Il parafulmine Crocetta e il genocidio della Sicilia: siamo in guerra, come rispondere?
Oggi il vero problema sul genocidio della Sicilia è la disinformazione. Sembra incredibile, ma per sapere la verità sui conti della Regione i siciliani debbono leggere ‘La Voce di New York’, o ascoltare qualche intervista clandestina nelle Tv locali. Crocetta ha le sue responsabilità. Ma il problema non è solo lui.
Sul supplizio della Sicilia, cioè concretamente di CENTINAIA DI MIGLIAIA DI SICILIANI!, sullo sporco gioco al massacro del Governo Renzi, sulla complicità di un giornalismo compiacente che accrediterà, che sta accreditando, la favoletta della Sicilia “spendacciona” il mio amico Giulio Ambrosetti ha già detto tutto o quasi, rubandomi il mestiere anche sui conti della Regione.
Su questo c’è poco da aggiungere. Forse qualche dettaglio, che non sposta il problema.
Ad esempio, il fatto che i 2 miliardi che sforano secondo Baccei non sono in contrasto con i 5 che lo Stato ha rubato alla Sicilia secondo il corretto calcolo di Ambrosetti: semplicemente quei 2 riguardano i soli tagli incomprimibili senza devastazioni sociali, mentre gli altri 3 Baccei li dà talmente tanto per acquisiti (ad esempio quello sanitario dal 2009) da non farci più caso. Poi ci sono, A PARTE, quelli DA SEMPRE RUBATI per effetto della mancata attuazione dello Statuto. Non due circa (10 che lo Stato deve dare meno 8 che la Regione dovrebbe spendere), ma circa 7, come altre volte ho dimostrato. E a questi sette miliardi non ho mai aggiunto il conto della mancata attuazione dell’art. 37 dello Statuto siciliano (la territorializzazione delle imposte sul reddito) per mancanza assoluta di dati: si va a spanne da un minimo di 2 a un massimo di 4 o 5 miliardi di euro. Quindi, riepilogando, la Sicilia paga la sua appartenenza all’Italia con una bolletta complessiva di 15 miliardi di euro l’anno, tra furti vecchi e nuovi, in sé del tutto insostenibili, un vero genocidio alla luce del sole, perpetrato nella totale ignoranza della quasi totalità degli italiani, che pensano che la Sicilia sia una palla al piede, ma purtroppo anche della maggioranza dei siciliani, ingannati dalla maggior parte dei loro stessi giornali, che ricevono appoggi e finanziamenti da un sistema italiano, tanto da poterli informare solo con la “Voce di New York”, senza alcun filtro né censura. O con qualche intervista semiclandestina che gira nelle TV locali.
Vero, verissimo anche che l’Italia, ormai ben più fallita della Sicilia, sta razzolando 15 miliardi con una manovra recessiva che neanche Monti e la Fornero avrebbero avuto il coraggio di fare, per non far aumentare l’IVA. Insomma i nodi dell’euro vengono al pettine e non se ne esce. Secondo Renzi & Co., quindi, il genocidio del Sud, e della Sicilia in particolare, merita solo un paio di spallucce. Che fare del resto? O fallisce la Sicilia o fallisce l’Italia e, se tanto mi dà tanto, meglio la prima che la seconda.
Pazienza se la Sicilia non sta fallendo per colpa propria, ma per colpa di terzi. Pazienza. Del resto i Siciliani alla corte dello Stato genocida non mancano, da rampanti registi ad altrettanto rampanti politici.
Ma forse è il momento di spostare il focus della Questione dal fatto finanziario a quello politico. Basta scorrere la “disinformatija” italica per capire che già si tenta di trovare un capro espiatorio, un parafulmine. E lo si è trovato. Chi meglio di Crocetta, platealmente “unfit to rule Sicily”, per manifesta incapacità caratteriale, incompetenza economica, fragilità politica? Troppo bello, anzi troppo comodo!
