Rileggere il Gattopardo
Nel 1954, Giuseppe Tomasi, 12º Duca di Palma, 11° Principe di Lampedusa, Barone della Torretta, Grande di Spagna di prima Classe decise di mettere per iscritto una storia a cui pensava da tempo: quella di una vecchia famiglia siciliana confrontata improvvisamente all’unificazione imposta con le armi da Savoia e Garibaldi e l’emergere di una nuova classe sociale ambiziosa, volgare e rapace.
Il titolo del romanzo ha origine nello stemma di famiglia dei Tomasi e viene così commentato nel romanzo stesso: «Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra.»
L’autore colleziona una serie di bocciature , le piu’ scottanti delle quali quelle pontificate dai due maggiori editori italiani del tempo, Einaudi e Mondadori che affidarono ad uno scrittore comunista, Elio Vittorini il compito di recensire il libro nell’eventualità di una futura pubblicazione .
Vittorini, siracusano, boccia clamorosamente l’opera di Tomasi, siciliano, che aveva scritto molte parti del testo proprio a Calanovella , la tenuta dei cugini Piccolo a Capo d’Orlando, definendolo, in una recensione del giugno ’57 , un libriccino di fine secolo che sposa in maniera buffa la sociologia e la narrativa.
Il mese seguente , ricoverato in ospedale a Milano, Tomasi di Lampedusa lascia questo mondo.
Il suo romanzo pero’ sarà pubblicato e verrà consacrato come capolavoro nel 1958 grazie a Giorgio Bassani .
Personaggio singolare, schivo e ritirato, gran lettore ma privo dei contatti che contano nell’ambiente letterario, Tomasi di Lampedusa ha visto il suo romanzo, opera assolutamente in anticipo dei tempi, massacrato a causa di una critica partigiana e ideologica che, senza minimamente comprendere il valore di quest’opera cosi’ ricca di significati con la sua trama reale brillantemente sviluppata tra passato e modernità, Storia e immediatezza , l’ha bollato discreditandolo come opera di altri tempi e di carattere reazionario…
ah la cultura di sinistra!
Un altro campione letterario di sinistra, il francese Louis Aragon, in qualche modo in seguito riusci’ ad emendare la bocciatura di Vittorini sostenendo che nonostante fosse scritto da un aristocratico, il gattopardo era uno dei piu’ grandi romanzi del secolo
Una frase fondamentale del libro, recitata da Tancredi , il cui significato politico appare sbalorditivo, gli fa anticipare il manifesto tipico dell’essere siciliano : “Se vogliamo che tutto resti cosi’, occorre che tutto cambi…” A cui fa da eco il rifiuto del principe Salina all’offerta di De Chevalley, inviato dai piemontesi per offrire il seggio senatoriale “:.… i siciliani vogliono continuare a dormire e odiano chi tenti di svegliarli…”
Beh, si puo’ interpretare questa frase apparentemente paradossale come si vuole. resta che l’analisi piu’ plausibile rimanda alla responsabilità dei conservatori che per restare nel mondo che desiderano salvaguardare dovrebbero accettare gli inevitabili cambiamenti; accettare una forma di rivoluzione in modo da consentire ad un certo modo di vivere e di pensare di rimanere integro nella sua purezza. Sacrificare il presente oggi, per non seppellire il passato, definitivamente.
Ecco spero che scrivendo queste righe possa almeno aver dato voglia di rileggere il Gattopardo , quadro delicato e potente di nostalgia ma anche di lucidità storica, specchio di un disincanto incantatore, senza peraltro dimenticare il film capolavoro che Luchino Visconti seppe mettere in scena attingendo la trama proprio dalle pagine scritte dal principe di Lampedusa.
Eugenio Preta.