La politica di Trenitalia in Sicilia
La considerazione in cui è tenuta la Sicilia da parte degli amministratori di Trenitalia è dimostrata dalla qualità dei servizi che i siciliani si vedono offerti dal servizio ferroviario e dalla improponibile modernità di tratte e carrozze.
Mentre il ministro senza voti Matteoli e l’amministratore delegato Moretti hanno intrapreso una campagna di investimenti massicci, in continente pero’, per i treni veloci, che tuttavia restano lenti, e per potenziare i servizi al passeggero, che rimangono sempre approssimativi se non latitanti, in Sicilia questi signori decidono di dare avvio ad una politica di forti riduzioni, e possono concedersi di farlo, “more solito”, grazie alla classe politica siciliana che si dimostra, una volta di più, inadeguata ed incapace.
Nella logica dell’obbligo di fare economie e di limitare le uscite di bilancio, Matteoli e Moretti hanno individuato nel comparto ferroviario siciliano il fronte debole da attaccare sia perché maggiormente bisognevole di interventi strutturali sia perché meno “coperto” a livello di rappresentanti politici locali e, nello scorso mese di marzo, hanno dato avvio alla politica dei tagli al comparto ferroviario siciliano con l’iniziale soppressione di 6 delle 16 vetture in servizio sulle tratte maggiori e più utilizzate dell’Isola.
Teniamo presente che poi riescono pure a (s)parlare del necessario sviluppo del sistema turistico, economico ed imprenditoriale della Sicilia, vengono a firmare gli accordi per dare avvio ai lavori per la costruzione di quel Ponte presentato come possibilità di occupazione e sviluppo, ( delle loro tasche ), ma immaginano di poterlo fare così, come un’opera di magia fine a se stessa, senza interventi strutturali necessari, senza, ad esempio, il supporto della ferrovia, forse rimandandoci al sistema dei torpedoni e delle corriere, al nuovo cinema paradiso. Questo, lor signori, pensano che si meriti la Sicilia, nel silenzio più assoluto della classe politica siciliana, poco avvezza ad alzare la testa per fare sentire le ragioni della gente.
Da qui le agitazioni sindacali dei lavoratori siciliani delle ferrovie e degli appalti che costringevano Matteoli a sospendere la misura restrittiva e ripristinare l’originario servizio, vigliaccamente pero’, perché nel nuovo orario dei treni pubblicato lo scorso 12 giugno, il Ministro si è rimangiato gli accordi presi a Marzo ed ha reso esecutivo, col beneplacito di Moretti, il taglio del 7% dei servizi già contestato: sei vetture sono state soppresse per un totale di ben 280 posti passeggeri, soprattutto nel servizio notturno.
Per intenderci nei treni a lunga percorrenza, quelli una volta “del sole” , che vanno al nord.
L’ALTRA SICILIA ha cercato e cerca continuamente di stimolare l’orgoglio e la dignità dei siciliani, convinta che essi debbano farsi carico del loro stesso destino prendendo in mano le decisioni che li riguardano da vicino, senza lasciare che questa casta rappresentativa siciliana, ormai decotta, possa interessarsene, tanto ha dimostrato incapacità e limitatezza. L’ALTRA SICILIA propone un nuovo rinascimento che metta i siciliani in grado di ribellarsi alle ingiustizie e rivendicare il loro ruolo in tema di progresso e sviluppo dell’intero Paese.
Ma se nonostante tutto i siciliani, ricevono il trattamento riservato loro da Matteoli e Moretti, quindi dell’Italia, vengono maltrattati e offesi, perché dovremmo restare legati ad uno Stato che dimostra sempre più di non averci mai amato?
Perché non dare più forza, dal basso pero’, all’Autonomia?
Perché può fare sorridere se l’indipendenza dall’Italia la “racconta” il Ministro Presidente della Regione Siciliana dott. Raffaele Lombardo e allarma invece se L’ALTRA SICILIA la indica da tempo come ultima possibilità di sviluppo?
La vicenda dei treni è emblematica di questo “amore del nord per il sud”.
Dopo lo scempio dell’Isola del 1860, il Governo Provvisorio Dittatoriale creato da Garibaldi, si premuro’ di istruire una Convenzione che affidava a due banchieri, Adami e Lemmi, la realizzazione di una ferrovia siciliana, per obbedire alle esigenze dei siciliani certo, ma soprattutto per trasferire al nord casse introiti. I banchieri erano di Livorno.
L’affare sembrava importante, tanto che il nuovo governo sabaudo, revoco’ la Convenzione e la trasferì alla società Vittorio Emanuele, società italica a capitale interamente francese: ci risiamo, la Storia si morde la coda!
Per avvicinarsi ai tempi nostri, negli anni 60 col decreto Scalfaro rinforzato nei ’70 da quello Signorile, lo Stato centrale avvio’ la dismissione di alcune linee ferroviarie siciliane ritenute troppo onerose da quello Stato unitario.
Ma ancora oggi, la Sicilia continua a prendere schiaffoni dallo Stato e, nonostante il gran ammodernamento pubblicizzato da Trenitalia con dispendiosi spot pubblicitari rivolti anche all’estero, le ferrovie della nostra povera Isola riescono a coprire una tratta di soli 1209 chilometri, sempre e regolarmente ancora a scartamento ridotto. Di questi, 631 chilometri sono elettrificati e soli 169 chilometri viaggiano a doppio binario: poi dici il progresso…. e la politica dei trasporti indirizzata alla Sicilia negli investimenti di Trenitalia per un intero Paese !
Ufficio stampa
L’ALTRA SICILIA – Antudo