Riflessioni a margine della bozza di Statuto della Regione Sicilia:
“La Regione Sicilia e l’ordinamento comunitario”. (Francesco Antonino Cancilla)
1.- La Commissione parlamentare regionale per la revisione dello Statuto della Regione Siciliana sta attualmente esaminando il disegno di legge n. 580 proposto dal suo Presidente, On. Leanza; trattasi di una bozza di revisione dello Statuto, che è stata redatta con la consulenza dei Professori Pitruzzella e Natoli incaricati della medesima Commissione speciale. Tale bozza non comporterebbe una sostituzione dell’attuale Statuto, ma ne modificherebbe la maggior parte degli articoli.
Ciò premesso, si precisa che il presente contributo si occuperà dei rapporti fra la Regione Sicilia e l’ordinamento comunitario alla luce delle disposizioni di tale bozza di Statuto, che, dopo un lungo iter parlamentare, potrebbe riformare le regole fondamentali dell’autonomia siciliana.
E’ bene chiarire che in questo contributo si intenderà per “normativa di matrice comunitaria” sia la normativa europea secondaria (direttive e regolamenti) sia gli atti interni (leggi e regolamenti) emanati per il suo recepimento.
In via preliminare, può valutarsi positivamente il fatto che la bozza di revisione dello Statuto dia rilievo ai vincoli comunitari; ciò, da un lato, manifesterebbe un’essenziale volontà di rispettare tali obblighi, dall’altro lato, celerebbe il timore di una scarsa attività di recepimento legislativo e di applicazione amministrativa. C’è peraltro qualche norma, che, pur risultando superflua, tuttavia potrebbe rafforzare la lealtà comunitaria della Regione, soprattutto dei suoi apparati burocratici; si pensi all’art. 6 della bozza, che aggiunge allo Statuto l’art. 11 bis, che stabilisce l’obbligo dell’interpretazione della normativa in maniera conforme ai principi del diritto comunitario.
2.- L’attività normativa regionale e il diritto comunitario.
Conviene adesso soffermarsi nell’esame dell’articolato. Innanzitutto, spicca l’art. 1 c. 4, che riformula e sostituisce l’art. 4 dello Statuto; si prevede che in seno all’Assemblea Regionale Siciliana sia costituito un organo tecnico, che, fra le altre attribuzioni, si occupa pure di verificare che i progetti di legge rispettino gli obblighi comunitari. E’ inoltre previsto che ogni proposta di legge debba chiaramente indicare i rapporti con il diritto comunitario. Tutto ciò attiene sia alla fase di recepimento della normativa comunitaria sia all’attività legislativa “autonoma” della Regione, che talvolta potrebbe violare indirettamente le disposizioni comunitarie.
Sarebbe stato opportuno aggiungere qualche attribuzione; per esempio, tale organo tecnico potrebbe periodicamente valutare lo stato della legislazione e sottolineare gli interventi necessari sia per un puntuale adempimento degli obblighi comunitari sia per un costante adattamento ai principi enunciati dalla Corte di Giustizia nelle sue sentenze.
Nella nuova formulazione del comma 6 dell’art. 4 si stabilisce che il regolamento dell’Assemblea Regionale debba prevedere una corsia preferenziale per i disegni di legge di iniziativa della Giunta legati all’attuazione del suo indirizzo politico. Un analogo percorso dovrebbe introdursi, a prescindere dal soggetto proponente, per tutti i disegni di legge che siano espressamente finalizzati al recepimento della normativa comunitaria e che, dunque, trovino in essa la loro ragion d’essere. In altri termini, si tratta di disgiungere la “corsia preferenziale” dall’organo proponente, sicchè l’intera Assemblea, anche l’opposizione, risulterebbe investita del compito di assicurare l’adempimento degli obblighi comunitari.
