Ma cosa c’entra, in verità, il nome Borsellino con Crocetta?
Me lo sono chiesto dal primo momento in cui ho visto il nome della dottoressa Lucia nella lista degli assessori. Vanità? Senso del dovere? Di sicuro c’è che Lucia Borsellino non ha onorato al meglio la memoria di suo Padre: un Eroe. L’Eroe che solo il “mal seme di Sicilia”, per dirla con Dante Alighieri, ha potuto martirizzare in combutta, per di più, con uno stato straniero, l’Italia, che della Sicilia, attraverso i suoi complici, siciliani rinnegati, ha fatto strame.
Lucia Borsellino, a cui va comunque, OVVIAMENTE, tutta la mia umana solidarietà per l’abominevole frase che le sarebbe stata rivolta contro, NON avrebbe MAI dovuto accettare quell’incarico assessoriale. NON doveva mettere il suo NOME al servizio (sono convinto che l’avrà fatto per senso del dovere) di una classe politica della quale è giusto diffidare e doveroso stare a distanza di sicurezza.
Non so se quella frase sia stata realmente pronunciata, ma è certo che ha svelato un’altra tessera di quel grande mosaico che si chiama mafia. Quella stessa, per intenderci, che ha brutalmente ucciso Paolo Borsellino e, incredibilmente, lascia ancora a piede (e bocca) libero i tanti Crocetta, Orlando, ecc. che ne hanno cavalcato l’anti e ci hanno fatto carriere sfolgoranti.
Qualche anno fa ho visto il film “La mafia uccide solo d’estate” e m’è rimasto un dubbio: perché non uccide mai i cosiddetti paladini che urlano a squarciagola di combatterla?
Come Rosario Crocetta, appunto. Una macchietta che solo il caso ha potuto mettere al timone di una regione priva di ragione. Lui, che la mafia l’ha sempre combattuta (con la bocca) ora si trova immischiato, se tutto ciò è vero, in un gorgo dalle conseguenze inimmaginabili. Lui, che ha sempre sperato, in cuor suo, di finire ammazzato per mano di un killer dell’onorata società per auto santificarsi definitivamente, sorpreso, ripeto: se è vero, ad ascoltare le confidenze del suo medico che, con puro piglio mafioso, voleva spazzare via Lucia Borsellino come suo padre Paolo.
La difesa di Crocetta, mi sia consentito, è stata puerile, patetica, degna di uno scolaretto sorpreso dalla maestra a fare la pipì nel giardino della scuola anziché nel bagno. S’è aggrappato al “non l’ho sentita”, ma, vivaddio, se il tuo medico personale arriva a confidarti un abominio tale, è giocoforza credere, perlomeno a noi che non abbiamo dimestichezza con l’onestà a singhiozzo, che qualcosa comunque la sapevi.
Poi ha versato la lacrimuccia di circostanza condita con la solita frase assurta a parola d’ordine: “Vogliono farmi fuori perché sono scomodo”. Vogliono chi? I mafiosi? Non credo: l’avrebbero già fatto da un pezzo. Le opposizioni politiche? Impossibile: non hanno idea di cosa fare e l’unica occupazione in cui sono impegnati è quella di contarsi gli emolumenti a fine mese. Chi allora? Facile: il PD. Il suo stesso partito che è in preda alle convulsioni da contrasti interni. Roba vecchia, si può ben dire: a sinistra si litiga per darsi un tono di vitalità, altrimenti l’elettroencefalogramma scorrerebbe piatto come una lastra di marmo. Crocetta, è il PD che vuole farti fuori? Se sì, hai due possibilità: la prima è quella di denunciare chi ti vuole fare fuori, e la seconda di andartene. Per te, antimafioso in servizio permanente effettivo, dovrebbe essere come minimo allergizzante stare ancora dentro ad un partito che usa sistemi mafiosi per eliminare un suo iscritto. Per giunta di spicco.
Se, poi, andandotene dal partito decidessi anche di andare via da Palazzo dei Normanni (e perché no anche dalla Sicilia, ché nessuno ti rimpiangerà), faresti la felicità di tante persone. In primis, il sottoscritto.
Giovanni Cappello