Un Siciliano Doc e TITOLATO risponde alla trasmissione “Presa Diretta”
Gent.mo Iacona,
ho visto gran parte della sua puntata di Presa Diretta, “Grecia Italia”, e – per ciò che riguarda la Sicilia in particolare – ho deciso di scriverle.
Ho deciso di scriverle perché complessivamente mi fido del tipo di informazione che Lei fa. Talvolta capita di sentire amici o conoscenti che di fronte a notizie o servizi apertamente faziosi dicono “perché non gli scrivi?”. Di solito non raccolgo mai questo invito. Con i giornalisti faziosi e prevenuti non vale neanche la pena di perdere tempo. Con quelli seri, se sbagliano, sì.
Per questo le scrivo. Nel suo servizio, in molte parti veritiero e meritorio, ci sono alcune inesattezze piuttosto gravi per un mezzo di divulgazione così importante come il suo.
Vengo all’errore più clamoroso, anche perché lo ha ripetuto più volte nel corso della serata: la Sicilia ha un deficit di “5 miliardi”. 5 miliardi, capite? Un’enormità, un paradosso, uno scandalo,…
Ora, guardi, se mi conoscesse saprebbe che io qui in Sicilia sono stato sempre o quasi un oppositore di chi ci ha, di volta in volta, governato. Ma qui ha preso un grosso, grossissimo granchio.
Molti profani, come lei, confondono la grandezza flusso (il disavanzo, cioè lo sbilancio tra le entrate e le uscite), con la grandezza stock o fondo (il debito vero e proprio, cioè la differenza tra le attività e le passività, ovvero addirittura soltanto le passività lorde, senza neanche sottrarre le attività).
Tecnicamente il “deficit” appartiene alle seconde, ma viene scambiato per le prime. E così ha fatto lei.
In altre parole, se – per ipotesi di scuola – la Sicilia diventasse domani mattina un paese indipendente ed ereditasse il solo deficit della Regione, questo sarebbe pari a meno del 10 % dell’intero PIL regionale, contro al 134 % o giù di lì dello Stato italiano. Saremmo cioè lo Stato più solido dell’Unione Europea, dopo il Lussemburgo!
Dirlo come lo ha detto lei, equivarrebbe a dire che l’Italia ha un deficit che supera i due trilioni di euro, che – quella sì – è una vera enormità. Ma il vincolo del 3 % o il pareggio in bilancio o il rientro del debito a tappe forzate del Fiscal Compact, non comporta alcun azzeramento di quella grandezza fondo (semmai un suo ridimensionamento in vent’anni a soltanto, si fa per dire, il 60 % del PIL) ma solo del disavanzo, cioè del flusso.
Ora la Regione sbilancia, se sbilancia, di poche centinaia di milioni di euro, su un bilancio di circa 15 miliardi di euro. I 5 miliardi sono invece debito consolidato che, certo sono un problema, ma non come sembra far credere.
In altri termini, avere 5 miliardi di debito per una Regione che ha le dimensioni di un medio stato europeo (più dell’Irlanda o della Danimarca) e quasi tutte le funzioni pubbliche trasferite dallo Stato italiano, non è assolutamente in sé un fatto patologico. Cosa pretendereste? Che una Regione non faccia mai assolutamente neanche un centesimo di debito? Il debito è una cosa, il disavanzo è un’altra cosa completamente diversa. Non so se sono stato sufficientemente chiaro.
In altre parole il debito non pesa sulle uscite del bilancio finanziario se non per le rate in scadenza, proprio come per l’Italia e per qualunque altra amministrazione nello spazio e nel tempo. Se uno studente di Economia mettesse il debito tra le uscite sarebbe immediatamente “bocciato”, capisce? E’ come dire che il bilancio di una famiglia è “sotto” di 100.000 euro sol perché ha comprato una casa…mentre magari gli equilibri sono a posto e le entrate sono in grado di far fronte al pagamento delle rate del mutuo. Forse così è più chiaro.
In questo modo non fate sufficiente luce sulle reali condizioni finanziarie della Sicilia, anzi accreditate un’immagine del tutto fuorviante. Credo che il solo comune di Torino o di Roma ne abbiano di più di debiti, per non parlare, appunto, dello Stato…
Poi ci sono altre inesattezze piuttosto gravi nel vostro (e purtroppo non solo nel vostro) servizio. Non ve lo imputo, perché quando si parla di Sicilia si parla sempre per luoghi comuni, ma – che diamine!- di fronte alla gente che sta morendo di fame, vogliamo cominciare a mettere i puntini sulle i? Altrimenti, al di là delle giuste responsabilità della classe politica (in egual misura statale, regionale e locale), si degenera facilmente in un “antisicilianismo” viscerale che alimenta solo odio e che fa scambiare la vittima, che qui E’ LA SICILIA, con il carnefice, facendola passare per “fancazzista” e sprecona (mi passi il termine volgare).