Secondo l’art. 6 c. 1 della bozza, che aggiunge l’art. 11 bis allo Statuto, gli atti normativi regionali devono essere interpretati in maniera conforme al diritto comunitario. Questa norma potrebbe apparire superflua, anche perchè un obbligo di tale genere discende sia dai Trattati sia dalla stessa Costituzione. Essa fa tuttavia comprendere l’esistenza di una pubblica amministrazione (regionale e locale) ancora lenta e, talvolta, inefficiente nell’applicazione della normativa di matrice comunitaria anche a causa di una sensibilità europea non molto sviluppata. Le disposizioni in oggetto, allora, potrebbero contribuire a rafforzare tale sensibilità, che oltretutto dovrebbe ispirare le stesse proposte di legge, così da assicurare “a monte” la compatibilità dell’ordinamento regionale rispetto ai principi comunitari.
L’art. 12 della bozza introduce nello Statuto l’art. 12 sexies. Si prevede il potere di rinvio dei testi di legge da parte del Presidente della Regione anche in relazione agli obblighi comunitari. Sarebbe preferibile una diversa formulazione, che includa sia gli obblighi sia i principi comunitari; a tal proposito, va ricordato che il principio giuridico è spesso ritenuto meno cogente rispetto agli obblighi. In altri termini, benchè il collegamento ai principi comunitari possa far assumere al potere di rinvio un carattere indefinito –e tale è in effetti la natura dei principi-, potrebbe nondimeno assicurare la coerenza dell’ordinamento regionale, prima ancora dell’entrata in vigore delle leggi.
L’art. 18 della bozza aggiunge un 4° comma all’art. 19 dello Statuto; si stabilisce che il Regolamento dell’Assemblea debba assicurare tempi certi e rapidi per l’approvazione di alcuni disegni di legge. Sarebbe opportuno estendere tale previsione pure per i disegni di legge che sono finalizzati all’attuazione di obblighi comunitari; al riguardo, per arginare la propensione dell’Assemblea per le cd. “leggine”, si potrebbe prevedere un apposito strumento annuale di recepimento: quasi una sorta di legge comunitaria annuale. In virtù della sua funzione tale legge potrebbe soddisfare diverse finalità; costituirebbe un organico quadro di riferimento per l’attuazione degli obblighi comunitari e la modifica costante dell’ordinamento regionale; permetterebbe un’organica ricognizione dell’assetto normativo interno, consentendo all’Assemblea un attento dibattito che la possa effettivamente rendere consapevole della cd. fase discendente del diritto comunitario. Tale fase, altrimenti, sia per la predisposizione dei disegni di legge, sia per i numerosi regolamenti della Giunta, vedrebbe come unico soggetto attore il Governo Regionale.
3.- Competenze statali e competenze regionali.
L’art. 17, che introduce l’art. 17 bis nello Statuto, formula in termini assai particolari la clausola di attribuzione delle competenze residuali. L’art. 117 Cost. prevede infatti che: “Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”. L’art. 17 bis prevede che: “Nelle materie non espressamente riservate alla legislazione dello Stato, la Regione esercita la potestà legislativa nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. La particolare formulazione sembra sottolineare le ampie competenze legislative della Sicilia e anche la volontà di rispettare i vincoli comunitari.
L’art. 21 bis, introdotto dall’art. 20 della bozza, prevede che: “La Regione, tranne che nelle materie di competenze legislativa esclusiva dello Stato, partecipa alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvede all’attuazione degli atti dell’Unione Europea”. L’art. 117 comma 5 della Costituzione ha invece una diversa formulazione: “Le Regioni e le Province autonome, nelle materie di loro competenza, partecipano alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione Europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato”. La bozza, innanzitutto, sembra evidenziare il carattere generale della competenza comunitaria della Regione Sicilia; dall’altro lato, però, il testo non fa cenno agli accordi internazionali, riprendendo la questione soltanto dopo in materia di commercio estero. A tale lacuna, allora, si potrebbe sopperire attraverso un’interpretazione estensiva, che ricomprenda nell’espressione “atti dell’Unione Europea”, anche gli accordi internazionali. Si può notare che sia il testo della bozza sia le disposizioni costituzionali pongono ma non risolvono il problema della partecipazione delle Regioni alla fase ascendente, cioè della formazione del diritto comunitario.
