La scuola dei furbi
Parte da Catania la storia di una compagnia di volo (finalmente avevamo detto noi de L’Altra Sicilia!) con bandiera siciliana ma doverosamente camuffata con un nome mutuato dall’anglosassone, ormai onnicomprensiva lingua di tutto, per poter esercitare la sua operatività nel campo del trasporto aereo nazionale e non, e proprio a Catania riporta la vicenda di un fallimento che resta tutto siciliano, checché ne dicano Pulvirenti o Rantuccio.
Ogni riferimento porta a Wind Jet, fallita da qualche mese ma oggi definitivamente fuori dal circuito non per volontà dell’Enac, il polo del controllo degli aeroporti civili e dei voli guidato, sembra a vita ormai, da un’altro siciliano di Barrafranca, ma per l’intervento dei creditori che le hanno negato assistenza, cherosene e si sono persino riportati in Irlanda quei vettori che avevano concesso in leasing alla società del re della grande distribuzione catanese e mago della squadra “argentina” del Catania Calcio.
Oggi sono 300 mila gli utenti che chiedono il rimborso del biglietto acquistato a Wind Jet, o la ri-protezione su voli dell’Alitalia, dopo aver acquistato a prezzo stracciato il biglietto che Wind Jet ancora imperterrita continuava a vendere pur sapendo di essere ormai in bancarotta e sul punto di chiudere battenti.
Catania è città “sperta”, ma non ha nessun primato neanche in questo: al furbo isolano si aggiungono i furbi siciliani ed ancora altri furbi continentali dell’Alitalia che, speculando sulle miserie di Wind Jet stavano giocando al ribasso per acquisire la compagnia a prezzo di favore, sulle spalle degli utenti, alla fine.
La scuola dei furbi quindi in un paese di furbi, che a niente serve lo Stretto per interrompere quel flusso di furberie, tranne poi a restare tutti fregati dallo stesso ferribotto marchingegno o furbizia.
Avevamo plaudito alla costituzione di questa compagnia di bandiera siciliana, che certo avremmo preferito si fosse chiamata Vola Sicilia o Ali Sicilia o chessò io, ma avevamo capito che i grossi interessi continentali si sarebbero coalizzati per bloccare un progetto che avrebbe portato, spudoratamente, un nome di siffatto peso ed allora avevamo accettato quel nome anglosassone che avrebbe costituito il viatico per poter lavorare e creare occupazione ad almeno 500 famiglie, più’ l’indotto.
Ma, alla fine, non sono state solo le antipatie leghiste del nord a far naufragare quel progetto tutto siciliano ma le stesse furberie di Scapino, cioè quel fare tutto umano dell’arrangiarsi oggi, guadagnare soldi, tanto domani si vedrà, che ha portato alla resa dei conti e costretto tutti, Wind Jet, acquisitori Alitalia, direttori e utenti, a pagare quella tentata moliérata …
Anche in politica pare stia avvenendo la stessa cosa, nella prospettiva di una bancarotta, della politica pero’ questa volta, del prossimo 28 ottobre.
Si tranquillizzi il prof Costa e tutti i nuovi arrivati all’Autonomismo.
Noi de L’Altra Sicilia, non abbiamo mai avuto l’ardire né di porre veti né di avanzare nostre candidature, come accennato nella risposta “Da parte di una di quelle 35 sigle …” e forse non ci dispiace più di tanto se vediamo il gran battere delle grancasse di Crocetta o Miccichè o Cascio o Pistorio, furberie come quelle di Scapino mutuate da Molière che porteranno a reggere i destini della Sicilia le solite facce (immaginiamo la lista FLI che il capo lista Briguglio prevede al 20%), il solito modo di far politica (Crocetta pronto a far lega con l’UDC, a barattare credenze e costumi), le solite lagnatele a posteriori di quanti si sono seduti nelle segreterie del (ritenuto) potente di turno a mendicare il posto di lavoro, l’aumento di stipendio o la progressione falsata delle carriere e peggio, dopo aver rinsaldato quella peste bubbonica che affligge la terra impareggiabile costituita dal clientelismo, dal precariato e dal voto di scambio.
No, tranquilli, L’Altra Sicilia non potrà partecipare con la sua lista alle regionali, ben lo sa il prof. Costa diventato demiurgo costituente e pronto al passo indietro (o avanti)…
Noi figli della Diaspora non potremo esserci per legge iniqua. Potremo curarci il lieve fastidio, il male oscuro della nostalgia impotente a questo punto e soltanto essere sempre lì a servire da pungolo ai cittadini per spingerli a rifiutare una volta per tutte queste caste che si rinnovano sempre come le code di lucertola sui muri a secco, cambiano nome, alleati, partiti, sempre nella logica abietta del non cambiare niente, alla fine più semplicemente nella logica del proprio tornaconto personale sulle spalle del cittadino che ancora non riesce a immaginare quale sfascio gli tocca e, chiedendo scusa a Quasimodo, “… il vento forte che lo avrà cercato…”
Eugenio Preta