Con la scusa della crisi
Mentre gli Stati nazionali si confrontano con le agenzie di rating private – e per di più americane, a conferma di un’iniziativa concentrica per togliere ai cittadini il diritto di intervento e di decisione – che si permettono di stabilire particolari classifiche di inadempienze per declassare (ma da dove?) gli stessi Stati ristabilendo il primato di banche e finanza private sulla sovranità nazionale e sull’autodeterminazione dei popoli, l’Europa, che si voleva politica e mondialmente potente, mostra per intero la sua vera natura e tutto il suo fallimento.
Sintomatico è il fatto che la troika europea, BCE, FMI ed UnioneEuropea, per mano di quattro impiegatucci assurti a demiurgi, si possa installare ad Atene, ma anche a Dublino, o Madrid o a Roma, scavalcare le prerogative dei responsabili nazionali e dettare condizioni capestro, che neppure gli usurai più incalliti avrebbero mai immaginato, per la concessione di un mutuo che possa consentire alla Grecia di far fronte all’immane indebitamento cui governi imbecilli l’hanno spinta.
La crisi finanziaria dell’eurozona, che si tenta di curare con interventi palliativi come il Fondo salva Stati, nella speranza che l’effetto domino non debba scatenarsi, ha come diretta e terribile conseguenza una stretta decisionista imposta da un surrettizio governo burocratico supereuropeo sugli Stati in difficoltà.
Con la scusa della crisi economica, si cerca di imporre tecnicamente una “governance” politica agli stati membri. Laddove convenzione, tentata costituzione, diritti e modelli statali avevano fallito, oggi con la moneta sembra effettivamente potersi insediare un nuovo modello istituzionale, con buona pace delle sovranità delle Nazioni.
Un organo federale di natura semplicemente tecnica che interviene sul governo di un paese membro perchè ne compra il debito e ne evita la bancarotta – fa alla fine quello per cui era stato creato- non può permettersi di rimettere in questione le sovranità nazionali e approfittare della crisi per ridisegnare a caldo le loro democrazie non soltanto indicando linee guida economico-finanziarie ma prescrivendo perentorie misure decisionali che costituiscono un attentato ai diritti acquisiti, alle prerogative statali, alla libertà ed alla democrazia.
Ci riferiamo al metodo decisionale che la lettera di Trichet indica ai Paesi in difficoltà: il ricorso al decreto legge, lo stesso che Berlusconi ha inflazionato certamente ma che Napolitano ha altrettanto spesso criticato e il cui utilizzo/abuso, viene oggi raccomandato dalla BCE in nome di un’emergenza annunziata e mai affrontata per intervenire nel fulcro vitale degli Stati nazionali.
Tutto un passato di democrazia parlamentare viene oggi messo in cantina ; le discussioni e i confronti parlamentari vengono così superati . Sono i banchieri centrali che stabiliscono tempi e metodi di intervento politici. La BCE interviene nel dibattito nazionale interno, nelle materie che gli ordinamenti interni degli stati regolano abitualmente e possono regolare anche attraverso l’istituto del referendum ed impone misure che mandano a monte tutta una tradizione di diritti dei cittadini soddisfatti sempre con la discussione e la contrattazione sociale : la privatizzazione dei servizi pubblici, la riforma salariale collettiva, le norme sul licenziamento, la riduzione degli stipendi per i dipendenti pubblici, i tempi della pensione, l’introduzione degli indicatori di prestazione negli uffici pubblici.
Si sospendono in poche parole gli automatismi creati dallo Stato nazionale, si ridisegna il ruolo di sindacati, forze sociali e governo, si restringe paradossalmente lo spazio democratico all’interno di uno Stato sovrano.
Un’Unione europea che permetta questo agire perde ogni democraticità e dimostra chiaramente quello di cui avevamo sempre sospettato e che avevamo criticato: la sua attenzione più che al sociale, alle regole, alla giustizia, all’etica pubblica, alla tenuta dei conti, come se lo scellerato patto di stabilità che comprime gli Stati e impedisce loro ogni riforma seria, fosse ormai diventato legge inderogabile dell’Unione, nonostante nel 2003 sia Francia che Germania si siano permesse di trasgredire quelle regole già firmate e, nonostante tutto, intervenire sul deficit statale e restare impunite.
Ci avevano insegnato che questa Unione europea trovava sua sostanza e interesse in un cosiddetto modello europeo fatto di giustizia sociale, correzione delle diseguaglianze, tasse ripartite con equità e senza possibilità di elusione, correzione delle diseguaglianze tra generazioni, tra classi sociali e tra regioni.
Invece no, niente di tutto questo.
Le imposizione di BCE, FMI e Unione europea, dimostrano due pesi e due misure: se, con la imposizione di tagliare pensioni e salari ai meno abbienti si dimostrano indifferenti a come gli Stati sanano i conflitti di classe, sembrano tuttavia rimanere soggiogati dalle imposizioni degli Stati più potenti come quando, ad esempio, Francia e Germania si oppongono che il Fondo salva stati sia un fondo federale, imponendo che ogni piccolo Stato partecipante possa esercitare il potere di veto e rimanendone perciò i soli padroni.
Ufficio Stampa
L’Altra Sicilia