Ad esempio: è vero che la Sicilia ha tre problemi/scandalo specifici, e cioè la formazione professionale, gli operai forestali e i precari degli enti locali, peraltro ereditati da stagioni ormai passate. Ma anche su questo non si dicono le cose come stanno. Ad esempio i cosiddetti “forestali”. Intanto la Guardia Forestale dello Stato è passata dallo Stato alla Regione. La Regione dovrebbe avere un proprio corpo forestale, di 2, 3, 4,000 effettivi, non so quel che è giusto per la Regione con la più ampia estensione d’Italia… E in effetti lo ha, e tutto caricato sul proprio bilancio. Ma, per ragioni clientelari, questo corpo nel tempo si è sguarnito. Oggi restano poche centinaia di “ufficiali” di quel corpo, tutti molto anziani, perché il loro ruolo è svolto dai famosi “operai forestali”.
Questi, poi, si dice che sono 20.000, più o meno, ma anche qui si dice un’inesattezza. Nelle aziende i part-time sono “contati” in funzione del numero di giornate effettive di stipendio. Non è che la Regione “dà a mangiare” a 20.000 persone. In effetti è come se “desse a mangiare” soltanto a 7000 operai forestali a tempo pieno. Questi sono i numeri giusti. Se poi avesse assunto due o tremila agenti veri della forestale, resta uno sbilancio, ma non più di 4000 persone, che sono sempre un’enormità, per carità, ma non nelle proporzioni che si dicono sempre. Converrà con me che un conto è 20000 un conto è 4000…. Se un’azienda, anziché assumere 100 dipendenti, ne assume 1000 facendoli lavorare al 10 % part time, non si può dire che ha moltiplicato per 10 il proprio organico, o no?
Sorvolo su altre imperfezioni, perché a questo punto il problema è più generale. Se andiamo alla pubblica amministrazione propriamente detta, se si eccettua il fortino del privilegio dell’ARS, che giustamente avete denunciato, in Sicilia non c’è proprio alcun privilegio e alcuno spreco. Il numero di dipendenti pubblici pro capite è più basso della Lombardia (solo che qui sono “regionali”, cioè ce li paghiamo con la nostra IRPEF, in soldoni, lì invece sono statali) e i loro stipendi non sono per nulla migliori di quelli di uno statale qualunque d’Italia.
Ciò nonostante si sente dire sempre la “balla” dei 16 o 17 mila dipendenti regionali. Se la Sicilia si è fatta carico di tutte le proprie spese, questo diventa addirittura una colpa? Ma perché, dunque, c’è questa cattiva stampa, apertamente faziosa?
Sottolineo alcune contraddizioni, non solo sue, ma di tutti i “servizi” sulla Sicilia. Da un lato si invoca rigore, austerity, dall’altro si tocca con mano che l’austerity distrugge i servizi pubblici e i redditi senza creare alcuna forma di sviluppo. Sa che sto cominciando a pensare che in Italia qualcuno voglia proprio questo dalla Sicilia? Cioè che voglia proprio la nostra morte, per odio gratuito o altro? Cerco di scacciare il pensiero, ma ritorna, ed è grave. Perché in queste condizioni presto o tardi così andando non potremo più stare tutti insieme sotto lo stesso tetto politico.
Lombardo risulta generalmente antipatico, e tale è anche per me. Però lo vogliamo dire che è stato lui che ha congelato le assunzioni nella formazione professionale e in tutte le partecipate già dal 2008? Lo vogliamo dire che dal 2008 è cominciato l’accorpamento delle partecipate? L’avete detto sì, ma, avete detto che è … ancora peggio. Allora era meglio prima?
E’ dal 2008, con una fortissima accelerazione dal 2012, che la Sicilia si è consegnata mani e piedi al Ministero dell’Economia che, tramite il Commissario dello Stato, figura unica in Italia, detta la nostra agenda economica. Il rientro del deficit sanitario c’è stato, ma sulla pelle dei Siciliani che oggi hanno una sanità tutta a pagamento e la chiusura o l’accorpamento di molte strutture, senza una lira dallo Stato. Ci avete appuntato una medaglia per questo sacrificio? No, ci svergognate ora dicendo che la nostra sanità non funziona bene. Dopo che abbiamo fatto esattamente quello che voleva lo Stato!
