Il ”Palazzo” siciliano ha paura delle urne e del rinnovamento
Si apprende che la data fissata per il referendum regionale è stata
posta il 22 maggio prossimo, una domenica “dopo” le amministrative
ed una “prima” degli eventuali ballottaggi.
Può piacere o meno il referendum sulla legge elettorale, ma una cosa
è certa: la decisione strategica è stata quella di piazzarlo
in una data in cui si è quasi sicuri che, per disinformazione o per
stanchezza, a votare non ci andrà quasi nessuno.
Un bel battesimo di democrazia per l’istituto del referendum regionale che,
con quest’occasione, fa il suo debutto.
Una mancanza di democrazia per suggellarne un’altra: la scomparsa delle formazioni
minori dalla nostra Assemblea che non “garantirebbero” governabilità
alla Regione Siciliana.
L’Altra Sicilia, associazione di diritto internazionale a tutela della Sicilia
e dei Siciliani “al di qua ed al di là del Faro”, nota che
non basta inserire nello Statuto l’istituto del referendum per farlo funzionare.
Anche i referendum “nazionali” ormai abortiscono spesso per l’uso
inflativo che ne fanno movimenti privi di elettori ma non di soldi e in cerca
di visibilità.
Perché il referendum diventi un vero strumento di “democrazia
diretta” che corregga i difetti di rappresentanza della nostra classe
politica è necessario che la Sicilia abbia un’informazione propria:
giornali e telegiornali veramente siciliani, anzi “media” più
in genere veramente siciliani. Invece non c’è nulla di tutto ciò:
il Siciliano è informato dalla Rai, da Mediaset e dalla Publikompass
di tutto ciò che deve sapere. Se un referendum non interessa o fosse
scomodo a costoro, semplicemente nessun siciliano lo saprà e l’istituto
sarà bello e sepolto.
Finché i riflettori dell’informazione non saranno puntati sul “Palazzo”
le elezioni siciliane saranno democratiche non di più di quelle bielorusse:
si vota solo per amicizia o per favore, la scelta del candidato Presidente
è occultata col “giochino” della scheda unica, e così
via…
Ma veniamo al merito. L’Altra Sicilia non ritiene in sé pericolosa
una legge elettorale che sbarri la strada a liste “fai da te” o
a “pulviscolo elettorale”. Si nota però che:
– lo sbarramento del 5 %, ricordiamo a livello regionale e non provinciale,
è un ostacolo “formidabile” a qualunque tentativo di ricambio
della classe politica o di emancipazione dai partiti romani che la controllano;
– la presenza di partiti minori non è un male in sé (in fondo
se la rappresentanza è proporzionale è giusto che l’Assemblea
rappresenti i Siciliani “in proporzione” alle loro idee) ma solo
se causa di litigiosità e ingovernabilità;
– l’ingovernabilità della Sicilia non si registra più da quando
è stata trasformata in una Regione (o si dovrebbe dire “Stato
Regionale”?) presidenziale circa cinque anni fa mentre era endemica nella
c.d. Prima Regione;
– gli unici deputati che causano fibrillazioni al Governo o che si distinguono
per il loro assenteismo sono proprio quelli dei partiti maggiori e ciò
per ragioni “non proprio” ideali;
– l’intera operazione sembra avere il solo scopo di evitare che la consorteria
di cinque o sei sigle che “mangiano” la Regione e che giocano a
fare il governo e l’opposizione possa essere liberamente ricambiata dagli
elettori;
– l’intera operazione rivela che non esiste alternativa all’attuale maggioranza:
l’opposizione è – da una trentina d’anni almeno – di facciata e consociativa.
Per questa ragione L’Altra Sicilia, associazione di diritto internazionale
a tutela della Sicilia e dei Siciliani “al di qua ed al di là
del Faro”, invita i Siciliani a non disertare le urne ed a votare contro
l’attuale legge che li condannerebbe ad un malgoverno dal quale sarebbe difficilissimo
uscire. La consorteria dominante sta facendo di tutto per non farlo riuscire
ma questa è solo una ragione in più intanto per andare a votare
e poi si vedrà.
Nel merito – è vero – può essere irritante la compagnia di
forze minori che poco o nulla hanno da dare per la Sicilia e che di fatto
sono solo “collettori minori di clientele”. Ma proprio per questo
si lancia la proposta intanto di “stoppare” la legge truffa e poi
di varare una legge che coniughi un forte orientamento maggioritario con il
diritto di rappresentanza per i partiti minori:
Che ne penserebbero i Siciliani di dividere il territorio in 60 collegi uninominali
che mandano altrettanti rappresentanti con il ballottaggio (per dare voce
agli interessi del territorio e costringere ad accorpamenti) e riservare gli
altri 30 ad un collegio unico regionale eletto con il proporzionale senza
scorporo (per dare voce agli interessi unitari della Sicilia e consentire,
senza danno, la rappresentanza alle forze minori ma non minime)?
Perché in ogni caso non si apre un dibattito aperto alla società
civile su un tema così delicato come quello della rappresentanza popolare?
Ma in ogni caso, comunque andranno le cose, non è trasformando l’opposizione
al sistema in opposizione extraparlamentare che si riusciranno a sopire i
venti del nuovo Sicilianismo. La Regione parassita e serva della Penisola
e del Nord ha ormai gli anni contati… con o senza lo sbarramento del 5 %!
Arrestare il ricambio potrà solo rendere più fragorosa la caduta!
Palermo, 08/03/2005