In Sicilia la storia sta accelerando – di Massimo Costa
È importante seguire quello che sta succedendo in Sicilia in queste settimane, anzi in questi giorni, anzi di ora in ora. Potremo dire, tra qualche anno, “c’ero anch’io”.
Il momento è davvero esaltante. La grande storia, dopo decenni di assenza, sta tornando dalle nostre parti, e anche altrove farebbero bene a guardarci con meno sufficienza e cercare di capire quello che sta succedendo realmente.
Diceva lo slogan elettorale di Crocetta “La Rivoluzione è già iniziata”. Allora io, e non solo, sorridevo a questa espressione colorita. La Rivoluzione? A braccetto di Monti e dell’UDC di Casini? Evidentemente sbagliavamo di grosso. E le frizioni di oggi, sempre più ruvide, con D’Alia, miracolato parlamentare di un partito che quasi non c’è più, stanno a testimoniarlo in maniera indubbia.
La Sicilia cambia pelle. La Sicilia è oggi più avanti dell’Italia. La Sicilia, se non ha proprio “dichiarato l’indipendenza”, poco ci manca: dopo tanti proclami, ha “proclamato la propria Autonomia” (quella vera). È un processo storico dal quale non torneremo più indietro. Dobbiamo cominciare ad abituarci a riprendere in mano la nostra piccola Nazione dopo secoli di servaggio e di baronìe.
Se uniamo questi fatti, la conferenza stampa del Presidente di ieri, con la misera débacle elettorale dei funzionari bancari europei di qualche giorno fa, si ha la sensazione del day after, della liberazione da un incubo. I camerieri di Francoforte sembrano non capire, fanno esattamente gli stessi discorsi e le stesse litanìe sul debito di un giorno prima delle elezioni. E invece per loro è finita. L’Italia ha tolto il morso, a differenza di tanti paesi mediterranei, più o meno “indignati”, ma poco concludenti. E la miccia, come sempre, si è accesa in Sicilia. E qui, non nella tragedia greca, che è iniziata la Rivoluzione con qualche mese di anticipo. L’Europa adesso dovrà riformare se stessa, non potrà fare finta di nulla, o sarà destinata all’implosione. E IL MERITO E’ DEI SICILIANI! Siamo un Popolo grandioso, non dimentichiamolo mai. Nei momenti più difficili scuotiamo il giogo e vinciamo.
Ma veniamo al merito. In un colpo solo si attua l’art. 15, almeno a metà, eliminando quelle province che da sempre (dal 1819) erano simbolo di centralismo oppressivo e di frazionamento politico della Sicilia finalizzato al suo annientamento. Si abolisce pure un ente parassitario, albergo per politici di serie C, simbolo per eccellenza dell’antico regime partitocratico e democristiano.
Dico “a metà”, perché per ora le organizzazioni periferiche provinciali dello Stato, e prima di tutto le Prefetture, restano saldamente in piedi anziché essere devolute integralmente alla Regione, come prevede lo stesso articolo 15. Ma questo, per ora almeno, non dipende solo da noi, ma da uno Stato da sempre sordo ai diritti della Sicilia.
Ci sarebbero alcuni dettagli da osservare sui problemi attuativi, sui confini dei liberi consorzi, etc. Ma ci sarà tempo e modo in Assemblea di affinare il disegno di legge, che resta epocale.
Ma non finisce qui. Si comincia a resuscitare un altro fossile: l’art. 41, con i Trinacria Bond. Anche qui non entro nel merito del “si può fare di più”, “non è del tutto lecito”, etc. Qui si stanno mettendo in campo Princìpi, si stanno riaprendo antichi teatri di battaglia che sembravano persi per sempre. E il bello è che si sta vincendo, perché dietro a questi provvedimenti ci sono innanzitutto i cittadini siciliani, stanchi del vecchio andazzo, che avevano sempre subito e non voluto.
Si comincia almeno ad enunciare la questione dell’Alta Corte, senza la quale lo Statuto sarà sempre in pericolo. Cose da pazzi! Quello che andiamo predicando da 10 anni almeno, prima come pazzi solitari che parlavano una lingua aliena, poi con sempre più amici al fianco, fino a diventare una valanga, sta diventando realtà.
Quello che sembrava un sogno lontano per i nostri discendenti, la libertà e il benessere per la Sicilia, lo stiamo costruendo giorno dopo giorno, certo a partire da un cumulo di macerie, ma è il trend che conforta, che rende sereni e ottimisti.
Si dà mandato di attuare unilateralmente l’art. 37, dopo 70 ANNI DI MELINA da parte dello Stato! E qui, come sul precedente articolo 41, si nota quasi uno “strappo” istituzionale del nostro. Può la Regione da sola attuarsi lo Statuto nell’inerzia dello Stato? Forse in punta di diritto no, ma le rivoluzioni si fanno in punta di diritto o si mette la controparte di fronte ad un incontrovertibile fatto compiuto? Le maggiori risorse finanziarie di cui dispone la Regione oggi non sono ancora frutto di un altro “strappo”, storico, con cui Alessi, senza attendere nessuno, diede ordine alle Intendenze di Finanza di girare alla Regione le entrate per le principali imposte nell’Isola? Lo Stato poi accettò il fatto compiuto. Allora c’erano ancora in giro i separatisti, non si sapeva mai.
E oggi? Oggi ci siamo noi, i Siciliani. Guai a chi ci tocca!
Massimo Costa