Quella voglia malcelata di indipendenza
Nonostante la grande partecipazione popolare che in poche ore ha raggiunto e superato il quorum previsto e la conseguente grossa affermazione dei si’ ai referendum promossi in Sardegna, sembra pero’ che i movimenti autonomisti sardi abbiano fatto un grosso flop.
Con la scusa dell’autodeterminazione e con la fregola dell’autonomia si sono incartati ed hanno posto in essere una serie di richieste referendarie che invece di risultare anti-casta, come era nelle intenzioni dei proponenti, si sono anche rivelate, alla fine, proprio anti-Sardegna, poco lungimiranti e improvvide.
Abbiamo sempre portato grande rispetto agli autonomisti sardi, e al popolo sardo in genere che ha sempre dimostrato di avere una spina dorsale e mai, nelle sue lotte per l’autodeterminazione, si è abbassato a livello di servo, come invece abbiamo fatto noi siciliani, inaffidabili bizantini dormienti, nel lungo cammino per l’applicazione dell’autonomia che pur abbiamo conquistato in uno Statuto, restituito di fatto, con la nostra ignavia, a chi ce lo aveva così malvolentieri concesso.
Quindi onore al popolo sardo e ai risultati di un referendum che Roma cercherà in ogni modo di vanificare, ma che dimostra la vera volontà popolare.
Che poi si sia riusciti a cancellare la norma che equiparava gli emolumenti dei consiglieri provinciali (all’80% di quelli di deputato nazionale) è stata cosa buona e giusta e che si sia imposta la riduzione a 50 degli 80 consiglieri regionali è altrettanto degno, ma le dolenti note arrivano quando si parla di Provincia.
Bisogna innanzitutto riconoscere che, mentre in Italia si chiacchiera senza costrutto, in Sardegna in un sol colpo si cancellano 4 province, quelle istituite nel 2005, e si lancia un grande segnale della volontà popolare circa l’abolizione delle altre quattro, soggette a legge di revisione costituzionale.
Pero’ i sardi, a cancellare le quattro nuove Province, Gallura, Sulcis, Medio Campidano e Ogliastra, ci sono riusciti – i tempi poi saranno quelli che saranno -pur se in realtà hanno consegnato alle vecchie province storiche di Cagliari, Nuoro, Sassari e Oristano quella predominanza che per la natura del territorio sardo suona come una forzatura.
Le nuove province cancellate oggi a favore delle vecchie pero’ che lo possono essere solo con legge costituzionale e che perciò’ resistono alla volontà popolare e da questa situazione ne traggono maggiori vantaggi.
La Gallura storica quindi, che finalmente si era staccata dal sassarese, per gestirsi da sola… i soldi dell’Aga Khan, ritorna sotto le braccia della poco amata Sassari, con l’aggravante che, nel prossimo consiglio provinciale, soltanto i sassaresi avranno le responsabilità che riguardano anche la Gallura rimasta senza suoi rappresentanti istituzionali, ormai licenziati dal referendum.
Ma che dire, noi siciliani, che di referendum … neanche a parlarne e che di Province… ci teniamo strette quelle che ci governano, con tanti sprechi e tanto clientelismo, nonostante il nostro statuto di autonomia sin dal 1946 ne abbia decretato la cancellazione, senza bisogno di leggi di revisione costituzionale?
Certo, l’attenzione portata dai media ai risultati di questi referendum è rimasta molto bassa, quasi a dimostrazione di un fastidio imbarazzato, come succede sempre quando si parla di una cosa giusta che destabilizza un ordine precostituito. Silenzio quindi.
Ma che dire poi delle 13 mila firme presentate alla Corte d’appello di Cagliari da Doddore Meloni, instancabile autonomista, per una consultazione popolare sull’indipendenza della Sardegna?
Firme che superano, le 27 mila, a dire dei promotori, raccolte soprattutto tra le comunità sarde residenti all’estero, le popolazioni che più delle altre soffrono per la disattenzione e la dimenticanza e che sentono maggiormente la necessità di un’identità e l’orgoglio delle origini.
Firme che non hanno niente da abrogare, ma soltanto carattere consultivo per rispondere ad una semplice domanda: volete la Sardegna indipendente?
Siamo convinti che il popolo sardo riuscirà, ancora una volta, a darsi la giusta risposta e continuare quel percorso che fino a ieri sembrava follia.
Dall’isola di Mal di Ventre, proclamata nel 2008, repubblica indipendente di Malu Entu, il movimento qualche risultato lo ha già raggiunto: il recupero e la valorizzazione della lingua, ad esempio.
Il tribunale di Oristano ha concesso infatti che anche nei processi civili, come già avveniva in quelli penali, gli atti, i dibattimenti e i procedimenti si possano svolgere in campidanese.
Il cerchio si stringe: popolo, lingua e territorio. I sardi sono riusciti a riunire le componenti per una sovranità riconosciuta…. .
Che invidia! Noi siciliani, che l’indipendenza ce l’avremmo scritta nello Statuto di Autonomia restiamo a tergiversare, imbelli e incapaci e sempre proni alle volontà esterne mentre, a ben guardare, arrampicandosi persino sugli specchi, il popolo sardo si sta costruendo Autonomia e Indipendenza. E si inventa, giorno dopo giorno, coraggio, orgoglio e battaglie da cui uscire vincitore.
Eugenio Preta