Inutile girarci introno, Mare Nostrum è una operazione politica tipicamente italiana che fa tanto umanità e sociale ma che probabilmente ha altri fini inconfessabili, che sta producendo una vera e propria invasione dal mare e, soprattutto, un numero impressionante di morti in mare. L’Italia ha aperto un varco attraverso il quale centinaia di migliaia di persone sanno di poter passare per raggiungere le coste italiane ed europee.
Inoltre, non è ancora stato chiarito se ai comandanti della navi militari è stato imposto di portare i naufraghi in Italia oppure attenersi alla legge internazionale del mare.Ormai da mesi, dopo ogni “salvataggio”, ma sarebbe meglio chiamarlo “appuntamento” prefissato in mare dalle bande di negrieri che mettono a disposizione dei “passeggeri” anche il telefono satellitare con tanto di numero di amici, parenti o addirittura della capitaneria di porto, da contattare …, la Marina Militare porta in Sicilia tutti i clandestini, dove si mette in moto la “grande” macchina delle associazioni di “accoglienza” che negli ultimi due anni sembra siano aumentati di molto nel numero e negli addetti.
Secondo il diritto internazionale, “legge internazionale del mare”, i naufraghi vanno accompagnati nel porto “più vicino” al naufragio o presunto tale. Nel caso dei trasbordi effettuati dalla Marina Militare, dal punto in cui hanno imbarcato le persone in pericolo o che si presume essere in pericolo.
La maggior parte dei “trasbordi” in mare avviene distante dalle acque territoriali italiane e molto vicino a quelle libiche. Quasi sempre, in zona di competenza SAR libica.
L’Italia, per decisione del governo, quindi senza passare da un dibattito parlamentare, ha deciso in autonomia l’attivazione di una operazione definita di controllo ma che in realtà è un vero e proprio “invito” all’immigrazione clandestina, considerato che ormai, Mare Nostrum, è il punto di approdo chi vuole venire illegalmente nel nostro paese.
In Africa il messaggio è chiaro: partire pure, ci sono le navi miliari italiane che poi vi vengono a prendere in mezzo al mare.
L’Italia si lamenta di essere lasciata sola, ma, “La Convenzione di Montego Bay del 10 dicembre 1982 (Unclos) costituisce la fonte primaria del diritto internazionale del mare. L’art. 311 dispone, infatti, che sono salvi soltanto gli altri accordi internazionali compatibili con la Convenzione stessa. Due o più Stati – continua l’art. 311 della Convenzione sul diritto del mare – possono concludere accordi che modifichino o sospendano l’applicazione delle disposizioni della Convenzione e che si applichino unicamente alle loro reciproche relazioni, solo a condizione che questi accordi non rechino pregiudizio ad una delle disposizioni della Convenzione, la cui mancata osservanza sarebbe incompatibile con la realizzazione del suo oggetto e del suo scopo e, parimenti, a condizione che questi accordi non pregiudichino l’applicazione dei principi fondamentali della Convenzione e non pregiudichino anche il godimento dei diritti o l’adempimento degli obblighi degli altri Stati derivanti dalla Convenzione stessa. Questo principio di compatibilità non entra in discussione qualora la medesima Convenzione di Montego Bay richiami e confermi espressamente accordi internazionali in vigore o ne auspichi la stipulazione con riferimento a specifici settori”.
Con l’entrata in vigore (luglio 2006) degli emendamenti all’annesso della Convenzione Sar 1979 (luglio 2006) e alla Convenzione Solas 1974 (e successivi protocolli) e con le linee guida – adottate in sede IMO lo stesso giorno di approvazione degli emendamenti alle convenzioni e protocolli – viene fatta maggiore chiarezza sul concetto di place of safety e sul fatto che la nave soccorritrice è un luogo puramente provvisorio di salvataggio, il naturale “termine” dell’operazione di soccorso si realizza con lo sbarco presso il porto più vicino all’accaduto.
Ora, poiché secondo quanto emerge non solo dai comunicati e non solo, i trasbordi dalle carrette del mare avvengono sempre più spesso distanti dalle coste italiane e a poche miglia dalla costa libica, secondo il diritto del mare, i comandanti delle navi militari italiani avrebbero l’obbligo di trasportare soccorso dei naufraghi o presunti tali, e trasportarli presso i porti libici di Benghasi, Misurata, Tripoli o Sirte.
Ed allora, la domanda che sorge spontanea è: lo stato italiano ha imposto ai comandanti delle navi militari la violazione delle norme del diritto internazionale del mare ?
Abbiamo chiesto allo Stato Maggiore della Marina di chiarire, ma dopo averci assicurato una risposta entro la giornata di lunedì 16 nessuna dichiarazione ci è stata fornita. Per correttezza abbiamo atteso qualche giorno in più, ma niente.
Ci auguriamo che lo Stato Maggiore della Marina voglia chiarire se i comandanti hanno ricevuto ordini di trasporto in Italia in violazione delle leggi del mare, e quindi scopriremmo finalmente le carte governative, oppure è una loro “autonoma”, ed in questo pensiamo caso illegittima decisione che va contro il diritto internazionale del mare.
Michele Santoro
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