AAA. Cercasi,anche usato, presidente di regione, casto e rivoluzionario
Passata la furia dei primi momenti dopo l’elezione, ingabbiato, o ingabbiatosi, nelle logiche dei partiti, Rosario Crocetta, il rivoluzione per sua stessa definizione, il casto per sua stessa promessa (mantenuta o meno poco importa ai siciliani), ha assunto sempre più le sembianze del classico politico italiota o siculo antimafioso.
Ha tuonato contro la spartizione delle poltrone e contro la creazione di feudi, ma poco alla volta, partendo dalle (per noi) incomprensibili nomine assessoriali, quali la Borsellino, di Patrizia Valenti a cui a dato il benservito da poco, di Ester Bonafedei, che si ricorda per la sua uscita sulla pochezza del lauto stipendio che percepisce quale assessore, e recentemente per le nomine dei vertici ASP, Crocetta sembra avere decisamente imboccato la via impervia, ma sempre pagante, della politica del bilancino che può permettere alla sua giunta di galleggiare su un mare in tempesta e senza strumenti per orientare la navigazione.
Va a Roma per discutere con Renzi il rimpasto, e già la cosa lascia perplessi considerato che Roma dovrebbe stare lontano dai fatti siculi, e si mette a dialogare con i gruppi che si sono costituiti con deputato che hanno preferito cambiare casacca per poter avere più potere contrattuale.
Ed ora, dopo tanti annunci clamorosi, ecco che Crocetta sembra preferire, per la sopravvivenza della sua strana giunta, quella politica che ha sempre, a parole, contestato e quel manuale, il Cencelli che tutti ripudiano ma che tutti adottato.
I siciliani, si dice, hanno perso Crocetta il casto rivoluzionario, ma forse non l’hanno mai avuto.
Ha partorito una finta cancellazione delle province imponendo d’autorità ai comuni di “consorziarsi”, quando il consorzio per dettato statutario è “libero”, ovvero, ognuno decide se consorziarsi o no.
Hanno giustamente abolito gli ATO ma ha creato un caos tremendo con la costituzione delle inutili Srr.
Tra i fallimenti politici, sicuramente uno non può essere messo in discussione: la questione dell’attuazione dello Statuto.
Come tutti i suoi predecessori non ha saputo, o voluto, portare avanti quella battaglia d’onore e di orgoglio che tutti si aspettavano.
Il riconoscimento totale dell’Autonomia sancita con patto costituzionale nel lontano 1946, vilipesa e mortificata da una insipiente casta politica siciliana, interessata per lo più alla creazione di bacini elettorali e agli interessi dei partiti nazionalisti.
Ricordando Sciascia, si può dire che in Sicilia, ancora una volta, vince il partito dell’antimafia di professione.
Fonte: www.osservatorio-sicilia.it/