La battaglia taroccata. Calatafimi fu vera gloria?
E’ di questi giorni sulla pagina culturale di Repubblica edizione di Palermo un reportage a puntate dal titolo “Sulle orme dei garibaldini – l’isola in camicia rossa”a firma di Gianni Bonina che va dallo sbarco di Marsala l’11 maggio 1860 e via via descrivendo ad “ usum delphini “ tutta l’impresa dei mille di Garibaldi con particolare riferimento alla battaglia di Calatafimi pubblicata domenica 31 luglio u.s.
Ebbene anziché ripetere falsità storiche come ormai da 156 anni a questa parte ci propinano gli storiografi di regime, il nostro poco attendibile “storico” autore del reportage sui Mille avrebbe fatto meglio a documentarsi e trarre le debite conclusioni su come realmente si svolse la battaglia farsa di Calatafimi.
E su come questa battaglia farsa, come tante altre, rientra appunto nell’alveo di quelle verità storiche sottaciute o peggio ancora mistificate e contrabbandate come epiche gesta da tramandare ai posteri con frasi ad effetto come quella: “ Qui si fa l’Italia o si muore “ che a quanto pare Garibaldi non ha mai pronunciato. Una battaglia farsa decisa, dal tradimento e dalla corruzione del generale Landi e non dal valore dei garibaldini.
Decisiva e galeotta, infatti, fu una “fede di credito” di 14.000 ducati( poi addirittura risultata taroccata e falsa all’atto della riscossione), pagata a Landi dallo stesso Garibaldi e la qual cosa in seguito confermata dallo stesso Landi, per cui 3000 borbonici ben addestrati e ben armati s’arresero a circa 1000 garibaldini poco avvezzi all’uso delle armi e animati solamente da spirito d’avventura. Per cui l’episodio della corruzione del generale Landi fu l’unico decisivo e squallido elemento delle sorti della battaglia di Calatafimi.
Del resto basta rileggere, a conferma di questo, quanto scritto dagli storiografi al seguito dello stesso Garibaldi per rendersi bene conto di quello che inaspettatamente e scandalosamente avvenne a Calatafimi.
Scrive Cesare Abba nel suo diario “ Da Quarto al Volturno”: “E proprio quando pensavamo di avere perso alla fine ci parve un miracolo avere vinto” (Il miracolo della fede di credito frutto della corruzione).
E ancora Francesco Grandi nel suo diario “I garibaldini” testualmente riporta: “ Ci meravigliammo non credendo ai nostri occhi e alle nostre orecchie, quando ci accorgemmo che il segnale di abbandonare la contesa, come avevamo temuto, non era lanciato dalla nostra tromba ma da quella borbonica. Sulla lunghezza d’onda anche l’amministratore della spedizione dei Mille lo scrittore Ippolito Nievo, il quale nelle sue “memorie” ebbe a meravigliarsi di una vittoria, giunta, quanto mai inattesa.
L’inusuale ritirata di 3000 borbonici al cospetto di 1000 garibaldini male in arnese, trova dunque la sua logica giustificazione nel prezzo della corruzione che Garibaldi pagò a Landi, e dallo stesso successivamente confermato, perché inopinatamente e inaspettatamente desse alle sue truppe l’ordine di ritirasi.
E di tutto questo il buon Gianni Bonina avrebbe fatto meglio a documentarsi, magari rileggendosi un articolo scritto proprio su Repubblica di Palermo qualche anno fa dallo storico Salvatore Falzone dal titolo: ”La battaglia di Calatafimi- Eroismo o tradimento?- Battaglia o pagliacciata?” prima di riproporci nel suo reportage lo scontro-farsa di Calatafimi come una epica battaglia da tramandare ai posteri.
E ora di finirla.
Ignazio Coppola