Nello stesso art. 20, a proposito dell’attuazione degli atti dell’Unione Europea, non è stata riprodotta l’espressione “nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato”; in effetti, -come osservato dalla dottrina più attenta- bisogna assicurare subito l’adempimento degli obblighi comunitari, senza attendere un’apposita legge dello Stato, che fissi regole procedurali. La bozza riconosce peraltro il potere sostitutivo dello Stato, secondo modalità fissate da legge statale, nei confronti della Regione Sicilia in caso di sua inadempienza nell’adempiere gli obblighi derivanti dall’ordinamento comunitario.
Qualche perplessità nasce tuttavia dal secondo comma dello stesso art. 21. Nella relazione della bozza, infatti, si afferma: “L’art. 20, relativo al potere estero della Sicilia, si spinge oltre rispetto al disposto dell’art. 117 della Costituzione, ultimo comma, affidando alla Regione Siciliana, senza bisogno di una legge statale che ne disciplini i casi e le forme, il potere di stipulare accordi con Stati ed enti territoriali interni ad altro Stato”. La disposizione della bozza prevede pure che: “Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato”. Malgrado le affermazioni della relazione alla bozza, il silenzio dell’art. 21 non consente una gestione dei rapporti esteri che prescinda sia da una specifica legge dello Stato, sia dall’osservanza dei principi di legislazione ordinaria desumibili dall’ordinamento interno nel campo della potestà estera delle Regioni.
Qualche ulteriore dubbio sulla reale concretezza delle previsioni della bozza nasce dalla lettura dal terzo comma, secondo cui: “La Regione è anche rappresentata nell’elaborazione e nella sottoscrizione dei progetti dei trattati di commercio che lo Stato intenda stipulare con Stati esteri in quanto riguardino scambi che siano comunque di interesse della Sicilia”. Orbene, la materia del commercio estero presenta forti ripercussioni anche nei rapporti con l’ordinamento comunitario, poichè i trattati commerciali dei singoli Stati devono rispettare la normativa comunitaria e gli accordi conclusi dall’Unione Europea. La stessa Unione, anzi, sempre più frequentemente, rappresenta in maniera unitaria gli Stati o si affianca a questi in seno all’OMC. In ogni caso, l’espressione “commercio estero” è equivoca, poichè, in effetti, dovrebbero includersi pure gli accordi conclusi con altri Stati comunitari al di fuori della cornice europea. Va comunque evidenziato che gli accordi della Sicilia relativi al commercio estero non possono violare la normativa comunitaria e i principi della legislazione nazionale.
Tale situazione induce pertanto ad una sintetica ricostruzione sistematica; a tal riguardo, occorre rammentare che, secondo il citato art. 117 comma 5 della Costituzione: “…Le Regioni e le Province autonome partecipano alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione Europea, nel rispetto di norme di procedura stabilite da legge dello Stato”. Il riferimento alle Province autonome fa capire che la previsione dell’art. 117 comma 5 riguarda pure le Regioni a statuto speciale. Tale estensione della portata applicativa della norma non è casuale, posto che soltanto lo Stato è eventualmente responsabile nei confronti dell’Unione Europea, sicchè si rende necessario assicurare ex ante forme di coordinamento e di controllo sulle “politiche esterne” delle Regioni. Tutto ciò spiega per quale motivo compete allo Stato la potestà legislativa concorrente nelle due materie “trasversali” dei rapporti delle Regioni con l’Unione Europea e del commercio estero. Resta per fermo che i rapporti dello Stato italiano con gli altri Stati e con l’Unione Europea, in ogni caso, sono oggetto di legislazione esclusiva. Viene a rilievo, dunque, non solo un problema di chiarezza dei rapporti esterni, ma soprattutto una questione di coerenza dell’ordinamento e di leale cooperazione.
