Cosa abbiamo a che fare con questa Italia?

Ci dispiace che sia tutto grasso che cola nel piatto del Giannullo che furbescamente tace o di Casini, che qualche fantasma nell’armadio pure lui ce l’ha. I nostri nonni ci dicevano che tira più un pelo di donna che un carro di buoi e Berlusconi questa volta l’ha fatta grossa o gliela hanno fatta fare gli acuti ingegni come i “consigliori” di cui si circonda: Letta, Bonaiuti, Valentini e Ghedini, ma restiamo sempre nell’ambito… il più pulito ha la rogna!

Berlusconi pero’, caduto come un pivello, non è caso isolato; tutta la classe dirigente del Paese è colpevole protagonista dello squasso. Non c’é Berlusconi o Bersani, Vendola o Lombardo che tenga. Non se ne puo’ più.

Ma vi accorgete che s’ode a destra uno (una) squillo di tromba e a sinistra risponde uno (una) squillo?
Politica allo scandalo, sanità nell’incompetenza, la magistratura schierata, l’università chiusa a riccio, l’industria in fuga, le banche strozzine, le televisioni spazzatura, gossip e usura imperanti, la Santa Chiesa inadeguata ai tempi e i valori, una volta di riferimento al vivere associato, smarriti nell’ignoranza e nella giungla delle metropoli dove la lingua italiana sembra ormai nascosta dai sussurri di ucraino, polacco, albanese o romeno con l’arabo defilato, ma sempre incombente.

Ci dicevano briganti, e ci hanno mandato i bersaglieri; poi ci hanno inventati mafiosi, nonostante siciliani d’hoc si siano tanto distinti nella lotta alla mafia da restarne vittima Paolo Borsellino e Giovanni Falcone e mafiosi per loro, i nordici come i bergamaschi, ad esempio, è divenuto sinonimo di Sicilia; sono riusciti pure a santificare sugli altari della scienza giuridica e della criminologia una specie di dottor Mengele nostrano, un certo Cesare Lombroso cui dedicano piazze e istituti universitari soltanto perché ha descritto nelle caratteristiche somatiche del meridionale l’archetipo del criminale incallito. In verità, se consideriamo Bossi, Berlusca, Casini, Di Pietro, Fini, Castelli o Borghezio ci riteniamo molto migliori di loro. Solo che non lo sappiamo noi stessi e per saperlo dovremmo soltanto prendere coscienza di una nostra superiorità indiscutibile che ci viene dal valore della nostra stessa identità, ma dobbiamo ricatturare l’orgoglio di non vergognarci e di professarlo urbi et orbi, magari alzando una barriera protettiva: quella della nostra lingua.

Come possiamo infatti riconoscerci in questa Italia della vergogna ?
O in questa Sicilia che a questa Italia risponde direttamente con ministri, presidenti di istituzioni, bravi soltanto a prendere e mai a dare?

Non ci riconosciamo in questa società politica imperante negli scandali e nel pressappochismo. Ormai il cittadino perbene soffre, tutto è a vantaggio assoluto degli amici e degli amici degli amici: lavoro, carriere, sovvenzioni, assistenza, persino i posti in ospedale

Avevamo individuato nella banalizzazione della politica una caratteristica dell’azione di Berlusconi: tutti dietro all’uomo di successo che poi premia soltanto i più fedeli leccaborse le più graziose collaboratrici.

Il Parlamento europeo ne é la prova, il Governo non ne parliamo, il consiglio regionale lombardo pure, la provincia regionale del Lazio anche, eccetera, eccetera. Preparati e intelligenti collaboratori messi in secondo piano per premiare proprio la Minetti, la Renzulli la Matera o Iva Zanicchi….
Con la conseguenza di “male figure su male figure” a livello istituzionale internazionale e, soprattutto, di lasciare i cittadini, gli italiani, in balia dei vecchi stereotipi del sole pizza e amore che ancora, specie all’estero, paghiamo sulla nostra pelle anche noi, figli della diaspora siciliana.

Non vogliamo dire è una vergogna, come farebbe Bersani, ma lo pensiamo.

E per uscire da questa vergogna, gli italiani non so, ma noi siciliani ne avremmo anche i mezzi senza lasciarne a Bossi e compagni il primato: Indipendenza (Autonomia) , come L’ALTRA SICILIA chiede da tempo immemorabile ormai con l’attuazione dello Statuto di Autonomia dello Stato regionale di Sicilia (Regione Siciliana) con una chiosa pero’: non senza prima aver mandato a casa l’attuale casta di schiavi e sudditi che, senza dignità ci governa.

Ufficio stampa
L’ALTRA SICILIA – Antudo