Costo della democrazia ma non della politica
Circola, negli ambienti istituzionali, nazionali, regionali e locali, la fandonia secondo cui le enormi spese sostenute per le attività pubbliche siano necessarie, tutte raggruppate in un’unica denominazione: costi della politica. Che si tratti di una fandonia e di un raggiro nei confronti dei cittadini lo sanno ormai tutti, ma possiamo ulteriormente stendere qualche esempio.
L’abitudine dei diversi Governi, di centrodestra e centrosinistra, di non fare svolgere i referendum obbligatoriamente accorpati ad una tornata elettorale, fa sperperare oltre 300 milioni. Le spese di Camera, Senato, Quirinale, Assemblea regionale, sono nettamente superiori alle corrispondenti istituzioni d’Europa. In particolare, Palazzo dei Normanni, con i suoi 171 milioni rispetto ai 72 milioni della Lombardia, è l’emblema dello spreco che c’è in Sicilia, inutilmente nascosto sotto la solita insegna: costo della politica.
I presidenti di quell’Assemblea non sono riusciti mai a spiegare all’opinione pubblica cosa facciano i consiglieri regionali siciliani in più rispetto ai consiglieri regionali della Lombardia.
Il finanziamento della politica ha un suo principio equo: consentire a chi non ha risorse proprie di scendere nell’agone democratico e misurarsi con le proprie capacità, anche se privo di risorse finanziarie. Quindi, nessuno può contraddire la necessità che la politica venga finanziata.
Discorso opposto è quando tale finanziamento non sia condotto all’essenziale, ma a foraggiare privilegi di ogni genere che trasformano chi ne usufruisce da servitore dello Stato a parassita dei cittadini. è proprio il diffondersi di questo parassitismo che ha screditato il ceto politico, con il risultato evidente di un’astensione generalizzata intorno al 40 per cento.
Reputiamo gli uomini politici dotati di normale intelligenza. Essi si rendono conto che la situazione attuale non può continuare. Eppure non sono capaci di fare un atto di contrizione e, anche senza chiedere perdono, ritornare sui propri passi e ridimensionare il costo della politica ad una condizione sufficiente, ma non debordante. Tutti hanno diritto di fare politica, usando le risorse dei cittadini, ma non abusandone per arricchirsi o per tornaconto personale.
Lo scandalo degli scandali è dato dal finanziamento pubblico delle campagne elettorali, quando ad ogni partito viene dato un rimborso di un euro per voto, anche nel caso di scioglimento prematuro delle Camere.
Ma i privilegi non si fermano al periodo in cui dei cittadini rivestono incarichi istituzionali. Essi proseguono anche dopo. Vi sono tanti ex, tra presidenti della Repubblica e delle Camere, presidenti dell’Assemblea, presidenti di Commissioni, ministri, alti magistrati ed altri che continuano a usufruire di auto blu, di segreterie e di rimborsi di vario genere. Non accade come in Svezia o come in Svizzera, dove ogni responsabile pubblico, alla fine della carriera o del mandato, ridiventa un privato cittadino e perde ogni indennità o privilegio, mentre continua a vivere con la pensione o con il reddito del proprio lavoro.
Quando Tremonti si accinge a tagliare, sa già cosa potrebbe fare. Però non si regola in base al principio di equità, ma a quello di non toccare i fili dove passa la corrente, cioè la tutela delle corporazioni di ogni genere, inventate dal fascismo e tuttora esistenti.
Perché si è diffuso il vezzo di comprare auto blu da 60 o 70 mila euro? Tolte le quattro cariche dello Stato, tutti gli altri potrebbero girare con la Panda, o meglio ancora con i taxi. E invece no. Appena si supera la soglia del Palazzo, si cominciano a pretendere uffici, segretari, autisti e auto di grossa cilindrata. Naturalmente tutto a carico delle nostre tasche, anche di chi tra noi guadagna 1.400 euro al mese o si trovi in cassa integrazione.
Una palese e stridente iniquità, che politici sordi, muti e ciechi non vogliono sentire, dire e vedere. Il peggio è che essi non provino vergogna, anzi quando parlano in luoghi pubblici sono tronfi, presi di sé e spesso considerano gli uditori sudditi e non cittadini.
Siamo chiari, però. Nel ceto politico si trova tanta gente onesta e capace, che per dare ascolto alla propria coscienza non sempre viene valutata per quella che è. Il bivio tra il bene e il male si presenta ad ognuno di noi: scegliere il primo ha sempre un costo, spesso pesante.
Il Blog del Direttore
Carlo Alberto Tregua
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