Surriscaldamento globale [ilconsiglio.blogspot.com]

Il Financial Times del 19 febbraio scorso pubblicava una vignetta (visibile in fondo a questo post) nella quale veniva raffigurato l’effetto domino dovuto alle ribellioni che si stanno propagando in alcuni paesi arabi. A sinistra una folla inferocita che brandisce cartelli con slogan in inglese precipita gli eventi facendo crollare le tessere di Tunisia ed Egitto. Dall’altra parte, all’estrema destra, troviamo la tessera italiana che cadendo schiaccia Berlusconi.

L’immagine presenta dei particolari interessanti. Innanzitutto non sono italiani quelli che protestano chiedendo a qualcuno di andare via subito (“Go now”), ma arabi, e lo si può vedere dalle facce, dal colore della pelle e sopratutto dalla donna velata di nero. La sequenza di eventi raffigurata suggerisce quindi che le proteste nel mondo musulmano finiranno per coinvolgere il primo ministro italiano.

In secondo luogo, non è solo Berlusconi destinato a rimanere schiacciato: lo stesso stato Italiano, rappresentato dall’ultima tessera a destra, sembra dover soccombere alla pari di quelli di Tunisia, Egitto e probabilmente Libia.

Infine, la cosa più stuzzicante è che la tessera che provoca il collasso dell’Italia è denominata “Libia”.

Alla voce “Freedom fries” la wikipedia da la seguente definizione:

Freedom fries è un eufemismo per French Fries [Patatine fritte in inglese, ndt] usato da alcuni negli Stati Uniti a causa dei sentimenti anti-francesi sviluppatisi durante la controversia sulla decisione americana di lanciare l’invasione irachena nel 2003. La Francia alle Nazioni Unite presentò una ferma opposizione all’invasione

In un mondo in cui le risorse scarseggiano in confronto al fabbisogno dei suoi abitanti, la violenza è destinata ad apparire come arma della disperazione. Una violenza che non riuscirà lo stesso ad evitare l’implosione del sistema stesso. Quel sistema esiste ed è chiamato occidente, e la risorsa vitale che oggi appare come scarseggiante è il petrolio (si veda il post “Tutti a piedi”).

Le crepe nel fronte occidentale dovute alla mancanza dell’oro nero apparvero prepotenti in occasione della guerra in Iraq: la Francia con la sua opposizione cercava di difendere i contratti della Total. Il contrasto fu popolarizzato negli USA con la storia delle “Freedom fries”. In quel caso comunque il peggio (nella forma di un confronto militare diretto tra i transalpini ed gli americani) fu evitato ed i francesi ingoiarono il rospo (e la perdita dei contratti).

Oggi, invece della Francia, troviamo schierata in prima linea l’Italia. Il motivo è però lo stesso: Roma cerca di difendere i suoi interessi petroliferi nel deserto libico.

Una parte rilevante della stampa italiana si è ritrovata unita nell’additare l’ombra di Washington dietro le rivolte arabe. Lo ha fatto Il Sole 24 Ore (“Dietro le rivolte in Medio oriente (come per la Serbia nel 2000) c’è un signore di 83 anni che sta a Boston”), oltre che Il Giornale di Berlusconi (“Libia e Gheddafi: cosa c’e’ (davvero) dietro la rivolta”, 22 febbraio).

La differenza rispetto al 2003 è che questa volta siamo più vicini ad un aperto confronto militare tra le due fazioni occidentali: l’Italia ha subito messo in allerta le sue forze in Sicilia, prendendo a pretesto una possibile azione di rappresaglia da parte di Gheddafi ed il rischio di un’ondata di profughi, due eventi comunque improbabili visto che né gli USA, né i loro alleati islamici hanno interesse a provocare un confronto, ma solo a papparsi potere e petrolio.

Maroni dal canto suo ha richiesto l’aiuto UE, ma non quello della NATO che di fatto è di stanza in Sicilia e potrebbe intervenire subito. In più proprio ieri ha dato autorizzazione ad usare la base di Sigonella solo per scopi umanitari, intendendo così dire che gli americani non potranno dare supporto militare ai ribelli in Libia a partire dal territorio italiano.

L’economia padana è allo stremo, ed un piccolo strappo in più la porterebbe al collasso. Quello strappo, stando alla vignetta, è proprio la perdita della Libia. Una perdita che non porterebbe giù soltanto Berlusconi, ma tutto il nord Italia e con esso lo stato Italiano.

L’Italia sarebbe la prima vittima illustre a cadere a causa della scarsità di petrolio. Ma non sarà l’ultima, ed è per questo che assistiamo a questo surriscaldamento globale dei nervi. Gli stessi USA sono tanto disperati da aver accettato l’alleanza con i partiti islamici pur di assicurarsi una qualche fonte di approvvigionamento di Petrolio dopo la perdita dell’Asia. La Gran Bretagna sta già pensando a forze speciali per difendere i contratti della BP, e la UE dal canto suo vuole mobilitare non meglio precisati “Battle Groups”. Tutti sono pronti a saltare al collo dell’ENI (e della padania).

La Sicilia nel frattempo si trova nel mezzo, pur non avendo le gravi preoccupazioni dei padani riguardo alle risorse energetiche. Raffaele Lombardo, all’opposto del governo italiano, ha però scelto tra le righe di appoggiare l’intervento militare attaccando l’UE e chiedendo alla NATO di usare la forza contro Gheddafi se necessario (Sigonella base umanitaria “L’Europa ci deve aiutare”, LaSiciliaWeb.it 25 febbraio 2011):

La Nato, l’Unione europea, le Marine militari intervengano in Libia, anche con la forza, per aiutare il popolo nel loro territorio, sottraendolo al massacro di Gheddafi ed evitando che migliaia di persone fuggano dal Paese. La Sicilia, il Mezzogiorno, l’Italia da soli non ce la possono fare a reggere quello che viene già definito come un esodo biblico. Purtroppo, in questo momento l’Europa non c’è, è assente, ed è penoso

Il nuovo Regno di Sicilia (o delle Due Sicilie?) non può attendere.


Quale tessera verrà a sua volta destabilizzata dall’Italia?

Fonte: www.ilconsiglio.blogspot.com