Due italiani si contendono la nomina alla presidenza del Parlamento europeo
Le peregrinazioni mensili del carrozzone che è diventato ormai il Parlamento europeo ( si riunisce mensilmente a Strasburgo per decidere la legislazione comunitaria discussa dalle varie commissioni parlamentari a Bruxelles, assistite dai funzionari, molti dei quali ancora hanno sede lavorativa in Lussemburgo) avrà ,nel corso di questa settimana, un rilievo particolare perché dovrà eleggere il suo nuovo Presidente.
Il socialista Martin Schultz – un oscuro euro-deputato tedesco, balzato agli onori delle cronache dopo 22 anni di oscura carriera parlamentare europea solo per essere stato denominato “kapo” da un annoiato Silvio Berlusconi, allora Presidente del Consiglio europeo, abbandonato per 4 ora in emiciclo a seguire le elucubrazioni dei vari deputati europei- ne lascerà la presidenza.
Ma Schultz, scopertosi in seguito “statista”, non tenterà di ricevere l’investitura dei socialisti tedeschi come candidato alla Cancelleria Federale , come una stampa compiacente aveva fatto intendere, ma semplicemente per scadenza naturale del suo mandato che, caso unico nella storia del PE , lo aveva visto riconfermato nella carica per due volte consecutive
La seduta plenaria del Parlamento europeo che si riunisce a Strasburgo domani, martedì’ 17 gennaio, è chiamata a scegliere cosi’ il suo nuovo Presidente tra i candidati proposti dai vari gruppi politici. Una prassi che , alla faccia del multipartitismo, si è sempre risolta in una vera e propria spartizione tra i due gruppi maggiori, il PPE e il PSE accordatisi in una specie di staffetta: oggi a te domani a me, con la possibile variante di un terzo incomodo, in genere un liberale, che qualche volte è riuscito ad inserirsi, approfittando di momenti di crisi dei due maggiori contendenti.
La staffetta tradizionale in verità prevede l’alternanza con l’elezione del candidato PPE , attualmente Antonio Tajani, ma i socialisti hanno accampato la scusa delle troppe presidenza occupate dai popolari in ambito istituzionale e spingono per un loro candidato, l’attuale capogruppo, il renziano Pittella
Domani pertanto saranno in lizza due candidature “mono-nazionali” che invece di dare forza ad una Presidenza italiana del PE che manca dai tempi di Emilio Colombo, rischiano di indebolirne le possibilità di successo , con il prevedibile intervento di un terzo escluso , ad esempio il liberale Verhofstadt che per adesso, grazie anche al “pasticcio grillino”, sembra essersi escluso da solo.
Ritornando a Martin Schultz, nonostante il gran battere mediatico e il perenne presenziassimo e , diciamo noi come gossip tanto di moda – la nomina ai vertici amministrativi di segretari e assistenti di parte (cosi’ fan tutti, pure al di là delle Alpi) ) insieme all’ invenzione di nuove direzioni generali come quella preposta all’acquisto… di pennarelli e carta igienica- Schultz lascia un’Unione europea in crisi, paralizzata dagli Stati membri e contestata dai suoi stessi popoli sempre piu’ in conflitto con le decisioni della burocrazia di bruxelles.
La presidenza Schulz ha continuato nelle vecchie politiche condotte dall’UE dopo il 2005, gli anni che hanno rappresentato l’eclissi dell’Unione europea con la bocciatura da parte di Francia e Danimarca, seguite dall’Irlanda , del referendum che imponeva la Costituzione europea. Perseverando nell’integrazione federalista, negli allargamenti mal preparati , adottando mise di salvaguardia per banche colpevoli e incoraggiando l’immigrazione selvaggia di poveri e di profughi, l’Unione sembra non aver ancora capito la necessità di una riforma che non puo’ piu’ prescindere dagli Stati nazionali e dalla rivalorizzazione delle loro sovranità
In un intervista di “fine regno” Martin Schultz ha ribadito, come linee guida anche della prossima presidenza, i propositi di soffocare le nazioni e peggio di negarne il valore, diffidando del Consiglio (Malta ne assicurerà prossimamente la presidenza semestrale) e auspicando un fronte comune tra commissionne e parlamento non per tutelare i cittadini ma per far trionfare la visione sopranazionale , vale a dire premiare la burocratizzazione tecnica post democratica, che serve solo a banalizzare gli esecutivi degli Stati sovrani. Se fosse libero di imporre le sue volontà, Schultz probabilmente vieterebbe ogni tipo di referendum e soprattutto i partiti che giudica “populisti” e che tanto gli hanno dato da fare durante il suo mandato.
Ma il Continente deve rispondere a sfide serie, essenziali; ne va della sua stessa sopravvivenza.
Bisognerà rendersi conto che l’Europa segnata a Maastricht ha dimostrato chiaramente il suo fallimento ed i segnali sono molteplici: Brexit, referendum italiano, crisi greca, messa in discussione della moneta unica, impotenza diplomatica e politica al di fuori delle frontière, immigrazione selvaggia e rifiuto di misure omogenea per fronteggiarla, cecità politica come l’accordo turco tedesco sulla crisi dei migranti che ha dato carta libera (e qualche miliardo di euro) al ricatto di Erdogan . Ridotta piu’ che ad superstato ad un impero decadente, in Africa, in Medio Oriente, in Europa dell’est e in Siria, ma anche nello scacchiere geopolitico mondiale, l’Unione non conta piu’ niente.
L’unione europea senza valori è diventata una finzione, una machina auto-referente infatuata dei suoi stessi meccanismi giuridici e della sua pretesa superiorità morale; permissiva, dura con i deboli e debole con i potenti, multiculturale e terzomondista, smilitarizzata, l’Europa ha trovato la sua Nemesi storica proprio in questa Unione europea. Non facciamoci illusioni: domani il successore di Schultz ne sarà, ahimè, una sua copia fedele.
Eugenio preta