Abbiamo una nuova tassa
Della serie, come ti opprimo il contribuente: il governo ha gentilmente invitato i consigli comunali ad approvare il DL sulla nuova tassa sui rifiuti urbani, la o il TARES, tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, un tributo in tema di gestione dei rifiuti, introdotto dal Decreto “salva Italia” che sostituisce sia la TIA, tariffa di igiene ambientale, sia la TARSU, tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Il suo obiettivo principale è coprire per intero i costi del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti del comune.
Finora il gettito era servito esclusivamente a finanziare il servizio di gestione dei rifiuti urbani, ora la Tares dovrà coprire anche i costi di altri servizi come polizia locale, anagrafe, illuminazione pubblica, manutenzione del verde e delle strade.
Ormai si pagherà sull’80% della superficie calpestabile, e non sulla superficie dichiarata, ed in più con l’aggiunta di un “balzello” di 30 centesimi al metro quadrato proprio per finanziare quanto sopra: i servizi indivisibili dei Comuni, manutenzione delle strade, illuminazione pubblica, gestione verde comunale ecc…
Paradossi e contraddizioni reggono l’istituzione di questo nuovo balzello sui rifiuti urbani sulle spalle del contribuente che, scioccamente aveva delegato ai suoi eletti il compito di tutelare i propri interessi legittimi.
Ecco che sorge una prima contraddizione: Ci verrebbe da domandarci, allora, prima, come si pagavano questi servizi?
Ma, siamo in Italia e in mano a governi pasticcioni e incapaci, quindi tutto è possibile…
Un grosso problema insito nella natura stessa della tassa sarà quello del calcolo dell’aliquota perché, fino a quando il Comune non entrerà in possesso dei dati catastali completi non potrà stabilire l’effettiva base imponibile del nuovo tributo, cioè fino a quando non conoscerà la superficie catastale delle abitazioni così come voluta dalla nuova normativa non potrà fissare le nuove aliquote e la relativa base imponibile Tares che ormai sarà rappresentata dall’80% della superficie catastale. Cosa succederà?
A paradosso risponde una contraddizione: con questo nuovo tributo si va in direzione contraria a quella stabilita dalla tariffa d’igiene ambientale, la Tia, applicata nei Comuni è introdotta dal decreto-Ronchi del 1997 per sostituire la tassa rifiuti, la Tarsu, con un prelievo proporzionale alla quantità del servizio reso, in base al principio europeo del «chi più inquina più paga». Come si procederà?
Ma non finiscono qui i problemi, infatti con la proroga obbligatoria degli attuali contratti di riscossione fino al 30 giugno, fissata dal “decreto enti locali” (Dl 174/2012) non è chiaro chi potrà raccogliere l’imposta nelle migliaia di Comuni che oggi affidano gli incassi di Tia o Tarsu a gestori esterni, perché per legge la Tares può essere riscossa solo dal Comune,
così come non è chiaro chi debba approvare le tariffe del Tares, che secondo la normativa – , ai sensi dell’articolo 34, comma 23, della legge 221/2012, (conversione del secondo decreto sviluppo),- spetterebbe unicamente agli enti di governo degli ambiti territoriali l’organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, rifiuti compresi, i criteri di scelta della forma di gestione e affidamento e di determinazione delle tariffe e di controllo.
A questo punto appare evidente come la norma si ponga in evidente contrasto con la disciplina istitutiva della Tares (articolo 14, Dl 201/11), secondo la quale il Consiglio comunale deve approvare le tariffe del tributo entro il termine fissato per l’approvazione del bilancio di previsione, in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, redatto dal soggetto che svolge il servizio stesso e approvato dal l’autorità competente.
Poiché soggetto attivo del tributo è il Comune, deve essere il Consiglio comunale a deliberare eventuali riduzioni ed esenzioni, la cui copertura finanziaria deve essere assicurata con risorse della fiscalità generale.
Ma se questa delibera va votata perché parte integrante ed attiva del bilancio sia previsionale che consultivo, con tutte queste incertezze e questi interrogativi, come si potrà’ mai presentare un bilancio comunale affidabile e sperare poi che quadrino i conti dei Consigli comunali?
Ma siamo in Itaglia e per esempio a Messina ormai da anni si approvano bilanci farlocchi… uno in più uno in meno, che volete ci faccia, purché si batta cassa.
Ribadiamo la nostra opposizione a questa tassa così frettolosamente approvata con il miraggio pedagogico di educare i cittadini.
In definitiva questa Tares non è altro che una prosecuzione della Tarsu e della Tari: una tariffa basata ancora una volta su metro quadrato per abitante. Quella che, invece, bisognerebbe introdurre è una tariffa basata sulla produzione pro capite, così da avere un criterio legato a comportamenti specifici, non a dati demografici che non rappresentano la situazione reale. Sarebbe necessaria quindi una tariffa ben definita, con obbligo di porta a porta domiciliare, altro che Isole ecologiche.
Rimane una delle tasse più insulse, come l’Imu, che abbiamo: colpiscono qualsiasi ricchezza senza provocare real cambiamenti e servono solo per fare cassa. Il paragone con l’Imu è più che mai calzante: pensiamo, ad esempio, a cosa accadrebbe se la tassa sulla casa fosse mutuata sulla dispersione termica e non sulla superficie. Ovviamente tutti coibenterebbero le proprie case, raggiungendo grandissimi obiettivi di risparmio energetico. Allo stesso modo, se la tares fosse basata sulla produzione dei rifiuti, permetterebbe una significativa riduzione dei rifiuti prodotti. E invece è tutto il contrario, andando nella direzione opposta.
Questo nuovo balzello arriva in un momento di grave difficoltà per il Paese e porta innanzitutto ad un aumento dei costi per tutti, specie per le imprese, che non possono scaricare l’Iva.. Un altro effetto negativo della Tares è che ai Comuni è demandato un compito da esattori, visto che lo Stato ha imposto un’addizionale minima di 0,30 euro a metro quadrato dando la facoltà agli Enti di aumentarla di ulteriori 10 centesimi, fino a 0,40 euro a metro quadrato.
Un giro di ristorni da confondere le menti più avvertite: questa quota viene versata al Comune assieme alla tariffa ed è recuperata dallo Stato attraverso la riduzione dei propri trasferimenti all’ente locale. Pare il decreto del “facite ammuina” della Regia marina borbonica…
Più semplice di così …. mi direte!
eugenio preta