L’assessore uscente all’Economia, Bianchi, ha sottoposto in due anni la Sicilia alle cure da cavallo della Trojka. Da noi la Grecia già c’è. Eppure i conti non si risanano mai. Prima di dimettersi ha anche proposto un bel miliardino di euro di nuovo debito, per fortuna respinto dall’Assemblea, per accelerare i pagamenti alle case farmaceutiche del Nord, ricevendo in cambio IRAP e addizionale IRPEF sparate al massimo per i prossimi trent’anni e un mutuo a tasso variabile degno dei peggiori usurai. Il rifiuto dell’Assemblea ha però fruttato un’altra campagna stampa, l’ennesima, questa volta dal Sole 24 ore, organo di Confindustria, contro la “Sicilia sprecona”, che però questa volta ha il torto di non volersi indebitare ulteriormente. Pare che a Roma ci tengano molto a questo nuovo debito, però il giorno dopo – quando avremo accettato – Lei per primo dirà che il debito è salito a ben “SEI” miliardi di euro… come premio per la nostra supina subalternità.
E qui vengo al dunque che nessuno mai mette in evidenza. Perché la Sicilia è in difficoltà finanziaria? Il suo servizio dice che ci sono sprechi, ci sono consulenze. Mi creda, ci saranno pure, ma il problema non sta più là. I tempi di Cuffaro sono ormai trapassato remoto, anche se vicini nel tempo. Tempo addietro mi avevano offerto di entrare in un Collegio sindacale di un Consorzio universitario….2.000 euro l’anno lordi. Ovviamente ho rifiutato: non ci si addossa alcuna responsabilità per cifre talmente irrisorie. Il vero problema è un altro, e nessuno, neanche voi, lo dice mai. La Sicilia NON VIVE DI TRASFERIMENTI STATALI. Ma perché non lo dite mai? La Sicilia, Regioni ed enti locali, vivono essenzialmente dei tributi dei siciliani. Il calo dell’economia si traduce quindi immediatamente in un calo di gettito dagli effetti devastanti. Ma, oltre a ciò, lo Stato deruba parte di quel misero gettito, cercando poi di riprestarcelo a usura. In teoria, per i (pochi) servizi che lo Stato svolge ancora per la Sicilia, dovrebbe trattenere soltanto Giochi e Scommesse, Imposte di Produzione e poco altro. Già con queste voci lo Stato introita qualche miliardo in più di quello che spende: apparati repressivi (polizia, prigioni ed esercito), scuola, università, mezza sanità e qualche trasferimento con il contagocce agli enti locali, punto, fine della storia. Poi però contabilizza come “trasferimento alla Regione”, tutta l’IRPEF, l’IRES e l’IVA che la Sicilia trattiene per le proprie spese, ma che – sempre nell’ipotesi di scuola dell’indipendenza – l’Italia non avrebbe mai avuto se la Sicilia non ne avesse fatto parte.
Oltre a queste entrate lo Stato trattiene altri tributi, non previsti come suoi nello Statuto, ma presi “di forza”, come tutte le imposte di consumo o le entrate doganali (stiamo parlando di miliardi) e considera le entrate fiscali sulle piattaforme offshore (le acque territoriali intorno alla Sicilia) come “non appartenenti” alla Regione siciliana trattenendo il 100 % del relativo gettito.
Trattiene ancora il gettito delle imprese che producono il reddito in Sicilia ma hanno sede legale altrove (stiamo parlando ancora di miliardi annui), nonostante lo Statuto preveda diversamente.
E, infine, perfino sul riscosso in Sicilia (teoricamente al 100 % di competenza regionale) effettua altre trattenute. Le ritenute fiscali e le imposte sostitutive di varia natura consentono di distrarre circa un terzo del gettito, e in più, tanto per aiutarci, dal 2013 è stato disposto un accantonamento straordinario ulteriore di circa un miliardo l’anno a favore dello Stato. Lo Stato, in parole povere, non potendo tagliare alcun trasferimento alla Sicilia, perché nulla o quasi ormai è più trasferito, mette le mani direttamente sulle nostre entrate tributarie, soddisfacendosi con prelazione rispetto a Regione ed Enti locali. Un po’ come sarà per tutta l’Italia con il nuovo trattato europeo che andiamo a firmare, nel quale la “soddisfazione” degli obblighi del Fiscal Compact ha prelazione assoluta. Su ciò che resta si arrangino…. Ecco, da noi è già così.
