Al governo? Ormai c’è Moody’s. All’opposizione? Ormai c’è Fitch
Chi conosce il giornalismo ufficiale si sarà stupito a sentire uno dei più recenti editoriali di Francesco Verderami su Sky Tg 24 sulle riunioni dell’Eurogruppo dedicate alla crisi greca.
Verderami, da tipica firma del Corriere della Sera, è infatti un giornalista disciplinato, abituato a utilizzare concetti ed espressioni paludate, ben attento a non ledere le regole non scritte della diplomazia politica.
In uno dei suoi editoriali, Verderami si è improvvisamente scagliato contro i rappresentanti dell’Eurogruppo rei, a suo avviso e non a torto, di pensare come agenti di borsa e non come politici. Ha infatti detto che ormai la politica pensa solo “al giudizio delle agenzie di rating” che non a darsi una strategia. Una rottura, a suo modo, di stile che è indice della tensione che si respira, per le condizioni di questo paese, in chi a diveso titolo si occupa di informazione finanziaria.
Negli stessi gironi Moody’s, una delle agenzie di rating che ha diretta responsabilità nel disastro finanziario globale del 2008, ha cominciato a intervenire pesantemente nel dibattito politico italiano. Prima del raduno di Pontida ha fatto capire che, in caso di taglio delle tasse come chiesto dalla Lega, il debito italiano sarebbe stato declassato. Il che avrebbe un effetto concreto devastante: un paese con debito declassato dalle agenzie di rating è infatti costretto a rifinanziarsi sul mercato accedendo al credito con interessi maggiori. Aumentando così il proprio debito e tagliando la spesa pubblica per diminuirlo, entrando in questo modo in una spirale economicamente depressiva.
Consapevoli, o avvertiti, del problema i leghisti hanno corretto il tiro sul taglio delle tasse in occasione del raduno di Pontida. Solo che il protagonismo di Moody’s nella politica italiana non è finito qui. L’agenza di rating ha fatto sapere che monitorerà, e valuterà, azioni e obbligazioni delle principali aziende italiane e la situazione finanziaria delle principali province e dei maggiori comuni.
Un meccanismo di tutela, creato con la forza della comunicazione finanziaria, su buona parte della sfera istituzionale italiana. Visto che, come ha notato Verderami, il ceto politico guarda alle agenzie di rating mica all’elettorato. Vista anche la finanziarizzazione degli enti locali, fenomeno che è cresciuto vertiginosamente in un solo lustro, si capisce quindi come sia potente il potere di regolazione del comportamento politico in Italia da parte delle agenzie di rating.
Improvvisamente, su suggerimento di qualche banca italiana ma anche per proporsi come protagonista nel nostro paese, appare il giudizio di Fitch, altra agenzia di rating, altra responsabile del disastro finanziario globale del 2008. Fitch, dando giudizi meno severi sull’Italia, si pone quindi all’opposizione della più conosciuta, ed influente, agenzia di rating.
Disse una volta Lamberto Dini, all’epoca presidente del consiglio, rivolgendosi a chi lo criticava, accusandolo di trascurare il volere dell’elettorato, alla camera dei deputati: ” gli elettori votano ogni cinque anni, i mercati finanziari tutti i giorni”. Da allora sono passati oltre quindici anni e la differenza apprezzabile sta nel fatto che il mercato finanziario, tramite le agenze di rating, non solo vota tutti i giorni. Ma si disponde dando indicazioni di governo, tramite Moody’s, o opposizioni a queste indicazioni.
fonte: www.senzasoste.it