Che succederà infatti se i tanti appelli alle dimissioni di Crocetta avranno successo? Si andrà a nuove elezioni. E se invece saremo commissariati, a parte lo scorno? Si andrà comunque a nuove elezioni. Insomma le elezioni sono l’esito finale e sicuro di tutto ciò? In teoria, c’è il famoso “Piano B” di Crocetta: fare da solo i massacri sociali che dovrebbero fare i commissari, ma anche in questo caso, insomma, lo stesso scenario. La Sicilia sarà impiccata, però possiamo ancora scegliere da chi farla impiccare, però!
E quindi? Se sale un Faraone qualunque, o un Musumeci qualunque cosa cambierà? Forse la Sicilia vedrà rispettato il proprio Statuto? Forse l’Italia smetterà di distrarre tutte le nostre risorse fiscali, lasciando qua solo cumuli di macerie e rifiuti? No, non cambierà niente, proprio niente. E allora perché oggi dovrei prendermela con Crocetta? Per fare contento Renzi? Non è che ci stanno, poco poco, strumentalizzando?
Se poi vogliamo parlare concretamente di alternative, allora il discorso potrebbe essere diverso. È possibile una Sicilia diversa dalla miserabile colonia d’Italia che oggi conosciamo? Questo è il vero tema. E se sì, chi dovrebbe guidarla? Il Movimento 5 Stelle? Hanno avvistato con chiarezza la Questione Siciliana oltre alla raccolta differenziata, le piste ciclabili, gli stipendi dei deputati o le auto blu? Lasciatemi quanto meno il beneficio del dubbio. La Lega? Proprio in Sicilia? No comment. I Sindaci? Quali? Quelli “à la Orlando” o “à la Amenta”? Sono due categorie del tutto diverse, praticamente con obiettivi di fondo diversi. Ce lo vedete Orlando che dichiara guerra all’Italia? Io no, perché di questo c’è oggi bisogno. C’è, infine, qualcosa che si muove sul fronte del Nazionalismo Siciliano. Sarebbe da ‘attenzionare’ con molto interesse, ma se non si salderanno con le parti sociali e almeno con “alcuni” sindaci, c’è oggettivamente il rischio della marginalità. Ma non è che l’unica alternativa, l’unica vera posta in gioco oggi sia proprio questa? E cioè la costruzione, per quanto difficile, di una rappresentanza politica che sia espressione della Sicilia e non più dei partiti italiani?
Perché se il problema lo riduciamo ancora una volta all’alternativa destra-sinistra, anche con le varianti “antisistema” date dai partiti “italiani”, non ci siamo, non ci siamo proprio. Se tutto il problema sono le dimissioni di Crocetta per fare un piacere a Faraone o a chicchessia, mi dispiace, non sono interessato. E non mi faccio prendere in giro certo dai vari “Istituti Luce”.
E, per inciso, non mi aspetto niente di buono neanche dal Siciliano che sta al Quirinale. Per carità, vorrei sbagliarmi e chiedergli pubblicamente scusa, non si sa mai. Ma ha avuto decenni per aiutare la propria terra. Ora si dovrebbe svegliare? Bene, mandi un messaggio alle Camere, facendo seguito a quello di Gronchi del 1957, con il quale il suo predecessore chiese di “rinviare” la nomina dei giudici mancanti in attesa di un coordinamento tra le funzioni della Corte Costituzionale e quelle dell’Alta Corte per la Regione siciliana. Un messaggino semplice semplice, con cui dica che “visto che in 60 anni non avete fatto ancora nulla, per favore, procedete alla nomina dei Giudici, per il coordinamento ci sarà tempo”. Lo farà? No! E allora, di che stiamo parlando? Non ci servono i siciliani che fanno carriera a Roma, ci servono i Siciliani che stanno al fronte in Sicilia. Ci servono i Siciliani che si accontentano di stipendi più bassi, ma che non piegano la testa.
Qui o ci ribelliamo noi, con un Nuovo Vespro, o facciamo una brutta fine. L’Italia ha dichiarato guerra alla Sicilia, noi che facciamo? Ce la prendiamo con Crocetta? Ma allora non “ci facciamo”; “ci siamo” proprio.
Massimo Costa