Roma: eliminate Autonomia ed economia, tocca alla Scuola e all’Università della Sicilia
“E’ iniziata la campagna d’Autunno dell’Italia contro la Sicilia. Con la ‘soluzione finale’ per distruggere la cultura dell’Isola. In queste ore il governo nazionale sta provando a deportare al Nord migliaia di docenti. Mentre in 4 anni, unico caso in Italia, ha tolto circa 150 punti organico (cioè l’equivalente di 150 ricercatori) alle Università siciliane per darli alla Lombardia”
Scordiamoci l’idea che l’Italia sia il “nostro” Paese, cari Siciliani. L’Italia ormai da tempo (da sempre dice qualcuno) si comporta apertamente come un nostro nemico, anzi, come il nostro principale nemico. Il nemico non ha considerazione per l’avversario, neanche quando lo sconfigge. Se lo lascia respirare, se non lo umilia troppo, è solo perché ne teme una futura reazione. Ma se l’avversario non reagisce, non si ribella, allora la campagna non ha termine. Finita l’occupazione militare, comincia il saccheggio economico, demografico, culturale, e via via sino all’annientamento fisico ed economico dell’avversario.
L’Italia non è contenta di saccheggiare 10 miliardi l’anno ad una Sicilia esangue. Vuole di più.
Vuole semplicemente la nostra morte. E qui c’entra poco la geopolitica globale, l’Occidente, la globalizzazione, l’UE e la sua austerità, che pure sono causa di mali gravissimi. Tutt’al più questi mali “lontani” sono mali anche per l’Italia che cerca, per quanto può, di scaricarli su tutto il Sud, ma “soprattutto” sulla Sicilia. Al Sud talune atrocità sono risparmiate, a noi no.
Vuole semplicemente la nostra morte. E qui c’entra poco la geopolitica globale, l’Occidente, la globalizzazione, l’UE e la sua austerità, che pure sono causa di mali gravissimi. Tutt’al più questi mali “lontani” sono mali anche per l’Italia che cerca, per quanto può, di scaricarli su tutto il Sud, ma “soprattutto” sulla Sicilia. Al Sud talune atrocità sono risparmiate, a noi no.
Vaneggiamenti di un indipendentista romantico?
Piagnucolare di chi non vuole “rimboccarsi le maniche”? No, assolutamente. Solo fatti. Crudi fatti da mettere in fila senza preclusioni ideologiche.
Piagnucolare di chi non vuole “rimboccarsi le maniche”? No, assolutamente. Solo fatti. Crudi fatti da mettere in fila senza preclusioni ideologiche.
Resta all’Italia un simbolo da abbattere: l’Autonomia. Naturalmente è solo un simbolo. Di essa non resta più nulla e siamo noi per primi a dire che è superata. Di essa restano solo gli svantaggi: ad alcune spese provvede il contribuente siciliano, e non quello italiano, ma, poiché il dipendente in questo caso è naturalmente regionale e non statale, questo è occasione per linciaggio mediatico sistematico e quindi sottrazione di ulteriori risorse. Di tutto il resto nulla. Nulla dell’Autonomia legislativa, finanziaria, esecutiva, giudiziaria, perfino monetaria. Nulla di nulla. Eppure questo simbolo dà fastidio. Nella strategia dell’annientamento totale dell’avversario che non si difende (perché tutti, dico tutti, i partiti rappresentati nel Parlamento siciliano e a Roma, non ci difendono), anche questo simulacro, che ricorda ai Siciliani che “potrebbero essere altro”, va rimosso.
In questa campagna d’autunno si usano diversi strumenti. Il più duro, il più iniquo, che grida vendetta al cospetto di Dio, è la continua e reiterata sottrazione di risorse da tutti i lati. Si lasciano le funzioni e, una ad una, si tolgono agli enti pubblici siciliani, territoriali e no, Regione e Comuni, tutta la linfa vitale per portarla a Roma con il sostegno di un’Agenzia delle Entrate a servizio dello straniero (l’Italia, naturalmente). Si punta a far cappottare sia gli enti suddetti, sia l’economia siciliana tutta che, posta in ginocchio, implorerebbe all’Italia qualche elemosina per sopravvivere. La Voce di New York-Sicilia, sicuramente il più indipendente dei giornali che danno voce alla Sicilia, non fosse altro perché fuori dalla giurisdizione del dominatore (una specie di Radio Londra), ne denuncia una al giorno. Io, da economista, vi giuro che ho perso letteralmente il conto.
Un’altra è l’assoldamento dei Siciliani stessi che più hanno fatto carriera con l’Italia. Se lo dicono i Siciliani stessi che il problema è l’Autonomia, vuoi che non sia vero? E così si sono trovati i servitori della Patria altrui, sotto il nome di Buttafuoco o Pif, di destra o di sinistra, pronti a soffiare sul fuoco che arde la Sicilia. A ogni popolo quel che si merita. In Scozia hanno Sean Connery, che se ne frega dell’Inghilterra. Noi abbiamo figure ameboiche che, quando amano la Sicilia, tacciono spaventati per la loro carriera, quando passano il Rubicone, sputano allegramente sul piatto che li ha nutriti.
