Il Consiglio: La primavera intanto tarda ad arrivare
La facile previsione sull’utilizzo dello spaventapasseri della mafia per giustificare il fallimento della
tornata elettorale siciliana (vedi “Eliogabalo”) ha puntualmente trovato conferma nel giro di un paio di
giorni dal voto tra le “autorevoli” pagine de L’Espresso (leggi articolo).
La tesi secondo la quale l’assenteismo dei carcerati sarebbe legato alla mancata presa di posizione
dell’onorata società è stata facilmente smontata (vedi l’articolo di Scandurra su Linkiesta.it), ma rimane
da dare una spiegazione sul perchè questa fosse una facile previsione.
Il crollo del numero di votanti sotto la soglia del 50% ha un significato ben preciso che pochi vogliono
cogliere ma che continua a fare capolino tra gli incubi di molti. Le regole della democrazia sono chiare
in questo senso: quando ci si trova di fronte ad una divergenza di opinioni, quale appunto quella sul chi
debba governare, la soluzione da scegliere è quella scelta dalla maggioranza dei cittadini. Questo è un
tratto basilare della moderna democrazia parlamentare e che poi si estende praticamente ad ogni ambito
della nostra vita quotidiana. Ebbene, la scorsa settimana la maggioranza dei siciliani ha votato contro il
concetto stesso di democrazia.
L’espediente della “mafia che si astiene” serve a nascondere questa incontrovertibile verità: i siciliani
non solo non credono in questa classe politica (che avevano l’opportunità di affossare votando
massicciamente per Grillo, cosa che in fondo non hanno fatto), essi non credono neanche nel concetto
di democrazia come mezzo per risolvere una crisi oramai cronica. Almeno per il momento.
Ed è grottesca la storia della “mafia che si astiene” che è come cercare l’appoggio della mafia per fare
ingoiare ai siciliani ancora una volta questa santa democrazia (ma non è forse quello che è stato fatto
per più di 60 anni?).
Quelle di sopra sono parole forti che credo in pochi riusciranno ad accettare in modo così brutale, ma
quando noi, i nostri amici, i nostri parenti non siamo andati a votare perchè “non ne vale la pena” non
abbiamo fatto altro che provocare l’enorme smottamento descritto. Anche se individualmente non era
esattamente questo il nostro proposito.
Hanno un bel daffare i media nazionali a parlare di Grillo: l’operazione di salvataggio della democrazia
in Sicilia è fallita, ed invece di votare per essa (in questa congiuntura un voto per il M5S sarebbe
effettivamente stato un voto per la democrazia) la gente è rimasta a casa.
Nel pontificare sui perchè e sui percome, non si potevano cancellare certo 150 anni di siciliano brutto e
mafioso. In quei risultati a perdere la maggioranza è stato anche il clientelismo ed il malaffare (che
forse in Sicilia erano un tutt’uno con la formalità democratica). Evidentemente qualcuno questo non
può ancora accettarlo, e la copertura mafiosa deve essere sembrata la strada più facile.
Torneranno i Siciliani a credere nella democrazia (se mai ci hanno creduto…)? La risposta a questa
domanda si può dare solo sul piano storico e deve necessariamente fare i conti con un discorso più
largo legato alla crisi in cui sembrano versare sia l’Europa che gli Stati Uniti, una implosione già
iniziata che non è più solo economica ma anche politica.
Se pensiamo di essere al termine di un ciclo e che il sistema sia irreversibilmente destinato ad essere
rivoluzionato, allora il non voto non sarebbe che una presa di coscienza, un invito all’arrivo della nuova
era (dominazione?) senza possibilità di ritorno.
La pensa così anche Crocetta forse, che ha proposto proprio a Franco Battiato, grande cultore della fine
del mondo (inteso come ciclo), di stargli accanto in questa delicata congiuntura?
Abate Vella