L’autocensura dell’Occidente
Gli articoli della stampa quotidiana ci offrono un panorama cupo in questa fine di autunno, pur mite, che forse aspetta solo di tornare indietro all’ora solare prima di lasciare posto all’inverno. Non soltanto la politica – attraverso le mediocrità che la reggono e che ci siamo scelti – manca di espletare le sue funzioni peculiari, ma sembrano latitare anche valori e principi basilari che tanto difficilmente avevamo conquistato attraverso, e grazie pure, ad un benessere ormai perduto per le crisi finanziarie che coinvolgono l’intero pianeta.
Ci spaventano però i buonisti e i soloni che pretendono di avere sempre ragione e sarebbe troppo facile e scontato, qui, discutere di povera gente seppellita sotto “l’illimite peloro” della nostra Terra, più delle altre offesa, vilipesa dallo Stato centrale e ignorata dall’Europa, che si dice solidale. Come sicuramente fate voi, ci chiediamo ma dove arriveremo, dove ci porterà la cecità di quelli che dovrebbero essere i responsabili chiamati a risolvere le crisi globali che ci attanagliano…
Tanti anni avevamo letto un libro che presentava ipotesi catastrofiche di esodi biblici di intere popolazioni saheliche che intraprendevano una marcia verso le metropoli europee, verso l’opulenza dell’occidente e si lasciavano morire di fame e di inedia nelle più belle piazze delle nostre città … Una catastrofe che sembrava tanto lontana, solo un’ipotesi letteraria che, nel giro di qualche decennio però, è diventata attuale, realtà ormai quotidiana.
Come non interrogarsi ora sul futuro? Archiviato il periodo di conflitti ideologici e guerre più o meno tradizionali, la pace raggiunta insieme ad un’opulenza effimera non è stata affinata al benessere della gente, alla sua maturazione umana e morale, ma ha aperto piuttosto ogni discussione sulla libertà, sulla liceità degli atti umani, ha rimesso in discussione valori e principi sui quali era incardinato il nostro vivere civile e, avviata senza la dovuta preparazione, sta facendo vacillare il precario equilibrio raggiunto. Non c’è futuro ad esempio nel campo della conoscenza “senza lo ritenere avere appreso” – diceva l’Alighieri- quindi, dimenticato il passato con le sue vittorie e le sue sconfitte, abbiamo intrapreso la strada dell’agnosticismo, di un futurismo che ha tutto rimesso in discussione, politica, scienza e religione ma che non sappiamo dove potrà portarci.
L’Occidente soffre di un grave stato di crisi. Colpevolizzato dalle storture del capitalismo e illuso dal fallimento del materialismo storico, questa sua sofferenza si è ripiegato nello scibile umano e oggi si chiama relativismo, diventato, come diceva Ratzinger prima di abdicare il soglio di Pietro, la vera e propria religione dell’uomo moderno, e rappresenta oggi la vera debolezza dell’Occidente
Quando l’Europa si intestardì a parlare di Costituzione, la questione del richiamo alle radici cristiane, non fosse altro che nel preambolo, si era negativamente risolta non perché non fosse vero che l’Europa non abbia radici cristiane, ma perché – nell’era del relativismo trionfante – il vero non esiste più tanto che insistere nella sua affermazione è chiamato fondamentalismo. Il relativismo abbassa le nostre difese culturali e ci prepara al lasciar correre perché ci fa credere che non c’è niente per cui valga la pena combattere rischiare, perché non ci dà più argomenti o ce ne dà di sbagliati persino quando dovremmo opporci alle richieste più assurde, al tentativo ripetuto, ad esempio di toglierci il Crocifisso dalle scuole.
Non è però col relativismo che possiamo difenderci. Quando dall’Afganistan al Kashmir alla Cecenia alle Filippine all’Arabia Saudita al Sudan, alla Palestina alla Turchia all’Egitto all’Algeria alla Libia, Tunisia e Marocco, e altrove, in gran parte del mondo islamico e arabo gruppi consistenti di fondamentalisti, radicali, estremisti ─ Talebani, al Qaeda, Hezbollah, Hamas, Fratelli musulmani, Jihad islamica, Gruppo armato islamico, e molti altri ancora ─ hanno dichiarato la guerra santa all’Occidente, non solo lo hanno detto, scritto, ma anche messo in opera e diffuso a chiare lettere. Ma l’Occidente finge di non accorgersene, giustificando attentati e violenze dicendo che sono atti di terrorismo da parte di gruppi di fanatici. Purtroppo noi crediamo che sia lo strumento di una guerra culturale e armata che alcuni, troppi, hanno dichiarato all’Occidente.
