Un uccello Lumbard nel nido siciliano

Ragusa, 30 Giugno 2005

Egregio onorevole (?) Lumbard,

Le scrivo questa breve epistola pregandoLa di leggerla con un pizzico di attenzione perché ho la presunzione di credere di non essere il “solo” né di rappresentare una esigua minoranza che ragiona così. Le servirebbe per evitare qualche brutta figura elettorale prossima ventura.


Non mi addentro troppo nelle cose perché il mio compatriota Angelo Severino è stato più che esaustivo (spero che Lei abbia avuto l’umiltà di leggere quello che Angelo Le ha mandato a dire…), ma devo estirparmi un dente di quelli che fanno male e che la linguaccia non lascia in pace.

Ebbene, onorevole (?) Lumbard, prima di tutto mi risponda qui: dove crede di andare con quel cognome?

Veda, per fare il condottiero occorre che venga fugato ogni dubbio: anche quello relativo alla propria anagrafe (nomen homen, ci hanno insegnato i latini). Uno che si chiama come Lei, al massimo, può aspirare a qualche collegio del Triveneto o a qualche segreteria cittadina della Val Camonica.

Che c’entra un Lombardo, pardon, Lumbard, con la Sicilia?

Che c’entra, poi, un Lumbard che, dopo essersi crogiolato per tanti anni (quanti, ce lo può dire, per favore?) sotto il venefico sole della Democrazia cristiana, solo ora si ricorda o si avvede dello stato in cui è ridotta la nostra amata Isola?

O forse Lei “ultimamente” non c’è stato?

Veda, onorevole (?) Lumbard, personalmente ai ravvedimenti credo molto, ma gli è che non mi riesce di credere in quelli politici, specie se partoriti (podalicamente) con la complicità di qualche tornata elettorale.

Il Suo “esperimento”, ora possiamo confessarcelo, vero?, è la risultante delle accese diatribe interne al Suo ex (?) partito che sono andate a sommarsi con la lotta per le candidature del 2006, quando i Siciliani saranno chiamati a votare per mandare a Roma e a Palermo un manipolo di incapaci, di schiavi delle segreterie politiche romane, di maneggioni, e ci aggiunga pure tutto quello che di peggio Le passa per la testa.

Cavalcare l’Autonomismo è un esercizio troppo pericoloso per uno come Lei che viene dal partito che sappiamo e che è destinato a restare comunque all’interno del sistema dei partiti che, tutti e a vario titolo, hanno devastato la Sicilia e ucciso le speranze e il futuro dei Siciliani.

Non mi pare di averLe sentito prendere una durissima posizione contro la costruzione di quella bestemmia che tutti chiamano “Ponte sullo Stretto” né contro tantissime altre nefandezze che gli usurpatori della Sicilia hanno realizzato o intendono realizzare cercando di spacciarle per buone e utili al solo fine di barattarle con qualche manciata di voti.

Chi sta salendo, o salirà, sul Suo carro in pompa magna è destinato a svegliarsi dal “sogno” e a ritrovarsi a spingere quel carro lungo una salita irta e tortuosa, come quelle delle tante trazzere che i Siciliani devono percorrere quotidianamente e che

Voi, ineffabile classe politica da due soldi, promettete sempre di raddoppiare, di asfaltare, di by-passare… Un risveglio, quello dei Suoi accoliti, che renderà ancora più amaro, a costoro, l’essere Siciliani: perché presi in giro e, per di più, nella loro Terra, da un Lumbard.

Naturalmente, per il bene della Sicilia e dei Siciliani, non posso che augurarLe ogni possibile insuccesso personale, politico ed elettorale.

Giovanni Cappello –


L’Altra Sicilia – Ragusa