Ma non vorrei ci soffermassimo troppo su queste figure. Cosa ti aspetti da un Siciliano che parla o si sforza di parlare con l’accento romagnolo o da un altro che dà della “buttanissima” a Sua Madre? No, loro sono solo guitti, coreografia. La lobby del colpo finale, radicata egualmente nel PD e in FI (perché, sono forse partiti diversi?) sta più in alto. C’è gente, come il sottosegretario Davide Faraone, che deve tutta la propria carriera politica a questa campagna antinazionale. C’è gente come Enzo Bianco che forse avrà giurato da piccolo contro la Sicilia come fece Annibale contro Roma. Questi e altri politici, insieme a forze economiche definite, hanno (secondo loro) fatto precedere dall’assedio economico e dalle punzecchiature dei guitti, la decisiva campagna d’autunno. Non ci credete? Basta leggere l’allucinante intervista di Ivan Lo Bello di qualche giorno fa in cui addita nell’Autonomia l’origine di tutti i mali della Sicilia. Sapete chi è Lo Bello? Non credo ci sia bisogno di presentazioni e di dire chi e cosa rappresenta. Millanta “trasferimenti” a pioggia, del tutto inesistenti, che arriverebbero alla Sicilia. Dice cose del tutto inesatte (non dico la parola appropriata per evitare querele per ingiuria) e poi dice che bisogna (tagliando la spesa) investire sulla cultura e sull’università. Insomma un ragionamento sballato, che non sta letteralmente in piedi neanche in senso semantico-sintattico, ma di cui si capisce benissimo la finalità ultima: Sicilia delenda est!
Qualcuno dirà: “Poco male”. Se la Sicilia autonoma, anche falsamente autonoma, è strangolata, può essere che consegnandoci mani e piedi, con la bandiera bianca alzata, ci sarà riservato un trattamento pietoso. E invece non è così. Sarà anche peggio. E lo dimostra il trattamento riservato alla pubblica amministrazione “a statuto ordinario”, quella cioè che lo Stato non ha mai passato alla Regione. Con una clamorosissima gaffe Pif qualche tempo fa disse che bisognava abolire l’Autonomia perché i treni, in Sicilia, sono lentissimi, dimenticando che le ferrovie non sono regionalizzate, ma sono sotto il ferreo controllo di Roma.
Roma controlla la giustizia, e chiude gli uffici giudiziari.
Roma controlla la polizia, e chiude i commissariati.
Roma, infine, controlla l’Università e la Scuola e le sta facendo chiudere. In 4 anni, unico caso in Italia, sono stati tolti circa 150 punti organico (cioè l’equivalente di 150 ricercatori) dalle Università siciliane e altrettante sono state date alla Lombardia. Tutto il Centro-Sud ha perso circa 700 posti, ma il numero siciliano è quello in assoluto e in relativo più alto, e tutto a vantaggio delle Università del Centro-Nord, o delle scuole “speciali”, sotto diretto controllo governativo, come la Scuola Superiore S. Anna della ex ministra Carrozza. E questo travaso, badate, non è stato fatto per ragioni di merito (più o meno taroccato) o finanziarie. Le università siciliane (Palermo in particolare) avevano i conti in ordine, dopo le cure di austerity da cavallo del Rettore Roberto Lagalla, ma avevano poche entrate per trasferimenti da Regione, privati, tasse universitarie, etc. Tutti fattori di contesto economico, scambiati per “merito”, e tradotti in aggravio. Insomma la Sicilia “a s tatuto ordinario” chiude le università in Sicilia già oggi. E, badate, con il blocco del turn-over le università siciliane non possono assumere neanche quando hanno i fondi. Un po’ come l’allucinante patto di stabilità. Domani chiuderà gli ospedali, anzi lo sta già facendo. Chiude le scuole, deportando i precari al Nord. E così via.
Roma controlla la polizia, e chiude i commissariati.
Roma, infine, controlla l’Università e la Scuola e le sta facendo chiudere. In 4 anni, unico caso in Italia, sono stati tolti circa 150 punti organico (cioè l’equivalente di 150 ricercatori) dalle Università siciliane e altrettante sono state date alla Lombardia. Tutto il Centro-Sud ha perso circa 700 posti, ma il numero siciliano è quello in assoluto e in relativo più alto, e tutto a vantaggio delle Università del Centro-Nord, o delle scuole “speciali”, sotto diretto controllo governativo, come la Scuola Superiore S. Anna della ex ministra Carrozza. E questo travaso, badate, non è stato fatto per ragioni di merito (più o meno taroccato) o finanziarie. Le università siciliane (Palermo in particolare) avevano i conti in ordine, dopo le cure di austerity da cavallo del Rettore Roberto Lagalla, ma avevano poche entrate per trasferimenti da Regione, privati, tasse universitarie, etc. Tutti fattori di contesto economico, scambiati per “merito”, e tradotti in aggravio. Insomma la Sicilia “a s tatuto ordinario” chiude le università in Sicilia già oggi. E, badate, con il blocco del turn-over le università siciliane non possono assumere neanche quando hanno i fondi. Un po’ come l’allucinante patto di stabilità. Domani chiuderà gli ospedali, anzi lo sta già facendo. Chiude le scuole, deportando i precari al Nord. E così via.
In una parola, l’Italia ci sta uccidendo, giorno dopo giorno. E sapete perché? Perché non c’è (ancora) nel Parlamento Siciliano e in quello Italiano una forza autenticamente nazionale siciliana. Quando i Siciliani si sveglieranno e saranno disposti a far cadere i governi italiani allora forse… Ma allora, forse, se saranno così forti, perché restare in questo stato genocida e sleale? A quel punto meglio l’indipendenza, e la libertà finalmente, da queste infami catene.
Intanto prepariamoci alla campagna d’autunno. Noi possiamo fermarli. Uniti siamo imbattibili. Questa è la nostra guerra d’indipendenza. Tocca alla nostra generazione consegnare al macero la Sicilia o scrivere la storia.
Massimo Costa