Le elezioni in Germania e l’apatia tedesca
Domenica prossima 24 settembre, i tedeschi saranno chiamati a scegliere il loro prossimo Cancelliere tra l’uscente, Angela Merkel e il suo pseudo-rivale Martin Schulz, balzato alle cronache politiche soltanto per lo scontro verbale avuto a Strasburgo con l’allora presidente del consiglio Berlusconi che aveva illustrato davanti al Parlamento europeo il programma del semestre di presidenza italiano del Consiglio Europeo.
Il duello Merkel/Schulz si dimostra, però, soltanto una farsa politica perché non ci sono concezioni divergenti, ma si tratta di candidati che si riconoscono in una stessa visione del mondo, mondialista e immigrazionista, mentre un confronto vero avrebbe dovuto portare a scegliere più seriamente sul futuro del popolo tedesco e della civiltà occidentale europea, dibattito che né i partiti politici né i media si sono mai augurati di affrontare.
Il risultato delle elezioni, al momento, appare scontato: la signora Merkel, tedesca proveniente dall’est, con un passato militante nella RDA, sposata due volte e senza figli – come la maggior parte degli attuali dirigenti europei – domanda ai tedeschi di rieleggerla per la 4° volta consecutiva alla testa del Paese.
Nonostante le recenti vicende del G20 e le altre crisi accessorie del suo Cancellierato, il risultato la porterà di nuovo al potere con una sua maggioranza CDU/CSU o, nella peggiore delle ipotesi, con una coalizione con l’SPD del suo competitore Schultz, destinato, ahinoi, ad occupare posti di alta responsabilità anche nel futuro governo federale.
Oggi balza evidente la mancanza di confronto politico; il conformismo del dibattito è del tutto in linea con la generale apatia mostrata del popolo tedesco di fronte alle decisioni prese nel tempo dalla sua cancelliera, prima fra tutte quella di organizzare , da qualche anno, l’ingresso massiccio in Repubblica federale di centinaia di migliaia d’immigrati extra-europei. Questi ultimi, comunemente definiti migranti o richiedenti asilo, arrivano da Paesi dove la loro vita sarebbe minacciata e che in maggioranza abbandonano mogli e figli sul posto. Un’ immigrazione economica e demografica, piuttosto ben vista in Germania, soprattutto dalla Confindustria locale che così può utilizzare a medio termine una manodopera poco esigente e in grado di esplicare le mansioni più umili che molti giovani tedeschi, super-diplomati o di famiglia benestante, non accetterebbero mai. Senza poi dimenticare l’aspetto demografico su cui contano gli economisti per riequilibrare e mantenere l’economia tedesca sui livelli attuali.
Dietro lo sventolio dei tricolori la Merkel parla di sicurezza del Paese, una contraddizione nei fatti, che però, non le impedirà di essere ricondotta alla guida del Paese, nonostante l’immigrazione massiccia di popolazioni di altre religioni e di altre culture ha messo a dura prova il quotidiano del cittadino tedesco, che ciononostante è rimasto apatico, distaccato e poco entusiasta della campagna elettorale.
Il conformismo è la causa principale di questa mancanza di attenzione politica del cittadino tedesco, il cui dogma riposa su quattro concetti: sicurezza, ordine, tranquillità e confort. Il dibattito politico rimane assente e molti preferiscono votare ancora per il potere in esercizio perché in questo modo i cambiamenti si svolgono molto lentamente, senza dover scomodare la facoltà d’adattamento degli individui. Quando le decisioni delle autorità si rivelano negative e causano la perdita progressiva e continua del potere d’acquisto, delle protezioni sociali, della sovranità nazionale, l’arrivo massiccio di migranti, una sicurezza debole e una criminalità in aumento… Beh! Questo i tedeschi lo imputano ad un male necessario perché, nonostante l’immagine caricaturale veicolata dalla classe politico mediatica dominante sulle vicende della Seconda Guerra Mondiale, il tedesco è altruista e xenofilo.
E forse il consenso al potere in funzione deriva proprio dalla (ri)educazione subita dai tedeschi dopo il ’45: impregnato dal senso di colpa, dal rapporto vincitori/vinti al tedesco è impedito di essere veramente patriota, amante della sua Patria.
Noi italiani siamo patrioti perché ci ricordiamo (raramente però) di essere eredi di Dante, Michelangelo, Pirandello, loro, i tedeschi, non sono abituati ad essere patrioti perché quel processo mentale che fissa il binomio colpevoli /assassini, fa dimenticare loro di essere eredi di Goethe, di Kant, Fichte, Hegel e caricaturalmente gli insegna che sono depositari di malattie antisemitiche, di possedere in essere, nel loro stesso sangue, un male supremo, una malattia morale che gli da una serietà esagerata, una mancanza di allegria.
Se già nel passato potevamo evocare lo spirito e l’allegria italiani contro la pesantezza tedesca, oggi quella pesantezza resta nello spirito di quel popolo: del resto non si può godere dei piaceri della vita quando il sistema educativo e mediatico ci ripete continuamente quello che hanno fatto i nostri padri ed i nostri nonni, utilizzando la bontà naturale insita nello spirito tedesco per farlo giudicare da se stesso e farlo detestare a se stesso come tendenzialmente cattivo.
Molti popoli portano nel loro passato oscuri conflitti culturali, religiosi, sociali, ma sono riusciti ad esorcizzare il male originale; i tedeschi, invece, sono educati al senso di colpa e sono passati dal senso di colpa collettiva ad un sentimento di colpa individuale, un processo progressivo che oggi non tocca solo i tedeschi, ma certamente tutti i Paesi occidentali che pur non potendo utilizzare il sentimento del vinto a grande scala, sono comunque orientati dal potere politico e mediatico e dai dettami dell’Unione europea verso l’appiattimento della loro cultura e della loro identità, a cui tuttavia, si oppongono attraverso un malcontento elettorale periodico he in Germania non esiste.
Così a qualche giorno dalle elezioni tedesche, c’è da sperare nella sopravvivenza politica di un popolo che ha tanto apportato al pensiero, alla cultura e alla scienza europea; c’è da sperare, cioè, che i tedeschi che si oppongono alla fine del mondo che hanno conosciuto, possano fare sentire la loro voce e che un sussulto possa liberare le coscienze e portare sulla scena politica, ma anche mediatica e culturale della Repubblica federale, personaggi orgogliosi di essere tedeschi, di essere patrioti e, finalmente, anticonformisti.
Eugenio Preta