SICILIA, LA DIGNITA’ CALPESTATA

Bruxelles, 07/05/2004

Lo svolgersi della Storia non è per niente originale. I suoi
cicli
ritornano continuamente e gli uomini niente fanno per tirare lezione
dal
passato.

Così, non ci pare oggi che le dominazioni straniere
dell’Isola si
siano esaurite – tra gli aneliti unitari – in quello Stato sabaudo
che, ad
esempio, incamerava allora i beni ecclesistici e demaniali,
imponeva la
coscrizione obbligatoria, affamava i contadini, dichiarava lo
stato di
brigantaggio, aumentava le imposte dirette, affrontava una riforma
agraria
senza creare la piccola proprietà terriera, ma continuino anche
in un
moderno Stato centralista che ancora gestisce lo Statuto di autonomia
per
rispondere alle esigenze clientelari della classe politica e dei
partiti
che di volta in volta si alternano al governo dell’Isola e non
per
soddisfare le esigenze dei Siciliani.

“L’ALTRA SICILIA” osserva come, negli utlimi 50 anni,
nonostante il
successo momentaneo di un aggregato politico siciliano svanito poi
nel
tradimento, nelle gelosie e nelle lotte interne, sia mancato quel
riscontro
elettorale che in democrazia serve a dimostrare la validità di un
progetto
politico e così ha ritenuto di dover scendere in campo, in prima
persona,
per dare un primo segnale di quella spinta alla rinascita dell’Isola,
che
pur in molti sentiamo fermentare.

Non vogliamo qui ripetere le pressioni ricevute per impedire
l’affermazione
di una lista siciliana che faceva paura, visto il potenziale
regionale a
cui si rivolgeva e il supporto culturale su cui poteva contare: il
giornale
“L’Isola” che è diventato una realtà criticabile forse, ma
certamente
inconfutabile.

Ci siamo quindi rivolti all’intelligenza del Siciliano, senza
opprimerlo
con messaggi e ritornelli ruffiani, al vero Siciliano che, pur
vivendo
all’estero, non si è lasciato contaminare dal linguaggio
dell’assimilazione
e non riesce a mettere in un unico calderone tradizioni e cultura
e si
oppone ad una globalizzazione di cui non sa che farsene. Abbiamo
quindi
imparato che, pure all’estero, le campagne elettorali anche le
meno
appariscenti, come quella per l’elezione del Comites, si muovono
in un
contrasto di accordi, nella logica del voto di scambio, in falsi
amici e
faccendieri di turno. Ma invece di scoraggiarci ci siamo
rimboccati le
maniche e ci siamo imbarcati nell’avventura della presentazione di
una
lista siciliana convinti di dover dare l’esempio e il segnale
di un
processo di riscoperta identitaria e di valorizzazione della nostra
gente.

Le indicazioni che però oggi ci provengono dal clima elettorale
avanzante
ci consegnano due realtà: quella di chi sta all’interno della
Sicilia e
quella di chi invece dall’esterno ne è osservatore attento.

La prima, gelosa delle prerogative conquistate con il rimanere sul
posto,
nel luogo in cui è nata, pronta alla logica dell’interesse
personale a
dispetto del tutto, senza grandi ideali, in un perenne
dormiveglia
gattopardesco; l’altra, che è partita per stare meglio, che ha
lasciato
terra, genitori e affetti, che vive di sacrificio e di nostalgie e
cerca di
trovare quell’identità che la partenza le ha fatto smarrire,
spaesata in
un’appartenenza dimenticata, sostenuta nella forza di andare
avanti
ipotizzando un’Isola che invece non c’è più.

Le prossime elezioni europee, favorite da un sistema elettorale che
premia
anche le piccole formazioni politiche, avrebbero consentito ad una
forza
politica veramente interessata a tutelare l’Isola e i suoi abitanti
una
rappresentanza importante nelle istituzioni europee. Presenza che
avrebbe
posto un’Isola di oltre 5 milioni di abitanti nei centri decisionali
del
continente e avrebbe consentito la rappresentazione diretta delle
esigenze
e delle aspettative dei Siciliani senza permettere, così com’è
avvenuto,
che i partiti del Nord scendessero in Sicilia, “novelli
Garibaldi”,
assoldando lanzichenecchi e presentandoli in liste che niente hanno a
che
spartire con la nostra storia, la nostra cultura, il nostro sentire.

Ora non siamo riusciti a metterci d’accordo sulla necessità di
farci
trovare uniti e preparati di fronte alla sola possibilità di riscatto
che
ci si offre oggi: eleggere nostri rappresenanti.

Cerchiamo di imitare il Nord ma dimostriamo di non aver imparato
nulla da
questo Nord.

Che Lega Nord o Lega Lombarda si propongano al giudizio degli
elettori
rimane certo un loro diritto. Ma che si presentino, alla luce
di
un’ideologia separatista e anti-meridionalista, addirittura agli
elettori
Siciliani, dopo aver assoldato gli ascari di sempre, pronti a vendersi
per
un posto al sole senza peraltro richiedere riferimenti
espliciti
all’identità dell’Isola, questo ci offende e ci fa del male
umiliandoci
nella nostra dignità. Specialmente perchè, contattati da questa
stessa
gente, avevamo avanzato innanzitutto pretese di identità,
identificazione
certa e programmi per la Sicilia e, non avendone ricevuto
assicurazione,
avevamo declinato l’offerta.

E tutto questo obbedisce, alla fine, ad una logica abietta:
impedire
l’affermazione di un partito identitario siciliano, paritario
nella
rappresentanza ai partiti tradizionali, e annacquare nei soliti
partiti
centralisti gli aneliti siciliani a “sollevare la testa”.

“L’ALTRA SICILIA” continua la sua opera di riappropriazione
storica, ma
soprattutto civile, sociale e culturale dell’essere siciliano. Un
modo di
essere forgiato da secoli di dominazioni, certo differenti e
importanti e
di difficile comprensione, ma da cui è nato un popolo siciliano e con
esso
gli ideali di una nazione Sicilia.

Smarrendo quel senso di libertà e di indipendenza che lo ha
portato a
lottare per uno Statuto di Autonomia, oggi sempre disatteso, il
popolo
siciliano è costretto, ancora oggi, ad affrontare lontananza,
sacrifici,
dispetti e nostalgie.

Eugenio Preta