Anche i serricoltori vittoriesi contro la disinformazione

Ragusa, 24 Febbraio 2002

La disperazione, alla fine, è esplosa nella rabbia e i serricoltori vittoriesi, vistisi abbandonati dai politici ed offesi da Bruno Vespa, hanno iniziato a protestare in maniera vibrante.

Dopo la presa di posizione dei colleghi di Pachino che, ricordiamolo, si sono rivolti ad un legale per denunciare il giornalista RAI, quelli ipparini hanno dato vita, sabato 23, ad una protesta spontanea, a cui hanno cercato di aderire anche politici ed associazioni di categoria, che ha avuto il supporto di altri lavoratori dell’indotto come i produttori delle gabbiette in legno.

Gli animi erano già bollenti e poco c’è mancato che un incauto onorevole rimediasse qualche sonoro scapaccione. Ma è stata dura per lorsignori della politica: i pochi che hanno avuto il coraggio di affrontare la contestazione sono stati subissati di fischi e, quando al microfono c’era uno di loro, degli arrabbiati, dei LAVORATORI, le invettive e gli epiteti si sono sprecati.


E’ stato un coro all’unisono che ha definito, forse anche senza sbagliare troppo, lorsignori del potere come “pagliacci”, o “pagnottisti” od altro ancora che, per motivi di decoro, evitiamo di trascrivere. Sono stati accusati senza mezzi termini di essere buoni solo a cercare voti (in particolare è stato puntato l’indice contro l’on. Incardona di An) e dimenticare, subito dopo essere stati eletti, le promesse fatte per carpire il “disperato” consenso di chi, dopo tutto, chiede solo di potere lavorare in condizioni di relativa serenità senza dovere subire, oltre le offese del clima, anche l’indifferenza della classe politica e la malevolenza del sistema bancario. Il quale, com’è noto, è generoso con i ricchi e tremendamente avaro con chi, al contrario, vorrebbe solo lavorare e, perché no?, creare lavoro.

Ma è già tempo di campagna elettorale. L’iper-attivismo dei politici, infatti, risulta per lo meno sospetto: a maggio si terranno, proprio a Vittoria, le amministrative e il clima non è certo disteso perché Vittoria “gode” di pessima salute politica e lo scontro tra fazioni è sempre più aspro e sarà giocato ancora una volta sulla testa dei più deboli: i serricoltori, appunto.

L’annunciata ricandidatura del sindaco (di sempre) Aiello (Ds) ha riportato il primo cittadino proprio tra i serricoltori dove ha ri(s)coperto il ruolo di agit prop dispensando consigli su come si imbastisce una lotta di massa.

Una “lodevole” iniziativa non richiesta dal momento che lo stesso Aiello, in passato, è stato anche assessore regionale all’Agricoltura e nonostante ciò i problemi, per un comparto così delicato, ci sono sempre stati e restano.

Di più: si sono visti in giro manifesti variopinti della “Città di Vittoria”, e quindi della sua amministrazione, che, nel “nobile” tentativo di difendere la causa dei serricoltori, hanno paragonato l’agricoltura siciliana alla FIAT.

Probabilmente, nell’intenzione della giunta, si intendeva paragonarla alla casa torinese quanto ad importanza economica ed occupazionale in quanto fa girare un vorticoso giro di miliardi.

Tuttavia, ci permettiamo di sottolineare alcuni distinguo: a) la FIAT produce auto, che non si mangiano, delle quali si può fare anche a meno; b) la casa torinese è un esempio di società mista pubblico-privata: il debito è sempre pubblico, e lo paghiamo tutti, mentre gli utili sono privati e se li pappano loro; c) la sorella del proprietario, Susanna, da ministro degli Esteri del governo Dini (benedetto da Oscar Luigi Scalfaro), svendette le NOSTRE arance siciliane al Marocco ed alla Tunisia in cambio di auto e trattori LORO senza che nessuna sinistra (intellettuale e non) e nessun magistrato aggrottasse per un attimo le ciglia sospettando un qualche conflitto d’interessi; d) la FIAT è in Piemonte, la regione dalla quale partì una violenta e sanguinaria campagna di conquista, tramandata ai gonzi come Risorgimento, per annettersi gli altri Stati italiani e fare morire il Sud di sottosviluppo.

Sarebbe opportuno, quindi, che prima di fare certi paragoni ci si curasse di verificare se il cervello e la lingua sono ben collegati.

