diplomatico, quindi a riprendere i rapporti con gran parte dei suoi vicini mediorientali, europei e con i partner Nato.
Nel corso dell’ultimo week-end, questa diplomazia si è misurata con le ipocrisie tedesche e sembra essere riuscita ad imporsi sulle vicende che hanno fatto seguito alla visita di Erdogan in Repubblica Federale tedesca. Due giorni politicamente delicati per la diplomazia tedesca, ma soprattutto per tutta la classe politica del Paese e, se vogliamo, anche per tutta l’Europa “tedesco-dipendente”.
La classe politica tedesca si è dimostrata inaffidabile e piena di ipocrisie, pronta a un’apertura di credito senza condizioni nei confronti di Erdogan – autentico nemico della democrazia occidentale – e altrettanto pronta ad inventarsi sanzioni comuni nei confronti di chi il suo Paese e l’intera Europa, intende invece tutelare e proteggere: Victor Orban.
La classe dirigente tedesca – ormai “affaticata” dalla cattiva coscienza che dimostra la cancelliera Merkel, al suo ultimo mandato e che ha dovuto digerire la visita del dittatore turco proprio nel giorno dell’anniversario degli accordi di Monaco del 30 settembre 1938, (quando con la complicità di inglesi e francesi la diplomazia del Reich era riuscita ad annettere i Sudeti con la sola scusa della predominanza della componente tedesca sugli allora cecoslovacchi) – avrebbe dovuto dimostrarsi perlomeno imbarazzata nell’accogliere un ospite così difficile, un autentico dittatore che ha imprigionato migliaia di oppositori, che si presenta come capo dell’Islam in Europa e che rifiuta di riconoscere persino il genocidio armeno.
Paradossalmente sanzioni comminate ad Orban e tappeto rosso ed onori all’arrivo di Erdogan ma comprensibile difficoltà della intera classe dirigente federale, attestata dalla scarsa partecipazione al pranzo ufficiale, declassato in semplice colazione di lavoro. Ipocrisia e doppiogiochismo quindi messo in atto dalla politica federale per cercare di placare l’ira dei cittadini proprio a qualche giorno dalle importanti elezioni previste in Baviera, che già si annunciano proibitive per la Merkel e per la sua coalizione di governo.
Stesse difficoltà e uguale contorsionismo a Colonia dove la diplomazia turca, nell’ignavia colpevole della sua controparte tedesca, ha sancito il capolavoro politico e mediatico di Erdogan che è riuscito ad inaugurare una delle più grandi moschee europee: 4500 mq, due minareti di oltre 55 metri ed una cupola di 36 metri di circonferenza. Un’opera che è costata dieci anni di lavori, finanziati interamente dal DITIB, l’unione tedesca degli affari islamici, organismo che gestisce 900 luoghi di culto in Germania, con imam di provenienza turca che si occupano, tra l’altro, di opere di delazione e spionaggio nei confronti degli oppositori di Erdogan, un vero braccio organizzato della politica estera del regime turco.
La classe politica federale ha cercato di far credere ai tedeschi, arrivati numerosi a protestare contro la venuta del dittatore turco, che la visita non era stata richiesta ma subìta per ragioni diplomatiche. Certo non è facile poter convincere il popolo, che tutto ciò che stravolge oggi il territorio e il modo di vita federale avvenga così, semplicemente e senza la responsabilità delle autorità: milioni di migranti senza del resto aver deciso l’apertura delle frontiere, senza necessità di visti né di passaporti e senza aver autorizzato i ricongiungimenti familiari; moschee monumentali, islamizzazione massiccia imposta senza alcun confronto politico, costruzioni di edifici di culto che avvengono peraltro senza le necessarie autorizzazioni, da sempre tassative e inderogabile specialmente in repubblica Federale.
Nella storia delle migrazioni in Europa, la Germania sta oggi mostrando ai popoli europei una nuova fase: quella del terrore delle classi politiche di fronte alle reazioni popolari: ormai la tragica sequenza finale della pellicola di una classe politica che rifiuta di assumersi le proprie responsabilità per le decisioni che ha preso negli ultimi anni e che si dimostra sempre più incapace di decidere quelle più opportune per il presente.
Eugenio Preta