Etica della sacralità o della qualità della vita?
L’etica della sacralità della vita ha sempre avuto un fondamento essenzialmente religioso: la vita è un dono di Dio all’uomo, ed il suo valore è assoluto e prevalente su qualsiasi altro
L’attualità pero’, insieme all’egoismo imperante della società contemporanea, ha banalizzato il dibattito sull’etica della qualità della vita : la vita umana è il punto più alto di un processo evolutivo, non è solamente il funzionamento di un organismo, ma sono le specificità che lo contraddistinguono.
La società moderna occidentale ha smesso di credere alla sacralità della vita. Paradossalmente solo l’islam mantiene questo valore ed oggi appare l’unica religione capace di parlare di spirito dal momento che, purtroppo la Chiesa latita, perduta nelle lotte interne per il “primato” e nelle elucubrazioni di Bergoglio la cui unica preoccupazione sembrano essere le migrazioni.
E se la religione è sempre legittimata a dirci di non sopprimere alcuna vita e la scienza a dirci quando effettivamente la vita si estingue, scienza e ragione devono coincidere nell’indicarci come bene primario non surrogabile il bene del libero arbitrio, della libertà personale.
Nell’attualità piu recente , i radicali sono riusciti a tornare nel dibattito politico grazie alla spettacolarizzazione di una morte libertaria, denunziando politicamente le contraddizioni della nostra società.
Il fatto che una vita si sia spenta in una squallida clinica svizzera (n verità un pronto soccorso riverniciato di azzurro) è passato in secondo piano quasi per lasciare il posto alle critiche allo stato, alla libertà, ai bigotti ed ai creduloni eccetera.. Cappato è un militante di lungo corso, forse uno dei pochi rimasti, ed è stato bravo a rilanciare, in un momento di “ stanca”, i radicali e la Bonino, nel dibattito politico proprio ora che sta ricominciando l’epoca delle campagne elettorali… Sarà una coincidenza, ma ieri sfiorava ogni schermo e ogni radio con il suo momento mediatico piu’ seguito raggiunto proprio quando si è recato in caserma per l’autodenuncia.
Pero’ niente carabinieri né giudici ma solo telecamere e tanti giornalai, con buona pace del celebrato altruismo libertario, alla base del gesto.
La verità è che ormai cosi’ come cerchiamo tutti una bella vita, una bella e ricca carriera , una bella casa, macchina, eccetera, risulta legittimo che si ricerchi anche di morire in modo il piu’ possibile indolore, (tanto deve capitare a tutti, prima o dopo)
Una vita alla ricerca del piacere e dell’edoné, senza regole né valori richiede evidentemente anche una fine mediaticamente utile ed adeguata.
Un film degli anni 80 con Charlton Heston e Dirk Borgnine aveva anticipato la soluzione per il futuro: una cartolina precetto, raggiunta un’età venerabile, peraltro decisa dallo Stato (sic), ti imponeva di recarti in un centro dove ti avrebbero addormentato con una pilloletta per toglierti dai piedi.
Certo che se passasse anche fuori dagli schermi una legge cosi’ libertaria ridurremmo drasticamente le spese sanitarie, risparmieremmo i fondi destinati agli ospizi e all’ assistenza anziani e malati, ma soprattutto avremo addormentato le nostre coscienze e non saremmo piu’ costretti a prenderci cura di chi non ci è piu’ utile .
Mettere a profitto gli egoismi, senza curarsi piu’ di quei sacrifici che una volta erano ritenuti doveri
Oggi aree sempre più ampie della società che ha smesso di credere al sacro e ai valori estremi, sembrano pronte a qualificare come un diritto quello di decidere i tempi e i modi della propria fine in caso di estrema e ineluttabile sofferenza. E’ un tema che richiede certamente di fare astrazione dalla religione e di venire suffragata dalla scienza, non nella direzione di una norma per una bella morte (l’eutanasia), ma certamente per un fine vita senza gli accanimenti terapeutici che tolgono ogni dignità all’uomo.
Seneca lo diceva chiaramente in una lettera a Lucilio: «Non è un bene vivere, ma vivere bene», poi ci fu il cristianesimo e duemila anni di storia che hanno modellato il nostro dna culturale.
Siamo convinti della necessità di una legge che possa stabilire il diritto alle cure ma non l’obbligo di sottostarvi: la legge deve obbedire solo all’esigenza di favorire e regolare la convivenza della società, se dovesse aspirare a creare imposizioni non sarebbe piu’ un diritto ma diventerebbe un obbligo , deprecabile certo , fortunatamente di portata limitata, ma spesso di conseguenze estremamente disastrose.
Eugenio Preta