Moneta intera, euro e democrazia
Guardandoci intorno, nell’area economica che non fa riferimento a questa Unione Europea invadente, assurta oggi a misura di tutto senza averne in effetti alcuna legittimazione democratica, l’euro rimane un controsenso storico, politico ed economico.
Prendiamo ad esempio la Svizzera, e sicuramente non per un improvviso innamoramento di laghi, montagne e cioccolato, ma per l’esigenza di rivedere quei luoghi comuni, da “pane e cioccolata”, che hanno sempre accompagnato la percezione del paese nel nostro comune sentire .La Svizzera, prima di essere un caposaldo storico della finanza mondiale, con annessi e connessi, è soprattutto una grande democrazia. Oggi abbiamo un bel dire a pubblicizzare la democrazia partecipata – l’intervento del cittadino nella vita politica che dovrebbe manifestarsi nella possibilità di partecipare direttamente al processo legislativo, ma noi italiani ci areniamo davanti al “quorum sì quorum no”, all’astensione “partecipativa”, alla grammatica dello stesso quesito referendario che invece di aiutare la scelta, arriva a confonderla quando implica il paradosso di dire sì per manifestare invece il no e viceversa.
Alla fine volendo pur giustificare il nostro estro latino, in effetti siamo costretti a esaltare questo popolo serio che riesce a far decidere al cittadino il passaggio di una strada cantonale oppure la permanenza sul territorio nazionale dello straniero condannato per reati che forse rientrano nell’ordinaria amministrazione di un paese qualsiasi, ma che in Svizzera sono passibili di espulsione. Sicuramente un deterrente al crimine e un obbligo del dovere di osservare le regole.
Lo scorso dicembre, ad esempio, presso la cancelleria federale elvetica veniva depositata un’iniziativa popolare denominata “moneta intera” (Vollgeld- pleine monnaie) che mirava a prevedere che la Banca Nazionale detenesse il monopolio della creazione della moneta. La motivazione era data dall’esigenza di mettere il franco svizzero al riparo dai contraccolpi delle prossime, prevedibili crisi economiche, delegando alla BNS l’emissione non solo della moneta fisica ma anche della moneta nominale.
La motivazione addotta dai presentatori della proposta certamente suona come un encomio dell’istituto centrale, ritenuto il solo in grado di avere una visione macroeconomica di gran lunga superiore a quella delle banche che agiscono semplicemente in settori propria e limitati, aggiungendo che, con il monopolio della BNS, l’intero settore bancario elvetico ne troverebbe giovamento e potrebbe riposizionare gli istituti locali sulle attività territoriali più consone.
Il quesito referendario proposto, alla fine, comporta un interrogativo ormai classico: è meglio avere banche con attività più limitate ma al servizio effettivamente dell’economia e dei bisogni reali, o giganti transnazionali poco gestibili che minacciano permanentemente gli equilibri dei conti pubblici? Il referendum pero non si riduce ad una pura questione di scuola, ma denunzia in generale, la creazione incontrollata di moneta da parte delle banche e l’indebitamento abissale degli Stati, delle organizzazioni e dei privati che solo la creazione della “moneta intera” Vollgeld potrebbe risolvere.
Certo i nostri vicini elvetici hanno tanto da insegnarci. Non soddisfatti della loro tradizionale attività bancaria e attenti alla loro sovranità monetaria, si impegnano anche nell’effettivo esercizio della democrazia diretta attraverso la legislazione per referendum e così indirizzano il dibattito ed il voto conseguente nell’esclusivo interesse della collettività che, da parte sua, ha tutto l’interesse a capire e a partecipare.
Coraggio però, non preoccupiamoci più’ di tanto, lasciamo agli svizzeri la possibilità di regolare il loro quotidiano, anche perché, qui da noi, un tale dibattito sarebbe impensabile, tanto più che noi viviamo sotto un vero regime bancario, regolato dall’euro.
Un dibattito quello intorno all’euro che, oggi come oggi, non può svolgersi senza il pericolo di addurre motivi di becero nazionalismo e colpevole anti europeismo. Eppure interrogarsi almeno sulla valenza della moneta unica sarebbe solo una questione di buon senso.
Già da tempo infatti, prima dell’invenzione di questa moneta senza nazione, gli economisti più illuminati solevano ricordare che se i cittadini comprendessero il funzionamento del sistema monetario, scatenerebbero immediatamente la rivoluzione.
Purtroppo nella ricerca di soluzioni che servano a migliorare le nostre economie, noi europei siamo confrontati ad un doppio problema: l’euro con i suoi corollari e la disfatta della politica.
Certo non sono le uniche difficoltà; c’è il debito pubblico che non è’ un fatto automatico ma è responsabilità di uno stato eccessivamente prodigo ma soprattutto mal governato e, quanto all’euro, c’è quella crisi dei subprime del 2006, i mutui concessi senza garanzie reali che ci ha insegnato che non possiamo più’ fidarci della disciplina dei mercati ne’ dell’auto regolamentazione delle banche.
Questa moneta comune , prestata agli Stati dalla BCE, rimane una moneta fittizia che non poggia su alcun sistema politico stabile e integrato.
Destinata prima o poi ad autodistruggersi, sarebbe saggio prepararsi in tempo alla sua fine e sarebbe operazione di buon governo, per uno Stato che volesse restare sovrano ed indipendente, comprendere la necessità della creazione di un sistema monetario nazionale ed autonomo.
Eugenio Preta