L’Indipendenza della Sicilia? Lasciamo stare l’Italia: è con gli USA che dobbiamo parlare!
L’Italia è un Paese-fantoccio. La Sicilia è occupata in realtà dalla NATO, e in particolare dagli USA che ne hanno fatto la loro portaerei del Mediterraneo, insieme con la Sardegna. L’unica possibilità di riacquistare sovranità (in relativo) e un alleggerimento della catena militare – e magari buoni rapporti culturali e commerciali coi Paesi “oltre cortina” – è la distensione tra il blocco atlantico e quello eurasiatico
da Massimo Costa
leader degli Indipendentisti siciliani
riceviamo e volentieri pubblichiamo
Molti ci chiedono: ma se siete indipendentisti, poi la Sicilia indipendente dovrà avere una politica estera, e da quale parte starete? Anzi, a dire il vero, è proprio questa una delle maggiori perplessità che riscontriamo in giro sull’indipendenza (potremmo farne un “massimario”, tra queste quella della “mafia” e così via). E non a torto: la Sicilia non è indipendente, di fatto, dal 1849 e di diritto dal 1816 (l’indipendenza formale dello Stato “garibaldino” da maggio a dicembre 1860 è stata una barzelletta, anche se c’era un Ministro degli esteri). Ma anche allora non aveva una “politica estera propria” o non ebbe il tempo di esercitarla da Paese riconosciuto internazionalmente.
Prima? Durante l’epoca napoleonica l’esperienza di autogoverno fu troppo breve e prima ancora ci sono 4 secoli di viceregno. Se c’è una cosa che “non” aveva la Sicilia (se non il piccolo cabotaggio di qualche trattato col Bey di Tunisi) era proprio la politica estera, e, andando ancora indietro… siamo troppo indietro per fare confronti con l’attualità. Insomma è un tallone d’Achille, ammettiamolo. Oggi questa è tutta da inventare. Ma non è un problema da eludere.
La Sicilia è al centro del Mediterraneo, e quindi purtroppo non può isolarsi dal resto del mondo. Si può dire che siamo per la neutralità, che siamo pacifisti, che vogliamo una Sicilia come una grande Svizzera marittima? Sì, si può dire, ed è la nostra aspirazione ideale più profonda, ma questa dovrà fare i conti con la realtà. Un conto è il “possibile”, un conto è il “desiderabile”.
Oggi la Sicilia è occupata solo formalmente dall’Italia, da un punto di vista militare. L’Italia è un Paese-fantoccio. La Sicilia è occupata in realtà dalla NATO, e in particolare dagli USA che ne hanno fatto la loro portaerei del Mediterraneo, insieme alla Sardegna. Le isole, come sempre, sono fortezze per le potenze dei mari, come fu l’Inghilterra un tempo e come sono gli Stati Uniti ora. Si parte da qui.
Ed è con gli Stati Uniti che dobbiamo parlare. Perché gli Stati Uniti non se ne vanno dalla Sicilia a uno schiocco di dita. Non se ne vanno neanche se l’Italia uscisse dalla Nato (forse se andrebbero dall’Italia, forse, ma non certo dalla Sicilia). A parte il MUOS, sul quale noi possiamo e dobbiamo gridare la nostra contrarietà per ovvi motivi, anche facendo leva sulla comunità siciliana negli USA, c’è tanto altro in Sicilia e l’unica possibilità di alleggerire (all’orizzonte non vedo alternative o scorciatoie) la presenza militare straniera è quella di un paziente negoziato, non quello di una contrapposizione frontale.
La contrapposizione ci vedrebbe perdenti, dentro o fuori dall’Italia. E le guerre le si fanno per esser vinte, non per il piacere di “dire le cose giuste”. Se diciamo “via domani mattina gli Americani dalla Sicilia”, non verrà lo zio Putin a salvarci o a proteggerci, siamo fuori dalla zona continentale di interesse delle potenze eurasiatiche. Non che la Sicilia non faccia loro gola, ma la ritengono una “presa impossibile”, in partibus infidelium.
L’unica possibilità di riacquistare sovranità (in relativo) e alleggerimento della catena militare, e buoni rapporti culturali e commerciali coi Paesi “oltre cortina” è la distensione tra il blocco atlantico e quello eurasiatico. Non vedo altre scorciatoie.
Gli unici interessati a cambiare qualcosa in Sicilia (oltre noi) sono gli “alleati” islamisti, che vorrebbero trasformare la Sicilia da una delle più derelitte province dell’impero euro-atlantico al loro avamposto in Europa. C’è chi investe in modo “strano” dalle nostre parti, e i segnali non sono rassicuranti. Ma li considero un rimedio molto peggiore del male.
E allora? Allora calma e gesso. Noi dobbiamo e possiamo dire come stanno le cose, senza ipocrisia, ma anche senza isterismi. L’unica nostra forza sarà la rispettabilità che sapremo guadagnarci come Paese democratico e parlamentare, anzi la patria del parlamentarismo ancor più dell’Inghilterra stessa.
Chiederemo e otterremo condizioni più favorevoli alla nostra sicurezza, ma in modo negoziale. Nel frattempo diciamo la nostra sul Medio Oriente. Ma non per “fare il tifo”. Io non faccio il tifo per le bombe di nessun tipo. Anzi dico che quello che sta accadendo è una follia collettiva. Dobbiamo fermarci, tentare finché possibile di ragionare, altrimenti sarà la fine per tutti.
Sul recente attacco americano in Siria, però, non possiamo tacere. Esso è una follia pura e semplice, un atto dissennato che va soltanto condannato.
Primo, perché le “fonti” sulle responsabilità siriane sul massacro di Idlib sono completamente screditate, quindi inattendibili.
Secondo, perché comunque questo non dà il diritto a nessuno, unilateralmente, di “andare a fare giustizia”.
Terzo, perché è oggettivamente un regalo all’ISIS, che dovrebbe, questo sì, essere soltanto sterminato.
Noi ci dissociamo dal coro dei governi-fantoccio europei (e da quello americano, che si sta rivelando esso stesso fantoccio di oscuri poteri forti) che dichiarano il bombardamento una risposta “adeguata”, “opportuna”. I bombardamenti “opportuni”, sono come le “bombe intelligenti” di Bush. Non esistono.
Su questo siamo pronti a fare fronte comune con tutti i sovranisti europei, anche nostri rivali politici.
E saremmo pronti, se fossimo al governo della Sicilia, ad aprire un confronto realistico con la grande superpotenza che ci occupa (e con Israele, che manovra da dietro le quinte), dicendole almeno il nostro punto di vista, e il nostro dissenso rispetto a campagne che, destabilizzando il nostro giardino di casa, finiscono per travolgere noi stessi.
Siamo “occupati”? Bene, quale contropartita ne abbiamo? Indipendenza è anche chiarezza, e dignità. Non ci siamo abituati, da secoli. È ora di iniziare.