Normale che in questo lento strangolamento nemmeno il più bravo amministratore del mondo riuscirebbe a far nulla. Tanto più che, con tutto che quei tre “bubboni” che le ho segnalato sono e restano vergogne nazionali, nessuna persona sana di mente penserebbe ad una “exit strategy” in cui dall’oggi al domani si buttano circa 40.000 persone in mezzo alla strada. Gli effetti macroeconomici sarebbero da genocidio. Ma è proprio ciò che sta succedendo: i “formatori” non ricevono praticamente più niente, mentre per salvare i precari degli enti locali, che peraltro non fanno altro che svolgere il ruolo dei ranghi altrimenti vacanti dei suddetti enti, ma a minor costo e senza diritti, si interrompono i collegamenti bus di linea, si chiudono i teatri e i musei, insomma si consegna all’anarchia e alla totale assenza di servizi essenziali l’intera Sicilia, accomunata alla Grecia non solo dall’aver dato origine alla civiltà europea, ma – a quanto pare – anche dalla nemesi di essere i primi ad essere uccisi dalla stessa Europa.
La politica siciliana ormai non fa più nulla, né può fare nulla di concreto: si fa dire ogni giorno da Roma direttamente ciò che deve fare, non protesta nemmeno quando la Sicilia tutta viene umiliata e insultata sui media o quando si invoca l’abolizione dei “privilegi” dello Statuto speciale, quando dello Statuto oggi sono applicate solo ed esclusivamente le norme meno favorevoli, che addossano alla Regione spese ulteriori, mentre le norme che attribuiscono gettito, e che addirittura consentirebbero di manovrare le imposte creando fiscalità di vantaggio sono tabù.
La verità dei fatti è che la Sicilia oggi è trattata brutalmente dall’Italia e dall’Europa come una lontana colonia di sfruttamento, per di più violentata da una stampa faziosa e malevola. La storia ci darà forse un giorno ragione, ma intanto assistiamo impotenti al genocidio del nostro Popolo nell’indifferenza e nella ridicolizzazione generalizzata da parte dell’opinione pubblica italiana.
Non potete lamentarvi che i musei sono chiusi di domenica o che i servizi pubblici sono da terzo mondo in queste condizioni. La Sicilia oggi non ha soltanto bisogno di “riqualificare la spesa” o di “snellire la burocrazia”. Questo pure, ma come tutta l’Italia. La Sicilia ha bisogno intanto di spesa e di investimenti per ricostruire la capacità produttiva (le precondizioni perché si crei offerta) e la domanda interna (attraverso i redditi).
Oggi siamo alla fame, esattamente come in Grecia, ed è falso e tendenzioso nascondere le gravissime responsabilità europee ed italiane in tutto ciò. La politica siciliana, parafulmine del malaffare, semplicemente non esiste in quanto tale. E’ in massima parte l’estrema propaggine delle stesse centrali politiche dell’Italia. I tentativi di far nascere qualcosa di realmente legato al territorio e slegato da queste logiche, sono boicottati e strangolati sul nascere, anche per il sospetto degli italiani, di tutti gli italiani, anche delle persone per bene, che Autonomismo significhi Separatismo o, perché no, la solita mafia, con qualche meritoria eccezione nella cosiddetta “antipolitica”. E invece sta succedendo esattamente il contrario.
Intanto la mafia è sempre stata espressione e braccio di questo sistema di potere che ha in Italia la sua mente, il suo vero “terzo livello”, non certo espressione di reali interessi locali. Se questo però dovesse emergere, si brucino le registrazioni…
Ma soprattutto, se continua il linciaggio quotidiano contro la Sicilia, prima o poi la corda si spezzerà e la Sicilia vivrà una nuova stagione di Separatismo, non so fino a che punto pacifico.
I dati che si “vendono” sui giornali sono errati, la gente è in genere disinformata sul fatto che la Sicilia, senza il fardello dello Stato e dell’Unione, saprebbe benissimo badare a se stessa. Ma io credo di sapere come stanno le cose. Insegno Economia aziendale all’Università di Palermo e conosco bene i conti, quelli veri, della Sicilia. Mi dia la possibilità di spiegarli agli italiani se vuole. Se gli italiani sapessero veramente cosa ha fatto lo Stato in Sicilia in tutti questi anni, forse se ne vergognerebbero un po’ e deporrebbero questa immotivata “superiorità” di cui si sentono investiti. Forse si dividerebbero tra quelli che vorrebbero recuperare un rapporto sano con la Sicilia e quelli che vorrebbero abbandonarla domani mattina. Ma certo questa disinformazione inaccettabile cesserebbe”.
Resto a sua disposizione.
Massimo Costa