Il posto di Ivano
“E ancora giriamo allontanando il riso,
simili spesso al giorno passato…
nei nostri quaderni ora parole misteriose
e sempre ascoltiamo…”
Sono passato a trovarti lassù in quel cimitero di paese incastonato tra montagne così’ differenti dai tuoi Peloritani, lontano da quell’aria di mare che tu , maestro di Filicudi forse avrai stentato a riconoscere.
Il silenzio , tipico del luogo, mi ha accolto nel chiarore del fine pomeriggio di un ‘estate che prometteva calure e sole, ma nella calma composta di pochi visitatori che approfittavano del tramonto per portare un difficile fiore ai loro cari.
Mi accompagnavano la tua moglie e la mia ma ho preferito allontanarmi, stare da solo e compenetrarmi piano piano alla visita che ti facevo in ritardo, nel momento di scoprire la tua casa definitiva , dopo i pomeriggi ed i giochi di via Camuglia, i colori di Filicudi, le ceramiche di saiatina ,la casa degli amici tutti che avevi creato in rue de Vianden a Lussemburgo, la razionalità che avevi voluto a Roma.
Mi sono allontanato ed ho raggiunto una parte in costruzione di quel recinto definitivo. Alzando gli occhi in cielo mi chiedevo se effettivamente avessi gradito quella tranquillità paesana, quei silenzi rotti dalle trebbiature avezzanesi, così differenti dal vociare buddace di Castanea, la vista di quelle montagne sconosciute.
Ti confesso che ero rimasto un poco perplesso. Poi me ne sono fatto una ragione: quel posto sarebbe stato un crocevia , un incrocio obbligato dall’amore, un punto fisso della memoria per i tuoi figli, per tua moglie, per i figli dei tuoi figli, lontano dalle rotte dell’estate e dai tuoi luoghi consueti forse , ma vicino al cuore e alla presenza pure saltuaria ma puntuale dei tuoi cari, anche se sparsi nelle strade del mondo.
Poi Giuliana ha aperto la cappelletta che ha fatto dipingere con i tuoi colori, che ha fatto rivestire non di bianco marmo sepolcrale ma di tenue granito caldo e sfumato. Poi la tua foto sorridente dopo le tempeste che hai affrontato, pochi i fiori, anche il mio vasetto di fiori dozzinali sembrava stonato in quella sala , i messaggi dei giorni tristi spillati al muro, ma un’armonia coinvolgente, quasi tu volessi comunicare in quel silenzio composto il tuo stare bene, la tua raggiunta eternità indifferente ormai alle nostre preoccupazioni.
Così a distanza di quattro anni torniamo a ricordarti con Francesco Paolo, ancora matti ad inseguire libertà e indipendenze, attenti pero’ a non fare mancare ai tuoi amici e a quanti seguono questo foglio che è anche tuo, l’Isola , il ricordo di Ivan, un amico che ancora vive nei nostri discorsi, nei nostri paragoni, nei nostri confronti quotidiani, l’amico che tutti avrebbero voluto avere, l’amico che ancora ci fa ridere nel ricordo dei suoi atteggiamenti, delle sue arrabbiature, delle sue telefonate notturne, delle risate davanti ad un bicchiere di buon vino, delle ricerche di ristoranti sconosciuti, di tutti quei sogni che l’amicizia ci ha promesso e che ora continua a farci mancare e di cui difficilmente avremmo fatto a meno.
eugenio preta