Il regalo del tempo
Il tempo, lo sappiamo tutti, ha le sue regole, si abbatte sulla nostra società, sui suoi ritmi consolidati, li muta, li cancella, li rinnova. Quello che era giusto ieri può non esserlo più l’indomani stesso; quello che ci attira in un dato momento può respingerci in seguito, e viceversa.
Così cambiano le esigenze della società, si trasformano gli stessi connotati sociali, i modi di agire e finanche la scala di valori e di norme che hanno resistito per anni e che ora invece ricevono spinte e pulsioni tali da esigere un mutamento proprio per allinearsi ai nuovi modelli che la gente si vede imporre non per libera scelta ma, in definitiva, da questa entità che chiamiamo tempo.
Lo stesso corpo umano pare subisca una mutazione fisiologica ogni nove anni, si inquarta cioè o si affusola, si trasforma in ogni caso, e riflette un nuovo aspetto che spesso poco coincide con l’immagine originale. E la nostra società contemporanea, che delle mutazioni imposte dal tempo è lo specchio più fedele, cambia, si trasforma ed ha bisogno di adeguarsi ai nuovi parametri del gusto, del comportamento, delle mode che proprio il tempo impone.
Le scienze umane, indubbiamente nell’andare degli anni, si sono rivoltate e piegate a nuove esigenze, dettate – io spero – da processi coscienti di riformulazione logica e dall’adeguamento consapevole alle nuove conoscenze che scienza e tecnica ci hanno regalato, ma anche, ed è veramente disarmante, alle mode che media e tivù hanno imposto ai gruppi sociali tutti, senza graduazioni gerarchiche né di età, né di cultura.
E’ patetico oggi, ad esempio, vedere sulle reti di informazione sociale vecchie foto di genitori e fidanzate o panoramiche di compagni di scuola sorridenti e fissati dall’immagine in un momento irripetibile della vita di ognuno di noi, lontano pero’ e perduto nel ricordo. Suscita tenerezza certo, ma impone anche una riflessione sul tempo che passa e sulla qualità delle trasformazioni che comporta.
I racconti del nostro quotidiano, ad esempio, hanno imposto ormai in primo piano i fatti politici come materia di discussione e di attualità, così è proprio la politica che riflette il più fedelmente possibile il passaggio del tempo e la trasformazione di sensibilità dei cittadini.
Una volta c’erano i partiti, associazioni di sensibilità politiche identiche, inquadrati in vere e proprie gerarchie che riflettevano l’antica divisione della società umana, via via trasformata dagli avvenimenti ma più sicuramente proprio dal tempo.
Tutti ricordiamo la vecchia democrazia cristiana, il partito comunista, il movimento sociale,il compromesso storico, il pentapartito, potere operaio, il fronte della gioventù, fanno parte della memoria di una generazione a cui , a sua volta pero’, il tempo, aveva già confuso i riferimenti, come del resto aveva fatto con la precedente. Resta che forse perché l’informazione era meno completa e variegata, sembrava che i protagonisti di allora appartenessero ad un altro mondo, esulassero dalla normalità, fossero in un certo qual modo “straordinari”. Anche la moda ci rifletteva serie grisaglie e pettinature a modo, un perbenismo sicuramente di facciata che pero’, osservando la forma ricercata lasciava immaginare altrettanta sostanza.
Oggi i partiti non ci sono più’, e chi tenta di rifondarne di nuovi, si scontra con il disinteresse della gente. Il miracolo economico di una volta, le conquiste dello stato sociale di solo qualche anno fa, il tempo li ha trasformati in disoccupazione, crisi e economica, rom e clandestini. Berlusconi o Renzi ci sembrano oggi la faccia di una stessa identica medaglia, mentre nel passato gli antagonisti si distinguevano per visioni differenti della società e del modello socio-politico ed economico proposti.
Oggi basta una rete di collegamenti virtuali per creare l’illusione di un movimento d’opinione. La sola cosa che conti e che ripaghi è il rifiuto dell’attuale classe politica che dirige il Paese (con ragione, aggiungerei, visti gli sfasci che la politica è riuscita a creare ma soprattutto i “nani e le ballerine” che si sono imposti nella sfera economica, politica, sociale e pure, purtroppo morale e spirituale).
Una volta c’era la famiglia, il padre e la madre che ora si chiamano genitore 1 e 2 , il rito del pranzo quotidiano ed il conseguente scambio quotidiano di riflessioni tra padri e figli, oggi c’é lo snack consumato in piedi e al volo in una pausa sempre più breve dall’attività quotidiana, la tivù’ rimane sempre accesa o peggio il tablet e l’i-phone restano perennemente collegati a giochi e discussioni di un mondo virtuale. Così si perde la conoscenza degli altri, ci si isola in un microcosmo di “virtualità” e di facezie.
Come puoi parlare a tuo figlio di umanità, di valori e riferimenti culturali se l’immagine che riflette questa società è la bonazza del Grande fratello o il cantante che insegue su X factor la sua occasione per fare quel salto di qualità esitenziale che una volta era conseguenza di studio, impegno e applicazione? Certo ora tutto sarà diventato pure più facile , illusoriamente più accessibile, ma anche irrimediabilmente più’ lontano, più freddo e meno umano.
La società perde quel legame che vincolava le generazioni e per la strada impera maleducazione e cattiveria. Gli sguardi della gente che incontri in metropolitana non sono più’ amichevoli, simpatici né trasmettono solidarietà. Sembra di camminare tutti su un filo teso e cercare continuamente di gettare giù’ il vicino per avere più’ spazio e liberare il proprio egoismo.
E’ sempre più difficile parlare di amicizia, di sensibilità, ma anche di devozione e di amore.
Una volta c’era pure la porta di una Chiesa che ti accoglieva quando ritenevi di dover fermarti un momento a mettere ordine alla tua coscienza. Oggi quelle porte osservano gli orari d’ufficio, 9/12, 15/18 ed il tuo bisogno di divino deve fare i conti con la disponibilità di un parroco troppo vecchio o troppo straniero per comprendere i tuoi dubbi.
Anche la Gerarchia confonde le tue convinzioni. Forse è segno dei tempi, ma ora interviene nella sfera quotidiana ed orienta il dogma di fede secondo le esigenze della modernità; non cerca di analizzare la mancanza ormai di vocazioni o lo smarrimento dei fedeli, ma interviene nel sentire pubblico, cerca di orientare senza aver prima pensato alle conseguenze che un cambiamento a 360° potrebbe causare. Così parla di matrimonio e lo adatta ai tempi “miseri” cerando di salvare qualcosa ma in effetti perdendo tutto quello che il tempo aveva costruito; parla di religioni e banalizza quella propria per non distruggere le altre, storicamente e indubbiamente meno evolute, interviene infine per togliere legittimità ad istituti certamente umani ma necessari in una società non più “perfetta” ma in continua regressione.
Pentimento e pena sono banditi, non esistono più le vittime ma tutto l’interesse si riversa sulla schizofrenia del criminale di cui si discutono le ragioni profonde anche quando queste non ci sono. I valori e le norme del vivere civile ordinato dalla legge subiscono così un forte contraccolpo e noi miseri umani rimaniamo vacillanti, esterefatti e confusi.
eugenio preta