Ballottaggi: il sistema vacilla, ma per la Sicilia non cambia molto…

L’analisi del voto. Se da un lato la vittoria dei 5 Stelle rappresenta una picconata al vecchio regime, dall’altro in Sicilia rischia di rimanere tutto come è: non basta qualche auto blu in meno per cambiare le cose ed infatti l’astensionismo è ancora altissimo. Ai 5 Stelle manca la consapevolezza della gravità della questione siciliana…

Un rapido sguardo intanto all’Italia, non solo il paese che ci opprime e ci occupa, ma comunque il nostro più grande vicino. Le elezioni sono in linea con i risultati di tutta Europa. I partiti del regime “bancario eurocratico” franano ovunque. La “destra”, divisa fra il troncone antieuropeista della Lega e quello convenzionale, allo sfascio, di Forza Italia, si va ricompattando sul primo ma non sfonda. Rasenta la vittoria a Milano, ha un buon risultato a Bologna, ma risulta perdente. I 5 Stelle, se non in piccola parte, non dirottano su di loro i loro voti. E questo consente ad un Renzi, pur se sonoramente sconfitto, di mantenere alcune ultime trincee.

La “sinistra”, espressione più pura del “nuovo ordine mondiale” in Italia, è in netta sconfitta e ritirata dappertutto, e questa di per sé non è una brutta notizia. Le balle di Renzi alla fine stanno stancando. Buon auspicio per il referendum di ottobre. Il 5 Stelle, a parte il caso a sé di Napoli, riempie per ora il vuoto con dei veri e propri plebisciti. Peccato che sulle questioni più importanti non sia ancora del tutto chiaro cosa vorranno fare, a cominciare dall’euro. Problemi degli italiani a un certo punto? Per ora purtroppo anche nostri. Speriamo per loro (e per noi) che non si ritrovino un’inutile “Syriza” o “Podemos” o “Labour di Corbin” all’italiana. Sarebbe l’ultima distrazione di massa, ma sospendiamo il giudizio per ora.

Veniamo alla Sicilia, la nostra Patria, che è l’unica che ci interessa veramente. Qui, intanto, come in Italia, la gente per metà non va più a votare. Il 48 % circa dei Siciliani chiamati alle urne ieri è stato a casa. Perché? Perché la politica è vista come lontana, incapace di dare qualsiasi risposta ai problemi veri. La gente intuisce che le vere decisioni sono prese altrove e le elezioni diventano così un inutile rito. E soprattutto, vista la legge elettorale, sa che eleggere un’opposizione comunale non serve quasi a nulla. Tutto il potere nei Comuni, troppo potere forse, è accentrato nei sindaci che hanno piegato il consiglio a una semplice cassa di risonanza del loro volere dentro il quale non c’è più alcuna dialettica politica. Come valutare, comunque, il risultato di queste consultazioni? Abbiamo, qui forse più che altrove, la frana del sistema di potere piddino che regge disastrosamente le fila della Sicilia dai tempi di Lombardo. Mai veramente rappresentativi, oggi sono al lumicino. Alle prossime elezioni regionali, se non spariranno del tutto, insalutati ospiti, lo si dovrà alle truppe cammellate di “Sicilia futura”, quelli che “sono autonomisti ma votano SI'”, i quali riescono ancora ad organizzare qualcosina di voto “strutturato” in grado di salvare qualche trincea.

Ma il destino appare segnato. Il governo commissariale di Roma ha scosso la tradizionale indolenza di un certo elettorato facendo arrivare tutti a un rigetto generale per tutto ciò che “sa di PD”. La bandierina di Canicattì è solo una retroguardia, il messaggio non cambia. Il tentativo mediatico di Renzi e Faraone di far apparire Crocetta come “altro” dal PD per farne un parafulmine non ha funzionato. Il popolo capisce benissimo che sono la stessa cosa. Il “centro-destra”, che qui significa ancora o poco più nient’altro che Forza Italia, non va molto meglio. La frana è ormai irreparabile e se qualcosa si salva (vedi Caltagirone) è perché anche qui le truppe di rincalzo di “Diventerà bellissima” hanno evitato il peggio. La destra, quella che fu del 61 a 0 sopravviverà dunque, ma è condannata all’opposizione. I numeri non li ha più e nessuno potrà cambiare questo dato.

Il vuoto, dove non esistono valide liste civiche, è riempito a valanga dal Movimento 5 Stelle, che si prende tre cittadine importanti e stacca il primo tagliando per Palazzo d’Orléans. Qui l’analisi deve essere attenta, altrimenti si cade in quello che sarà certamente nei prossimi mesi il loro errore: il “delirio d’onnipotenza”. Crederanno che basterà continuare a fare semplice moralismo per andarsi a sedere in ARS con il 60 % dei deputati. E invece non è così. Non è così perché il voto regionale, con una legge elettorale diversa, potrebbe riservare loro brutte sorprese. Ma, soprattutto, non è così perché dai Comuni che amministrano, senza risorse, non potranno dare risposte vere ai cittadini. I Siciliani sembrano un popolo dormiente. Ogni tanto si svegliano, ma è una rivolta che dura poco. Oppure è infatuazione. C’è stato, 25 anni fa, il momento dei sindaci e della Rete, poi rapidamente spento. Poi la fiducia in Forza Italia e Cuffaro, anch’essa oggi al tramonto. Ora è il momento dei grillini; è il loro momento magico. Ma passerà in fretta, come gli altri, senza lasciare traccia. Andiamo sempre per fughe psicologiche, per infatuazioni, cui seguono sistematicamente delusioni e scoraggiamento che generano fatalismo e rassegnazione. Fino all’infatuazione successiva.

Noi sappiamo che il 5 Stelle, che si rifiuta di affrontare la Questione Finanziaria siciliana, la madre di tutte le battaglie, resterà intrappolato dal suo stesso sterile moralismo. Incapace di dare risposte con i soli “tagli agli sprechi”, sarà l’ultima disillusione dei Siciliani. Chissà se questi capiranno allora. E sarà compito nostro farglielo capire. Far capire ai Siciliani che, finché si fideranno dei partiti italiani, per loro non cambierà proprio nulla. Perché questi dovranno dire signorsì a Di Maio e Di Battista, come prima altri lo dicevano a Renzi e ad Alfano.

La Sicilia ha bisogno di una rappresentanza propria e di non farsi derubare diritti e risorse da Roma. La Sicilia da sola può portare l’IRPEF al 20 % e l’IVA al 10 % domani mattina. Con il 5 Stelle al massimo venderanno qualche auto blu e il degrado continuerà a regnare sovrano. Diranno signorsì a chi dirà loro di tagliare spese e servizi, stipendi e redditi, perché così vogliono i “fratelli d’Italia”. Come tutti gli altri. Per noi oggi, purtroppo non cambia molto, almeno nell’immediato, ma in un sistema che crolla c’è la possibilità di lavorare, già da oggi, per un’alternativa siciliana alla partitocrazia italiana. Ed è questa l’unica strada che ci potrà portare alla libertà.

Fonte: sicilianiliberi.org