Vittoria ha espresso, tra maggio e giugno, anche due deputati della maggioranza, uno nazionale ed uno regionale, che sono avvocati e colleghi di studio: perché mai, ci chiediamo e chiediamo anche a loro, non si sono messi alla testa del movimento patrocinando, gratuitamente, questa causa avviando un’ulteriore azione penale avverso Vespa e la RAI? Del resto, questa querelle è destinata a non cessare presto: Vespa, che qualche puntata fa cercò di farfugliare delle scuse a cui certamente nemmeno lui credeva, ne aveva programmata una con la presenza della controparte offesa. Ricevuta la querela dai pachinesi, sopprime la medesima e l’editore, la RAI, cioè gli italiani (pachinesi e vittoriesi compresi), fa finta di niente dimenticando che la Sicilia, suo malgrado, fa parte di questa nazione.

Ma forse è meglio, a questo punto, fare chiarezza brevemente su ciò che s’intende per prodotto in serra. La serra può essere definito un microclima che, creato artificilamente, permette alle piante di svilupparsi in tutti i periodi dell’anno. Dire artificiale non vuol dire che i prodotti sono avvelenati, né che siano migliori quelli coltivati in campo aperto dal momento che concimazioni sbagliate (o fraudolente) e piogge acide possono rendere nociva ogni cosa. Il prodotto in serra, proprio perché subisce un’alterazione della sua crescita (viene accelerata; tutto qui) subisce controlli maggiori rispetto ad altri e dosaggi più appropriati nell’uso dei prodotti chimici. I serricoltori, d’altra parte, non sono degli assassini e ciò è dimostrato dal fatto che: a) è il loro lavoro e, se sbagliano o incappano nei raglii di qualche garrulo giornalista, perdono credibilità e danaro; b) non hanno alcun interesse ad avvelenare la gente perché i concimi chimici li pagano e non hanno quindi interesse a farne abusi; c) sanno perfettamente che, dopo un trattamento chimico, devono fare decadere la tossicità del prodotto che raccolgono solo dopo tale periodo; d) sono essi stessi consumatori di quello che producono e, pertanto, non li si può sospettare di tentazioni suicide; e) sono, al contrario, le sentinelle, i tutori di ciò che resta dell’ambiente dopo i tanti scempi edilizi commessi. La terra è il loro pane e non possono permettersi il lusso di avvelenarla.

Prodotti abbastanza sicuri, quindi, con buona pace di ogni denigratore che, boicottando questi, favorisce il maggior consumo di quelli stranieri che, quanto a controlli, non sono certo messi meglio; senza poi contare il mercato parallelo delle importazioni illegali che ci fa giungere sulla tavola prodotti di cui si sconosce tutto.


Chi garantisce il consumatore?

La Regione pare essere intenzionata a lanciare una vasta campagna di pubblicità dei prodotti siciliani, ma, a parte una buona quota di soldoni che andranno nelle solite tasche dei soliti nomi, tale operazione rischia di essere un altro insulto alla nostra agricoltura.

Ciò che serve, infatti, è una capillare campagna di informazione attuata da tecnici del settore e, non ultimo, una severa condanna di chi, si chiami Vespa o come si vuole, blatera a vanvera senza avere scienza e conoscenza delle cose. Servirebbe, anche, un buon supporto della stampa locale che, al contrario, sembra quasi avere il timore di dire come stanno le cose e dare maggiore voce a chi non ha la possibilità di frequentare emicicli parlamentari o paludati salotti televisivi. Ma una stampa davvero libera, e soprattutto i sindaci lo sanno, rischierebbe di fare saltare qualche lauto contratto pubblicitario con il quale si compra il silenzio e la benevolenza di chi, al contrario, dovrebbe agire nell’interesse generale della collettività.

Lunedì 25 la protesta proseguirà con la paralisi di ogni attività commerciale e non è escluso che si arrivi anche ad ipotizzare di spostarla fino a Messina, bloccando l’attività dei traghetti. La Sicilia alza la testa, ma è pur sempre triste vederla costretta a rincorrere le proprie rivendicazioni e gridare per ottenere ciò che le spetta.

Noi saremo con loro, così come siamo stati vicini ai camionisti di Richichi, e li esorteremo a continuare e a guardarsi dalle facili strumentalizzazioni dell’ipocrita conventicola politica e sindacale. A costoro, intimiamo di prendere in mano questo e i tanti altri disagi che affliggono l’Isola e ricercare soluzioni definitive lasciando a casa le zuffe da pollaio.

Per la Sicilia, solo per amore della Sicilia.

Giovanni Cappello

L’Altra Sicilia – Ragusa