Ora, è pur vero che questo Occidente è costato al mondo colonialismo, imperialismo, nazionalismo, antisemitismo, nazismo, fascismo, comunismo, e che non è un paradiso terrestre. Però non dobbiamo fermarci agli errori dell’Occidente e per questo radicarci nell’idea di una effettiva colpevolezza dell’Occidente.
Ora pur è vero che la civiltà occidentale ha violato e distrutto continenti e religioni, ma ha sempre posseduto valori che nessuna altra civiltà conosce: quello del dialogo, del confronto nell’accoglienza di tutte le tradizioni, tutti i miti, tutte le religioni, tutti gli esseri umani con una profonda capacità di fare autocritica, che non è affatto relativismo, ma la vera essenza e il vero linguaggio della civiltà occidentale.
Noi restiamo convinti certamente del primato dell’occidente quando ci rendiamo conto che proprio in Occidente, e qui soltanto, la civiltà si sia potuta esprimere attraverso creazioni e istituzioni di valore universale e ci sentiamo offesi quando, a questo proposito, favorito anche dal malinteso progressismo livellante delle intellighenzie sinistrorse, il pensiero prevalente sia che nessuna civiltà abbia valore universale e che la nostra società contemporanea faccia prova di arroganza intellettuale e di imperialismo quando tenta di affermare o di esportare queste istituzioni presso culture e tradizioni diverse dalla nostra.
E’ l’autocensura dell’occidente, celata sotto i panni di ciò che si chiama solitamente “linguaggio politicamente corretto”, una sorta di “neo-lingua” che l’Occidente oggi usa per alludere, insinuare, ma non per dire o affermare o sostenere. E ciò esiste in tutti i campi dello scibile umano e delle scienza sociali e religiose, nelle manifestazioni politiche e nelle differenziazioni ideologiche e nelle pratiche quotidiane.
Ritornando all’Islam, dobbiamo sottolineare come non abbia prodotto nessun modello politico proprio; nessun sistema economico particolare diverso da quelli noti; nessuna istituzione pubblica che funzioni in modo autonomo; nessuno spazio libero fra la famiglia e lo stato; nessun riconoscimento paritario della donna; nessuna comunità sovranazionale diversa da quella religiosa. Insomma, uno scacco politico che male dimostra la sua capacità di assurgere a valore universale.Ma non facciamo la critica all’Islam perché affermiamo che il modello delle istituzioni democratiche e dei diritti dell’Occidente sia migliore del modello dell’Islam, facciamo opera di verità storica.
Il relativismo occidentale invece pensa il contrario, per cui, se si sostiene che l’Occidente sia migliore dell’Islam, che una democrazia sia migliore di una teocrazia, una costituzione liberale migliore della sharia, una decisione parlamentare migliore di una sura, un’organizzazione internazionale migliore della humma, una sentenza di un tribunale indipendente migliore di una fatwa, saremmo imperialisti e fondamentalisti perché situiamo la civiltà occidentale in una posizione di predominio, ritenendo le nostre istituzioni migliori di qualunque altra, soprattutto dell’islam.
La civiltà occidentale sostiene i princìpi del dialogo, della tolleranza, del rispetto ritenendo una sola consapevolezza: che, se qualcuno rifiuta la reciprocità di questi princìpi e ci dichiara una ostilità o una guerra santa, non possiamo trattarlo su un piano di eguaglianza democratica , ma prendere atto che è un nostro avversario e che anche difenderci diventa un nostro diritto sacrosanto.
Si tratta di un primato dell’Occidente, quello della democrazia: non abbassiamo la guardia, non cadiamo preda del relativismo e non facciamo perciò che la democrazia sia solo un evento che provoca sbadigli nei paesi in cui esiste uno stato di diritto.
eugenio preta