TTIP, il trattato che segnerà la resa dell’Europa

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Il TTIP, farà cessare ogni diritto inerente lo stato sociale, farà trionfare quel sistema mondialista in cui si è destinati a lavorare di più ed a guadagnare di meno, in cui in nome del profitto tutto deve essere liquido, flessibile e precario; l’Europa, dalle novità di un trattato transatlantico economico, rischia di subire lo tsunami di un oceano del tutto diverso da quello in cui da secoli è abituata a navigare.

Se fino ad adesso possiamo solo supporre, per via di oggettivi dati di fatto, che l’Europa è al servizio degli USA, fra non molto tempo, lo si potrà conclamare ufficialmente e con tanto di trattato e ratifica ufficiali, dal nome di TTIP, ovvero Transatlantic Trade and Investment Partnership. Un nome che dice già molto, forse già tutto ed evoca l’abbattimento di ogni barriera commerciale tra le due sponde dell’Atlantico; insomma, i mercati di USA e UE saranno uniti, senza più interposizioni.

I neo liberisti, spacciano tutto ciò come un qualcosa di profondamente romantico, un avvicinamento tra due grossi mercati, che fondendosi andranno ad occupare, per il momento, il 60% del commercio mondiale; ma nella realtà, tutto è tranne che un qualcosa in cui poter trovare elementi positivi per l’Europa. Levando dogane e barriere tra America ed Europa, ecco che vi sarà il via libera alla definitiva invasione di multinazionali nel vecchio continente; accomunate da un unico mercato, agli occhi del resto del mondo USA ed UE saranno la stessa cosa, la stessa entità, con il moribondo continente europeo inghiottito dal pesce a stelle e strisce.

Anche perché, in scala più ridotta, noi europei abbiamo già la dimostrazione che libertà nel mercato, vuol dire far vincere il più grande, anzi farlo del tutto stravincere, uccidendo il più piccolo. Grecia, Spagna ed Italia, soccombono, in un mercato unico, alla Germania; le piccole aziende, vengono surclassate dalle multinazionali; gli asset industriali dei paesi in sofferenza, svenduti, con la scusa di un’altra parola romantica, ossia quella di “privatizzazioni”, ad aziende di stati stranieri.
Se già tutto questo avviene su scala europea, le conseguenze per la moribonda Europa su scala transatlantica sono ben immaginabili. A Bruxelles, al posto della bandiera blu a dodici stelle, potrebbe far bella mostra di se la bandiera bianca di resa; l’Europa, il continente che ha scritto la storia, adesso ammaina i propri vessilli a favore dell’unione con un altro continente, a favore insomma di una fusione che puzza molto di rinuncia. Rinuncia alla propria storia, alla propria economia, alla propria sovranità, parolone che ormai i burocrati di Bruxelles hanno messo all’indice nero dei termini impronunciabili.
Ma c’è dell’altro. Il TTIP, farà cessare ogni diritto inerente lo stato sociale, farà trionfare quel sistema mondialista in cui si è destinati a lavorare di più ed a guadagnare di meno, in cui in nome del profitto tutto deve essere liquido, flessibile e precario; l’Europa, dalle novità di un trattato transatlantico economico, rischia di subire lo tsunami di un oceano del tutto diverso da quello in cui da secoli è abituata a navigare. Un oceano americano, in cui tutto è delegato alle multinazionali, in cui tutto passa dalla ragione del guadagno ed in cui ogni spesa per il sociale viene vista come un ignobile intromissione dello stato nel mercato; non è bastata, ai fautori del nuovo ordine mondiale, la crisi provocata ad arte nel 2007 per giustificare la progressiva demolizione del welfare state. Adesso si osa anche di più: si vuole introdurre un trattato palesemente scritto da burocrati ed affaristi e non da parlamentari e politici; tutto questo comporta anche un’altra simbolica aberrante novità.
La fine del ruolo dello Stato, relegato ai margini dell’attività di decisione; come, del resto, lo è già da almeno due decenni, ma adesso saranno le carte a decretarlo e non più la visione di chi non si è arreso alla miopia indotta che non ha fatto vedere ai popoli gli sconvolgenti disegni che adesso si stanno mettendo in pratica. A livello di tempistica di realizzazione del progetto del TTIP, si parla di metterlo in atto già nei prossimi cinque anni: non si vuole perdere tempo, del resto USA e UE sono le due malate del contesto internazionale, tanto da far temere loro una repentina avanzata del blocco euroasiatico formato da Russia e Cina, i cui scambi sono destinati ad aumentare dopo le sanzioni imposte dalla NATO a Mosca a seguito della recente crisi in Crimea.
La speranza, potrà essere riposta soltanto in un repentino risveglio dei popoli europei; non basterà forse essere solo euroscettici, bisognerà iniziare a ragionare anche in chiave “atlantoscettica” o, più semplicemente, forse questi due termini potranno essere sostanzialmente dei sinonimi.

Mauro Indelicato