Tra squali… o buddaci
L’occasione sarebbe stata troppo ghiotta, una di quelle da non perdere; avremmo avuto un palcoscenico privilegiato in questo pomeriggio domenicale perché il giro ciclistico d’Italia, per una felice e fortuita coincidenza, arrivava nell’Isola proprio questo 15 maggio, il giorno della festa, della celebrazione dell’Autonomia, una data che noi de L’Altra Sicilia, oggi veramente un’altra rispetto allo spettacolo dei siciliani addormentati mentre passava la carovana dei ciclisti, abbiamo preteso venisse celebrata senza cambiamenti né spostamenti di data.
Avremmo potuto dare al mondo della televisione sportiva e dei media internazionali l’immagine di una terra fiera delle sue origini e della sua identità, una terra che si sarebbe distinta non nelle bandiere della Coca-Cola o della Gazzetta dello sport, ma nella bandiera dei suoi colori originali giallo-rossi, attraversati dalla Triscele.
Purtroppo abbiamo perso questa occasione unica.
L’immagine trasmessa dall’Isola, dai teleschermi, è stata quella di una terra anonima. Non c’era nessuna differenza: avremmo potuto essere a Busto Arsizio o a Macerata, sarebbe stata la stessa cosa, mentre invece attraversavamo le terre del mito, le strade del mare e della neve, le mitiche salite verso il Mongibello, nero di lava e bianco di neve.
Che tristezza vedere quei paesi delle falde dell’Etna addormentati, la gente quasi restia a uscire in strada per celebrare non solo un avvenimento sportivo, ma la concomitanza di una data importante. E invece niente, nessun entusiasmo, neanche una bandiera giallorossa a sventolare in quello che doveva essere il nostro fortino, assediato da menefreghismo e ignavia.
A chi oserà poi raccontarci che i siciliani sono cambiati, ora possiamo tirare una grossa pernacchia. Oggi, 15 maggio, data topica dell’orgoglio siciliano non siamo riusciti, noi siciliani, a dimostrare al mondo, anche se soltanto attraverso le riprese televisive, di essere popolo dignitoso e orgoglioso: occasione mancata, l’ennesima.
Cosa volete aspettarvi? Abbiamo seguito le riprese televisive, meravigliose, di località uniche, un ambiente introvabile con la neve sui campi neri di lava; cammini e strade assolate in mezzo a muri di pietre vulcaniche. Poi l’attraversamento dei paesi alle falde dell’Etna, Zafferana, Linguaglossa, Milo, Nicolosi, con la gente che si affacciava sul marciapiede stupita, come nel presepe di Natale lo è “u’ meravigghiatu da rutta”, a vedere questo strano serpente colorato di biciclette che squarciava il loro tranquillo pomeriggio. Festivo o feriale? Non importa, qui tutto rimane uguale che sia domenica o lunedì, tutto scorre nell’immutabilità dei volti e dei destini.
L’occasione sarebbe stata unica: dimostrare al mondo la nostra peculiarità. Abbiamo perciò visto molte bandiere rosa, bandiere italiche ma nessuna bandiera siciliana, bannera di nuatri, bandiera nostra dell’anima e del cuore.
Passando davanti ad Acireale, persino nel municipio, inquadrate dalle telecamere, solo tre bandiere, e sapete quali? Quella con le stelle dell’ Europa, inutile, quella tricolore , fuori posto e poi …quella granata della città di Acireale, svilita dal fatto di non potersi appoggiare alla Triscele.
Triste spettacolo vedere paesi come Aci Catena, Aci Sant’Antonio, la città del carretto siciliano, senza entusiasmo, balconi di squallido cemento su strade bellissime di sole e colori, ma senza la bandiera giallorossa della Triscele, spettatori annoiati nel vedere questo loro sonno squarciato da una colonna variopinta di strani ciclisti.
Come rivivere lo stupore del villano davanti ad Alistair Crowley , il forestiero folle, nottetempo casa per casa, quando Consolo disegnava le sue notti siciliane scatenate nelle orge e nei fumi. Meraviglia e stupore come davanti a cose strane, cose fuori dal comune.
E invece sarebbe stato molto più semplice sventolare la bandiera giallorossa per dire eccoci, ci siamo, comprendiamo il momento e sventoliamo la nostra dignità… Niente!
Poi ci racconteranno anche quanti giovani hanno abbracciato la lotta dell’Autonomia di Lombardo, ci diranno che i sicilianisti dell’MPA c’erano: noi non li abbiamo visti. E dire che sarebbe stato molto facile ai tanti amministratori e sindaci dell’MPA riempire le strade di simboli e bandiere. Dove erano i falsi movimenti sicilianisti di Lombardo?
Esistono, e lo diciamo da tempo noi de L’Altra Sicilia insieme agli amici della vera autonomia – presenti solo loro al traguardo di tappa, e di questo li ringraziamo -, soltanto a parole e nelle aspirazioni degli speculatori come Lombardo o Miccichè. Dove erano le bandiere dei famosi e tanto celebrati partiti del sud?
Esistono soltanto a chiacchiere. Delusi abbiamo continuato ad osservare le riprese televisive: bandiere rosa e bandiere della coca cola, ma di drappi giallorossi con la Trinacria, neanche l’ombra.
E’ un attimo, quello del passaggio della carovana. Poi ritornava il silenzio, il sonno di vecchi con la pancia prominente che tiravano l’ultima boccata alla loro sigaretta e si ritiravano nelle loro case.
A questo punto ci siamo riempiti la bocca con lo squalo dello stretto, il ciclista Vincenzo Nibali, siciliano che abita pero’ in Toscana, altro che messinese.
Non più squalo ma, alla luce del risultato finale, soltanto buddace, il pesce dello stretto dalla grossa bocca e dalla poca sostanza, esempio tipico della metafora che offre oggi la Sicilia.
Un’unica nota positiva: in prossimità del traguardo, un nugolo di bandiere giallorosse osava sventolare il nostro orgoglio: erano i veri autonomisti che, grazie a Dio, riuscivano a riscattare la vergogna di strade senza bandiere nè simboli identitari.
Allora meglio quella decina di bandiere, quella macchia di colori siciliani in un deserto di oltre 160 chilometri soltanto di rosa e di tricolori e meglio quella decina di spettatori generosi che testimoniavano la loro fede invece del contesto di 300mila spettatori ignavi e incapaci di testimoniare la Storia che passava, questo pomeriggio di maggio, insieme al giro d’Italia, a fianco della nostra Isola.
Eugenio Preta
L’Altra Sicilia- Antudo