Sotto un albero di Natale
Tra scintillii di luci e lampioni, nell’aria di città vestite a festa, agli angoli delle strade e delle vetrine colorate, tra le morse di una crisi che è diventata globale, avanza la fredda stagione pigra ancora a guadagnare al tempo cappotti e sciarpe di lana mentre sfilano inesorabili le ore che ti avvicinano alla cerimonia di un ritorno sempre più improbabile.
Abbiamo cullato nella nostra mente, siciliani della diaspora, progetti e voglie di regali, nel ricordo di luoghi e di madri ormai lontane, e non ci accorgiamo, distratti viaggiatori della vita, del passare del tempo, del trascorrere di un tempo che è solo nostro e ci appartiene interamente.
Impauriti spettatori, siamo noi parte del tempo che vola via sulla storia, dileguato sui propositi incompiuti di rivoluzione, fuggito sulle note di musiche già ascoltate, scivolato via sulle intenzioni di vita insoddisfatte, e ci mettiamo di fronte alla memoria ricordandoci finalmente che parte di questo tempo rappresenta il nostro vissuto, le nostre speranze, i nostri amori, i nostri figli, i ritmi consueti, le cose in cui abbiamo creduto e in cui, nonostante tutto, continuiamo a credere.
E ci affacciamo curiosi dal ponte sotto cui scorrono le acque della nostra storia personale, calme o agitate,il resoconto più calzante delle nostre storie quotidiane.
Favole ed incantesimi hanno ormai lasciato il posto al freddo cinismo dell’uomo e alle leggi implacabili della realtà. I regali che una volta affidavamo a Babbo Natale restano ora in misteriose borse di cuoio, i giochi e le rincorse affannose dietro i sogni della gioventù hanno ceduto il posto ai fantasmi del giorno, al calcolo ragionato del quotidiano, al bisogno del padre, alla raccolta dei figli, alle tavole imbandite della festa e purtroppo anche ai cordogli del dolore.
Riflette lo specchio un’immagine che stentiamo a riconoscere, ridisegnato dalle pieghe del tempo, nei lampi neri di occhi velati da cristalli ogni anno più potenti.
Abbandonate le notte dai sogni, saltiamo fuori dal letto all’alba origliando ai rumori della strada e quando negli occhi dei nostri figli leggeremo la voglia di favole, non sprechiamo quel loro privilegio e facciamo in modo che riescano a mantenerlo ancora a lungo.
Dipenderà da noi.
Davanti alle luci di un albero di Natale e ai pastori erranti di un presepe, rifocilliamo la loro voglia di favole con i racconti della nostra terra, i resoconti delle nostre avventure, della nostra gioventù trascorsa negli odori di un’estate infinita, nel sapore del sale, della calura appiccicata alla pelle, nei sogni che sono stati nostri, negli ideali in cui abbiamo creduto, nelle voglie che ci hanno fatto adulti.
Gente distratta, penseremo allora di essere tornati indietro nella memoria di un mare lontano, di uno stretto infinito, di un gioco perduto nelle curve della vita.
eugenio preta