Pesticidi: l’Unione europea incapace di decidere tra gli interessi dell’industria e la tutela dei cittadini
L’Unione europea decide di “non decidere” e rinvia la decisione sul glifosato facendo scattare l’allarme per l’avvelenamento chimico del pianeta. Intanto a soffrirne non sarà certo la Monsanto, l’industria di pesticidi americana depositaria del marchio che viene commercializzato come diserbante da molteplici ditte europee, bensì il cittadino, costretto ad assorbire attraverso i prodotti agricoli, dosi massicce di glifosato, un pesticida che viene spruzzato su ettari di terreno dove si coltivano alimenti.
Assolutamente in linea con l’esigenza della protezione degli interessi dell’industria agraria e del produttore d’erbicida USA, più che applicarsi alla tutela della salute del cittadino, il Parlamento Europeo, riunito in seduta plenaria a Strasburgo, ha rinviato il voto sul rinnovo o il possibile divieto dell’impiego del glifosato, adducendo la scusa che, al momento, non esiste alternativa valida ad una definitiva rinuncia dell’erbicida.
Si apre quindi un dibattito manicheo tra quel che è bene e quel che è male, tra chi è a favore e chi contro, soprattutto alla luce delle campagne mediatiche in atto in tutti i Paesi e delle gravi pandemie agricole che colpiscono coltivazioni specifiche – il cacao ed esempio – che costituiscono la prima e unica fonte di reddito di molti territori extra-europei.
La Commisione esecutiva aveva proposto di rinnovare la licenza per un periodo da 5 a 7 anni, riducendo la proposta iniziale dei 10 anni, ed alla fine ha accettato il compromesso di 5 anni. Tutto viene rimandato in attesa di ulteriori approfondimenti scientifici, che pur esistono, sia a favore – come ricerche dell’EFSA (agenzia europea per la sicurezza alimentare), che avrebbero stabilito improbabili le connessioni tra glifosati e forme cancerogene – o come studi dell’OMS che ne avrebbero invece attestato una possibile connessione.
Non è un segreto che la Commissione esecutiva da sempre favorevole all’impiego del diserbante, facendo sorgere forte il sospetto di una stretta intesa con l’industria, abbia ora accettato il compromesso del rinvio di 7 anni grazie ad un emendamento dei democristiani europei (PPE) che in definitiva conferma che, in tema di diserbanti, non esiste alternativa economicamente valida a garantire la salute del cittadino e il reddito degli agricoltori.
Contro l’Esecutivo europeo si sono sempre espressi i media che hanno parteggiato a favore della definizione del glifosato operata dal CIRC (centro Internazionale di ricerca sul cancro), quale sostanza probabilmente cancerogena e si sono impegnati a demolire la reputazione dell’erbicida che, ancora oggi appare indispensabile per gli agricoltori che lo utilizzano da oltre 30 anni, sotto il controllo delle agenzie specializzate.
Questi stessi media però, si sono guardati bene dal riferire i dati di una recente inchiesta dell’agenzia Reuter, derivante dalla deposizione giurata del presidente del gruppo di lavoro del CIRC incaricato di valutare il glifosato, il quale, davanti al tribunale della California ha contestato i risultati della ricerca epidemiologica effettuata dall’Agricultural Research Study che, su un campione di 89mila agricoltori, non aveva accertato alcuna connessione tra l’impiego del glifosato e l’aumento dei casi di cancro.
A favore di chi sostiene l’utilità del diserbante c’è un’inchiesta comune, condotta da OMS e dalla FAO, che esclude “probabilmente” ogni tossicità del prodotto, come pure una ricerca OMS/ONU, effettuata attraverso il Comitato Congiunto sui Residui Pesticidi, JMPR, che nega la correlazione tra l’uso del glifosato e lo sviluppo del cancro, conclusione a cui si sono associate anche l’agenzia europea dei prodotti chimici (ECHA) e quella della sicurezza alimentare (EFSA).
Per tornare alla polemica innestata dal CIRC, i detrattori del glifosato, l’agenzia Reuter pubblica ben dieci modifiche tra la prima versione e il rapporto finale, tutte sul cambio del termine non cancerogeno in cancerogeno. Del resto esiste anche una petizione lanciata dagli ecologisti di Greenpeace che sta ottenendo un enorme successo grazie anche agli allarmismi lanciati dalla stampa e dalle differenti inchieste giornalistiche. Greenpeace però è il nemico giurato di Monsanto, simbolo di quell’industria agro-chimica che bisogna distruggere per salvare il pianeta dalla folle corsa verso il consumismo e la produttività sfrenati.
Da tutto ciò, gli agricoltori restano sgomenti dal momento che il glifosato attualmente non ha concorrenti perché non esistono prodotti alternativi in grado di poterlo sostituire efficacemente. In fin dei conti, Greenpeace ha lavorato in maniera ottimale vincendo la battaglia mediatica e convincendo l’opinione pubblica. La scienza deve ora solo tacere.
Eugenio Preta