Potrebbe pertanto suggerirsi che, da un lato, spetta alle leggi dello Stato stabilire i principi “trasversali” sulle modalità di partecipazione delle Regioni alle trattative comunitarie e internazionali, dall’altro lato, compete alle leggi o agli atti regionali definire per materia i contenuti ispiratori dell’azione “estera” della Regione, anche in base all’indirizzo politico della Giunta Regionale e, comunque, nel pieno rispetto dei vincoli costituzionali e comunitari. Un’interpretazione che sia slegata da un tale reticolo normativo risulterebbe fuorviante e non gioverebbe alla politica “estera” e “comunitaria” della Regione, rischiandosi altrimenti un costante contenzioso con lo Stato. L’art. 24 accenna ai vincoli finanziari imposti dall’Unione Europea che vanno rispettati nella determinazione delle risorse da assegnare al fondo di solidarietà nazionale in favore della Sicilia. In definitiva, tuttavia, questi vincoli (anche attraverso il patto di stabilità interno e la legge finanziaria annuale) condizionano la finanza regionale, così da assumere la connotazione di speciali obblighi comunitari, che eventualmente potrebbero giustificare l’esercizio del potere di rinvio da parte del Presidente della Regione. Una loro espressa menzione nello Statuto potrebbe ammonire la classe dirigente regionale sulla necessità di una spesa equilibrata e attenta.
4.- Enti locali e diritto comunitario.
L’art. 14 della bozza riformula il testo dell’art. 15 dello Statuto. Si istituisce la Conferenza Regione – Autonomie locali, che dovrebbe permettere la partecipazione degli enti locali alle scelte politiche regionali. Malgrado il silenzio della disposizione, una coerente applicazione del principio di sussidiarietà dovrebbe comportare il coinvolgimento di tale Conferenza anche nella determinazione delle linee generali della politica “estera” e comunitaria della Regione. Non può infatti trascurarsi il fatto che per molte materie l’attuazione del diritto comunitario e soprattutto della normativa di recepimento dovrebbe spettare innanzitutto agli enti locali minori, investendo direttamente le loro competenze; ne consegue che la Conferenza potrebbe divenire una sede di confronto e di coordinamento fra gli enti locali e la Regione, anche per evitare derive neocentralistiche. In ogni caso, il medesimo articolo al comma 2 stabilisce che, in attuazione del principio di sussidiarietà, la Regione conferisce agli enti locali tutte le funzioni che non richiedono l’unitario esercizio a livello regionale.
5.- Brevi riflessioni conclusive
La formulazione delle disposizioni della bozza e l’incertezza della futura legislazione statale non consentono di esprimere un’opinione sulle suggerite modifiche dello Statuto siciliano. Nonostante il medesimo Statuto non sia destinato a contenere disposizioni di dettaglio, sarebbe opportuna una maggiore concretezza, che dia spessore e principi generali alla politica comunitaria della Regione Sicilia; il silenzio o l’attesa eludono l’aspirazione ad una maggiore autonomia che si traduca anche nello svolgimento di un ruolo determinante nella fase di formazione del diritto comunitario, specialmente per le materie sottoposte alla competenza esclusiva. Una tale incertezza si ripercuote anche sul ruolo “comunitario” degli enti locali, che è piuttosto trascurato dalla stessa bozza. Non pare trasparire un’idea precisa –e magari ambiziosa e contemporaneamente realizzabile- sulla politica comunitaria della Regione Sicilia. Forse, a loro volta, i redattori della bozza hanno risentito del carattere vago presente nella legislazione statale, che è combattuta fra un fumoso (e inconcludente) federalismo e un (latente) neocentralismo.
Clicca qui
per visualizzare la bozza di revisione dello statuto della regione siciliana