La Sicilia come metafora [di Mauro Mellini]
Riandare col pensiero a Leonardo Sciascia è sempre utile, anzi, talvolta, è addirittura indispensabile, per capire le cose di Sicilia e non solo di Sicilia e d’Italia. Ne abbiamo la prova in questi giorni.
Poco assai si parla, nel resto d’Italia, di quel che sta accadendo in Sicilia.
Il governo regionale di Crocetta e tutta la politica siciliana hanno raggiunto limiti inimmaginabili, grotteschi di degrado. La Regione Sicilia, che dovrebbe essere una delle più forti per le condizioni finanziarie che le assicura lo Statuto Speciale, è praticamente al collasso, al fallimento, con un bilancio allo sbando, specie dopo gli interventi del Commissario dello Stato che hanno “rottamato” per illegittimità e per sostanziale falsità buona parte di quello raffazzonato dalla Giunta.
Crocetta è “rientrato” nel P.D., dopo avere per qualche tempo navigato sotto le insegne di un suo personale gruppo, “Il Megafono”, che ora pare sia diventato una corrente del P.D. Che nell’Isola è, di colpo, diventato “renziano”, perché le correnti che si sono scannate in una lotta senza esclusioni di colpi, hanno fatto a gara per correre in soccorso del vincitore.
Crocetta si regge alla presidenza grazie alla norma, oggi in vigore per regioni e comuni, per la quale Presidente e Sindaci possono essere abbattuti solo da Consigli kamikaze: chi li sfiducia e li manda a casa, automaticamente, perde il posto e va a casa con lo “sfiduciato”. Un sistema che sembra inventato dalla fantasia di un autore di spettacoli comici.
In pratica i Presidenti della Regione Sicilia possono essere mandati a casa (o in prigione) solo dai magistrati. Gli ultimi due predecessori di Crocetta, Cuffaro e Lombardo hanno avuto questa sorte.
Crocetta pare che da quel lato sia abbastanza ben protetto. Al suo fianco c’è un vecchio “professionista dell’Antimafia”, Lumia, che fu anche Presidente della Commissione Antimafia Parlamentare. Quando il partito provò ad escluderlo dalle liste per il Parlamento Nazionale, intervenne scopertamente e pesantemente la Magistratura a “censurare” quel tentativo di metterlo da parte. Fu subito “reintegrato”.
Finché dura, naturalmente. Quelli che se ne intendono dicono che in Sicilia anche il Partito dei Magistrati è piuttosto ondivago al suo interno e tendenzialmente sospettoso e inaffidabile nei rapporti, per così dire, esterni.
Ora Crocetta sembra tornato in grembo al P.D., ma non sembra che la sua Giunta rispecchi una tale posizione.
D’altro canto se il P.D. sembra oramai ben allineato con l’ortodossia del “rottamatore”, i veri padroni della Sicilia sono i “monnezzari” (mestiere che, con quello dei rottamatori, cioè degli “sfasciacarrozze” ha una certa attinenza). Padroni di Sicindustria (la Confindustria dell’Isola) tre o quattro gestori di discariche, hanno in pugno la Regione, Crocetta, la Giunta e, per quel che conta, il Parlamento Siciliano.
Sono “industriali antimafia” perché hanno rifiutato il pizzo (dopo, magari, essersi pentiti di averlo in un primo tempo pagato). In quanto antimafia sono in condizioni di mettere al bando chi non può vantarsi di essere tale o che essi stessi tale non considerano. Sono forti delle loro concessioni che non sempre (ad esser ottimisti) coincidono con l’optimum delle prospettive del gravissimo problema dei rifiuti (in una delle discariche siciliane pare che sia arrivata, in qualche momento, anche della “monnezza” di Napoli). Certo è che mettersi di traverso al loro “sistema” può essere pericoloso.
Lo sostiene e lo proclama, ad esempio, il Sindaco di Racalmuto, il paese di Leonardo Sciascia, che si era messo in testa di far funzionare la raccolta differenziata e si è trovato prima indagato per mafia e poi con l’Amministrazione sciolta per “infiltrazioni mafiose”.
E molte altre e gravi sono le storie che si sentono in giro.
Intanto Crocetta ha “sistemato” il Procuratore super antimafia Ingroia che non era riuscito a riciclarsi come uomo politico (si era candidato addirittura alla Presidenza de Consiglio). Farà il presidente di un ente per l’esazione. Una volta c’erano i famosi “Cavalieri”. E prima ancora i baroni ed i loro gabellotti e campieri.
Intanto la magistratura mette sotto processo ministri (e c’è mancato poco che s la prendesse anche col Presidente della Repubblica) perché “hanno abusato del diritto di fare la politici dello Stato”, “abbassando la guardia” ed entrando in trattative con la mafia.
Nel processo di Palermo se ne stanno vedendo di tutte e di più. Trionfa il concetto che è la giurisdizione che “legittima” il diritto.
Si applica così il principio che la Cassazione ha inventato per le questioni tributarie: il diritto è il diritto ma la magistratura può stabilire che se ne è abusato.
Intanto diverse categorie di dipendenti pubblici lavorano, ma hanno cominciato a non ricevere lo stipendio. Non si sa se c’è un bilancio della Regione, se, dopo la prima bocciatura di buona parte di esso, le “toppe” che l’Ars ci ha messo reggeranno ad un altro esame di legittimità. Incombe il fallimento.
E Crocetta, che aveva annunziato che a settembre l’abolizione delle Provincie sarebbe stata cosa fatta con la costituzione dei “liberi consorzi” di Comuni, è ancora alle prese con questa storia grottesca.
Qualcuno ha cominciato ad accorgersi che una differenza tra Provincie e ”liberi consorzi” c’è sicuramente: questi ultimi saranno molti di più. Che malgrado ciò costino di meno e funzionano meglio ha il sapore dell’utopia. O della truffa. Un “libero consorzio” si farà sicuramente: quello di Gela, il paese di Crocetta. Gela non era riuscita a “diventare provincia” (benché “regionale”).
Concludendo. Questa è la Sicilia di cui la stampa nazionale sembra far di tutto perché poco se ne parli.
Questa è la Sicilia: sì, “come metafora” d’Italia, come diceva Sciascia, che scrisse anche un libro con questo titolo.
La Sicilia come metafora dell’Italia del Rottamatore, termine freddo e burocratico (la “rottamazione” delle armi di guerra confiscate era prevista dalla legge). Meglio dire “lo Sfasciacarrozze” termine sonante e chiaro del gergo e del dialetto romano.
Sciascia ci ha fatto capire molte cose. A chi, naturalmente ha voglia di capire.
Mauro Mellini
14 /02/2014