Il 16 gennaio sciopero degli autotrasportatori siciliani
Previsto il blocco totale per 5 giorni delle merci che viaggiano su ruote. Alla protesta aderirà anche il Movimento dei Forconi, in rappresentanza del mondo agricolo.
Il prossimo 16 gennaio i camionisti siciliani bloccheranno il sistema dei trasporti dell’intera isola. La decisione è stata presa in accordo con il Movimento dei Forconi, che rappresenta il disagio del mondo dell’agricoltura, grazie all’intesa tra il presidente di questi ultimi, Mariano Ferro, e quello dell’Aias (Associazione Imprese Autotrasportatori Siciliani) Giuseppe Richichi.
L’agitazione durerà cinque giorni e non avrà solo lo scopo di fare abbassare le accise sul carburante, che ormai ha raggiunto livelli insostenibili per le vita delle aziende di autotrasporto, ma quello di dare prospettive di crescita e di occupazione ad un’intera regione. L’appello, infatti, viene rivolto alle altre categorie produttive dell’isola: al mondo agricolo, agli artigiani, ai commercianti, agli universitari, ai disoccupati. Da più parti, infatti, è stato ribadito il concetto che «non si può più lavorare quando l’acquisto di una merce è di 20 centesimi e il suo trasporto è 50, quando il costo del trasporto supera quello del prodotto il sistema si rompe».
Si rischia dunque, di ritrovarsi in una situazione simile a quella dell’autunno 2000 quando il traffico commerciale su gomma si bloccò per 10 giorni mettendo in ginocchio l’economia dell’isola e causando gravi ripercussioni nell’intero paese. Ma trasportatori e agricoltori tengono adesso a sottolineare che questa agitazione non è uno sciopero contro i siciliani ma è l’unico sistema per indurre la classe politica a mettere in atto strategie, scelte e provvedimenti che possano realmente giovare al mondo della produzione e del trasporto. Una sorta di chiamata alla armi, di mobilitazione, di adunata, che viene lanciata a tutti i siciliani che devono rivendicare con forza la possibilità di avere un futuro per loro stessi e per i propri figli.
«Mentre la politica è inerte – afferma Richichi – le aziende chiudono e si perdono posti di lavoro, così si sprecano i soldi per pagare gli operai in mobilità o per il sussidio per i disoccupati o per lavori socialmente inutili. Mentre si continua a non fare nulla perdiamo quote di mercato e le banche ci strozzano sempre di più. Tutto questo è inaccettabile in una Regione a statuto autonomo,che ha il potere di gestire in piena autonomia gli interessi della Sicilia senza chiedere il permesso politico a Roma. Chi pagherà il danno che il popolo siciliano sta subendo per l’incapacità della politica?».
«Ad esempio – continua il presidente dell’Aias – di chi è la colpa della non realizzazione delle infrastrutture, che avrebbero fatto della Sicilia l’unica piattaforma nel bacino del Mediterraneo, collegandola al Corridoio 1 Palermo – Berlino? La nostra regione non merita questo atto di vandalismo politico. Ma attenzione a non sottovalutare lo stato di crisi economica che può degenerare in ribellione di massa, visto che due persone su dieci hanno un lavoro stabile e il resto vive in precarie condizioni economiche».
Giovanni Iozzia